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Petrolio russo, il fiume sommerso che continua ad arrivare in Europa
| Wired Italia

Petrolio russo, il fiume sommerso che continua ad arrivare in Europa | Wired Italia



Da Wired.it :

Dall’inizio della guerra in Ucraina, il Cremlino ha visto quasi dimezzarsi le proprie entrate da petrolio. Era questo l’intento dei paesi occidentali nell’introdurre il divieto di importare greggio via mare, insieme a un tetto al prezzo a 60 dollari al barile che vieta di assicurare carichi russi verso paesi terzi oltre quella soglia.

Ma a dispetto del più vasto regime di ritorsioni mai imposto a un’economia avanzata, le esportazioni russe di idrocarburi sono in forte crescita. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, le vendite di petrolio sono tornate ai livelli precedenti al conflitto, toccando persino i massimi dall’aprile del 2020. Che Mosca abbia trovato sbocchi alternativi all’Occidente in cui piazzare il suo greggio non è certo una sorpresa. Né che dove c’è una sanzione esista anche il modo per aggirarla. È forse più sorprendente che siano gli stessi paesi sanzionatori ad aiutare la Russia a eludere l’embargo.

Il riciclaggio del petrolio

L’indagine è del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), un think tank finlandese che studia le esportazioni russe di combustibili fossili. Secondo il Crea, Mosca nell’ultimo anno ha messo in piedi un vero e proprio sistema di riciclaggio, che consente ai paesi occidentali di violare le misure contro il petrolio russo grazie alla triangolazione con alcune potenze emergenti. Questi paesi sono equiparati a una “lavanderia”, che ripulisce il greggio proveniente dalla Russia e lo rivende sotto forma di prodotti raffinati (diesel, gasolio, carburante per aerei) all’Occidente.

A svelare il sistema è la rotta del petrolio. Dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina, le esportazioni russe verso Cina, