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ChatGpt ha studiato su 50 libri
| Wired Italia

ChatGpt ha studiato su 50 libri | Wired Italia



Da Wired.it :

ChatGpt ha letto un po’ romanzi di narrativa. Sapevamo che l’IA sia stata addestrata attraverso l’assimilazione di numerosi testi. Quello che non sapevamo e su quali ChatGpt si fosse allenato. A scoprire quali ci ha pensato David Bamman professore di Natural language processing (NLP) all’Università di Berkeley in California.

La specialità di Bamman è quella di usare la tecnologia per costruire “dispositivi di misurazione algoritmica per la letteratura”. La volontà è quella di estrarre dati dalla letteratura classica lavorando su diverse macroaree, come le relazioni tra i vari personaggi di un romanzo. Nel caso specifico il ricercatore stava iniziando a lavorare sul classicone Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen quando ha deciso, per curiosità, di girare i suoi interrogativi a ChatGpt, scoprendo che la versione GPT-4 del chatbot era incredibilmente accurata sull’albero genealogico dei Bennet. Come se avesse studiato il romanzo in anticipo.

Il ricercatore ha deciso dunque di saperne di più usando il metodo che un professore di letteratura userebbe per capire se un suo studente ha letto davvero un libro o se bluffa con Wikipedia. Con il suo team ha cominciato a interrogare ChatGpt in modo massivo su una discreta quantità di testi, interrogandolo sulla conoscenza di vari libri e dando un punteggio per ognuno. Più alto era il punteggio, più era probabile che quel libro facesse parte del set di dati del software. Al termine delle sue interrogazioni Bamman ha stilato la lista dei romanzi che ChatGpt conosce meglio e che, molto probabilmente, sono stati dati in pasto al software per sviluppare conoscenze sulla sintassi e per avere informazioni sulla cultura generale e sulla letteratura.

I libri letti da Chat GPT

L’elenco dei 50 romanzi che il team di ricercatori ha scovato – pubblicato su Business Insider – ovviamente una piccola parte dell’immenso database del chatbot – comprende i libri cult della letteratura nerd: Douglas Adams con Guida Galattica per Autostoppisti, Frank Herbert e il suo Dune, George R.R. Martin e The Game of Thrones e Philip. K.. Dick con Ma gli androidi sognano pecore elettriche?. Non mancano anche cenni di letteratura americana come Furore di John Steinbeck o passaggi di letteratura inglese con Il Signore delle Mosche di William Golding.

Con sorpresa il team ha scoperto che i libri con la percentuale di conoscenza più alta da parte di Chat GPT sono libri di fantascienza e fantasy. In cima alla lista ci sono Harry Potter e la pietra filosofale, il primo della saga firmata da J.K. Rowling e 1984 di George Orwell. Al terzo posto c’è La compagnia dell’Anello, capostipite questa volta della saga di J.R.R. Tolkien. Ancora, Fahrenheit 451, Il mondo nuovo ma anche Neuromante di Gibson e Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick, capolavori cyberpunk che, ironia della sorte, sono stati tra i primi a parlare dei pericoli intelligenza artificiale. Nella lista dei libri ci sono anche un paio di romanzi della saga di 007 di Ian Fleming, mentre tra i testi che ChatGpt conosce meno figurano Shining e I diari di Bridget Jones.

Nerd amante del fantasy e della fantascienza

“In pratica, scorrendo i titoli assimilati da ChatGpt, si scorge il profilo di un giovane adulto, mediamente colto e con una discreta passione per la narrativa fantasy e la nerd culture”, ci informano i ricercatori. Proprio il profilo degli ingegneri informatici che hanno effettivamente programmato il software.

Il team si è sicuramente divertito con un bel gioco letterario, che però nasconde quesiti dal significato sinistro, come osserva Bamman: “Le fonti su cui sono stati addestrati questi modelli di intelligenza artificiale influenzeranno il tipo di modelli stessi e i valori che presentano. Cosa succede quando un bot divora narrativa su tutti i tipi di mondi oscuri e distopici? In che modo questo genere può influenzare il comportamento di questi modelli in modi che non riguardano cose letterarie o narrative? Non abbiamo ancora la risposta a questa domanda”.

I meccanismi interni dei grandi modelli linguistici come ChatGpt sono una scatola nera, non si sa cosa contengono. Ma è abbastanza chiaro che più questi software saranno influenti sulla nostra vita, più sarà necessario capire i meccanismi con cui sono addestrati. Insomma la trasparenza sarà la chiave di volta per avere AI più umane.



[Fonte Wired.it]

Twitter potrebbe non chiamarsi più Twitter
| Wired Italia

Twitter potrebbe non chiamarsi più Twitter | Wired Italia



Da Wired.it :

Ancora aggiornamenti su Twitter. A quanto pare, nel prossimo futuro, uno dei marchi che ha fatto la storia delle app di social media potrebbe scomparire per sempre dai nostri smartphone, lasciando spazio al nuovo X, che già da qualche mese ha sostituito Twitter. Non a caso, ultimamente lo stesso Elon Musk si sta riferendo alla piattaforma come “X slash Twitter”, accennando anche a un imminente cambio di nome per l’app. Allo stesso modo, anche lo staff della società ha cominciato a riferirsi al social utilizzando il nome X, il che dimostra che a breve la vecchia denominazione potrebbe finire nel dimenticatoio.

Ma cosa significa davvero X per Elon Musk? Anzitutto, c’è da sottolineare che l’imprenditore ha inventato questo concetto nel 1999, quando ha lanciato la sua prima startup di online banking chiamata X.com, che poi si è fusa con la startup finanziaria Confinity per dare vita alla nuova entità PayPal. Il cambio di denominazione, come potete immaginare, è legato all’estromissione di Musk dalla società, che ha portato avanti una visione completamente diversa da quella del suo fondatore. L’idea dell’imprenditore, infatti, era quella di creare una sorta di versione occidentale di WeChat, il colosso della messaggistica cinese che permette agli utenti di effettuare pagamenti di ogni genere – bollette incluse -, acquistare biglietti ferroviari, fare la spesa online e molto altro. Un sogno andato in fumo, che Musk spera di riportare alla ribalta con la nuova app X, che sarà la degna sostituta di Twitter, con l’aggiunta di qualche opzione di pagamento.

Certo, non è ancora chiaro quando questo cambiamento sarà messo in atto, e nessuno può sapere se davvero riscuoterà successo. A differenza degli utenti cinesi, infatti, quelli occidentali non si sono mai dimostrati troppo interessati all’economia digitale. Quando nel 2016 Meta ha cercato di aggiungere alcun opzioni di pagamento a Facebook Messenger, ha finito con il tornare sui suoi passi per via del disinteresse dimostrato dal pubblico. E lo stesso vale per le funzionalità di shopping dal vivo, che hanno riscosso successo solo ed esclusivamente sul mercato cinese.



[Fonte Wired.it]

L’ufo cinese che vola a 50 km/h
| Wired Italia

L’ufo cinese che vola a 50 km/h | Wired Italia



Da Wired.it :

Il primo ufo elettrico sfornato dalla Shenzhen Ufo Technology si è innalzato in volo presso il Talent Park della metropoli cinese, ben immortalato dai tanti presenti al debutto al pubblico di un progetto frutto di tre anni di sperimentazioni e ricerche. Quello che può sembrare (e in effetti è) un drone versione extralarge, è in grado di raggiungere i 200 metri di altitudine e spingersi fino a 50 km/h di velocità massima per un tragitto che per il momento non può superare i 15 minuti di durata. Dati per il momento non così entusiasmanti, che però aprono la porta a miglioramenti futuri che potrebbero rendere questa ciambella volante una delle opzioni per il trasporto cittadino sostenibile e anche divertente.

Il nuovo progetto di velivolo a decollo verticale punta su una forma che riporta immediatamente alla fantascienza più pop: i dodici propulsori elettrici trovano spazio all’interno di una struttura circolare con sei grossi fori, mentre i passeggeri vengono alloggiati all’interno di una capsula con immancabile lunotto semisferico trasparente. L’Università di Beihang e il Northwestern Polytechnical University hanno lavorato per tre anni al progetto, concentrandosi in modo particolare sulla sicurezza: l’ufo può inoltre galleggiare, così da atterrare e decollare anche da specchi d’acqua.

Twitter content

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Chi saranno i coraggiosi che si presteranno ai primi viaggi sperimentali come passeggeri? Di certo ci vorrà tempo prima dell’apertura dei voli al pubblico, tuttavia l’elettrico sarà parte integrante degli spostamenti aerei e non sembra lontana la data in cui questa tecnologia di decollo verticale per piccoli spostamenti diventerà parte della quotidianità, con un progetto simile (anche se non a forma di ufo) a Milano in occasione delle prossime Olimpiadi invernali.





[Fonte Wired.it]

Il visore Apple Vision Pro e le altre novità del Wwdc 2023
| Wired Italia

Il visore Apple Vision Pro e le altre novità del Wwdc 2023 | Wired Italia



Da Wired.it :

Apple ha finalmente ufficializzato Vision Pro ovvero il tanto rumoreggiato visore per la realtà mista sul palco del keynote di apertura del Wwdc 2023 andato in scena pochi minuti fa, riservandogli l’ormai mitologica chiusura “One more thing…”. Termina dunque una telenovela iniziata ormai oltre tre anni fa e condita da colpi di scena come dissensi interni e ritardi vari. Il visore è una grossa scommessa per il brand californiano, che si tuffa in un segmento dal grande fermento, ma al contempo con un futuro ancora tutto da scoprire. Oltre al visore, Apple ha ufficializzato anche il MacBook Air da 15 pollici, un nuovo Mac Studio e il Mac Pro con chip Silicon oltre alle varie novità dei sistemi operativi di casa.

Apple Vision Pro

Il design minimalista del visore Vision Pro di Apple

Il grande protagonista di oggi è dunque Vision Pro, il visore per la realtà mista (virtuale e aumentata) finora noto come Xr oppure Reality Pro, che vede la luce dopo una lunghissima gestazione. Il dispositivo stand-alone fa a meno di controller per limitarsi all’osservazione di mani e occhi tramite un sistema di tracking evoluto che traduce movimenti e gesture in input, con l’interfaccia che reagisce di conseguenza. Ogni display ha più pixel di una tv 4k e sfrutta un sistema a tripla lente, c’è l’audio spaziale e il chip dedicato R1 che lavora assieme a un M2 per gestire i 12 fotocamere, più microfoni e altri sensori. Apple punta a rendere l’esperienza più naturale e godibile rispetto agli altri visori usciti negli ultimi anni, utilizzando una serie di soluzioni come la possibilità di mostrare gli occhi dell’utente a chi lo circonda (EyeSight) oppure la capacità di gestire lo sfondo con la visuale reale oppure virtuale. Il sistema operativo si chiama VisionOS e tra le amenità offerte c’è anche Persona ovvero una versione tridimensionale dell’utente, un avatar da usare in FaceTime, mentre Optic ID è il sistema biometrico di autenticazione che utilizza i sensori per gli occhi.

Che si può fare col visore? Dalle app di casa come FaceTime a Safari alla visualizzazione di film di Apple Tv oppure foto della libreria fotografica, ma anche la cattura di foto 3D e il gioco (100 titoli Apple Arcade e uso dei controller Ps5 e Xbox Series X), Vision Pro cerca di differenziarsi dalla consolidata concorrenza grazie a un hardware e materiali di alta qualità, ai servizi proprietari e all’appeal del brand, riuscirà nell’impresa? Il tempo ci darà le risposte, ma servirà pazienza dato che l’uscita è fissata per inizio 2024 per il momento solo negli Usa e per chi lo acquisterà al giorno uno servirà un esborso importante, dato che si parte da 3499 dollari.

MacBook Air da 15″ e Mac Pro Silicon

MacBook Air da 15 pollici



[Fonte Wired.it]

come l’invecchiamento della popolazione lo influenza
| Wired Italia

come l’invecchiamento della popolazione lo influenza | Wired Italia



Da Wired.it :

Studiare la demografia per comprendere il cambiamento climatico. Con questo obiettivo è nato il report Demography and climate change presentato questa mattina al Jrc di Ispra (Varese), centro di ricerca sostenuto dalla Commissione europea. Uno studio che, da un lato, mira a comprendere come le dinamiche demografiche possano influire sul cambiamento climatico, dall’altro, come studiando la popolazione sia possibile mettere in atto mitigazioni più efficaci degli effetti di quest’ultimo.

“La crescita della popolazione è uno dei principali fattori che alimentano il cambiamento climatico. Per questo lo studio della demografia può aiutarci a sviluppare politiche più efficaci, perché basate sui dati”, ha esordito durante l’evento di presentazione del report il direttore generale del Jrc Steven Quest.

I protagonisti della presentazione del report “Demography and climate change”Copyright European Union, 2023

La curva demografica, ha spiegato Anne Goujon, programme director all’International institute for applied systems analysis, si muove da una situazione che incrocia alta natalità e mortalità verso una in cui questi indici si riducono. In altre parole, nell’ultimo quarto di questo secolo la popolazione globale è destinata a calare. Il punto è capire che succede nei prossimi cinquant’anni.

Sì, perché i paesi che hanno già imboccato la curva discendente, come l’Italia, sono tra quelli con un’economia sviluppata e che hanno già iniziato a ridurre la quantità di CO2 immessa in atmosfera. “Metà dei paesi del mondo, la parte più povera del pianeta, è responsabile di appena il 15% delle emissioni, ha sottolineato Dubravka Šuica, vicepresidente della Commissione con delega alla Democrazia e alla demografia. E se, banalmente, più persone significa più emissioni, cosa succederà nel prossimo mezzo secolo in paesi come il Niger, dove il tasso di fertilità, pur in calo negli ultimi 40 anni, nel 2021 era ancora pari a 6,8 figli per donna?

I punti chiave

“Sono 3 gli elementi di incertezza, in questo quadro”, ha aggiunto Goujon. Il primo riguarda il tempo necessario per la transizione dall’alta alla bassa fertilità nei paesi in via di sviluppo, il secondo la diffusione dei tassi di fertilità estremamente bassa (come quello della Corea del Sud, pari nel 2021 a 0,8 figli per donna), il terzo, infine, l’evoluzione dell’aspettativa di vita.

Ed è proprio quest’ultimo aspetto quello sul quale si è concentrato il report. Nel senso che “le persone più anziane sono intrappolate in pattern di comportamento legati a emissioni più alte: in futuro, gli over 65 saranno responsabili di oltre il 40% delle emissioni”, ha illustrato Fabrizio Natale, esperto di demografia in forza al Jrc di Ispra. La silver economy, in altre parole, si candida a diventare quella con un maggiore impatto dal punto di vista climatico. Ed è anche qui che l’Europa deve agire.

Un ulteriore elemento da tenere in considerazione, parlando di demografia e cambiamento climatico, è quello legato alle migrazioni. Le quali “possono avere un ruolo cruciale nel contrastare il basso tasso di fertilità di un paese”, ha spiegato Daniele Vignoli, professore di demografia all’università di Firenze. Ma potrebbero a loro volta essere impattate dal climate change: “il cambiamento climatico può incidere sulla fertilità e sulla mortalità, così come sulle migrazioni. Non tutti sono esposti allo stesso modo agli effetti del riscaldamento globale che e, generando crisi economiche, potrebbe impedire ad alcune persone di partire”, ha aggiunto Raya Muttarak, professoressa di demografia all’università di Bologna. Sono molti, insomma, gli elementi di incertezza. Quello che è sicuro è che il rapporto tra demografia è climate change merita di essere indagato.



[Fonte Wired.it]

Dyson Zone, troppo imbarazzanti per essere vere
| Wired Italia

Dyson Zone, troppo imbarazzanti per essere vere | Wired Italia



Da Wired.it :

Rimediare ai danni atmosferici causati da secoli di industrializzazione incontrollata non sarà mai facile, ma, grazie a Dyson, almeno le persone che possono permetterselo ora possono godersi aria pulita mentre camminano per strada.

Unboxing e configurazione

Dyson mi ha inviato il modello Zone Absolute+ (il più costoso tra due) e devo dire che sono rimasto colpito da tutto lo sfarzo. I componenti sono custoditi al sicuro all’interno di sacche di velluto e l’azienda ha anche realizzato un’enorme custodia rigida simile a quelle dei binocoli, completa di tracolla in corda da arrampicata.

La custodia è enorme, perché lo sono anche le Dyson Zone. Il dispositivo è molto più pesante di qualsiasi altro paio di cuffie presenti nel mio ufficio, tra cui le Philips Fidelio X3, le sontuose Focal Utopia, le Apple AirPods Max e le Bowers & Wilkins PX8.

Sulla mia bilancia le Zone segnano 648 grammi, un peso sorprendente per delle cuffie wireless. Le Apple AirPods Max, che sono state parecchio criticate per il loro peso eccessivo, si fermano a 384 grammi, quasi la metà.

La configurazione è semplice. Non ho avuto problemi a sincronizzarle con il mio iPhone e le istruzioni sullo schermo si sono rivelate esaurienti. L’inserimento dei filtri sostituibili nei padiglioni auricolari ha richiesto solo un paio di secondi. I padiglioni auricolari sono impeccabili e, come per tutti i prodotti Dyson, ogni aspetto è stato attentamente ponderato.

Sull’orecchio sinistro c’è un unico pulsante per regolare la velocità delle ventole e l’accensione/spegnimento, mentre a destra si trova un interruttore a levetta con tutti i controlli audio. Un doppio tocco su entrambi gli orecchi controlla la cancellazione del rumore.

La durata della batteria è stimata in 50 ore (che diventano quattro se si utilizza l’audio e la purificazione dell’aria in contemporanea). Nonostante le Dyson Zone entrino in modalità sospensione quando non sono in uso, ho trovata la funzione fastidiosamente inaffidabile. Anche se la musica si interrompe quando si rimuovono le cuffie, spesso queste rimangono collegate o accese, facendo quindi scaricare la batteria rapidamente.

Ho chiesto spiegazioni a Dyson, che mi ha suggerito di spegnere completamente il dispositivo per risparmiare la batteria. Lo spegnimento automatico è una caratteristica comune nelle cuffie wireless di qualità superiore, ed è davvero un peccato non averla. A riprova della mia tesi, ho appena preso il mio paio di AirPods Max e, nonostante non li abbia usati per settimane, si sono accesi all’istante.

Prova in pubblico

Ho rimandato il momento in cui sarei dovuto uscire con le Dyson Zone. Sono stato per ore alla mia scrivania con le cuffie addosso, ma il mio riflesso negli schermi o negli specchi confermava quello che sapevo già la prima volta che le ho indossate: sono davvero imbarazzanti. Non sono esattamente un’appassionato di moda, ma attenuare il forte disagio che ho provato quando mi sono fatto vedere in pubblico con le cuffie non deve essere stato tra le priorità di Dyson prima del lancio.



[Fonte Wired.it]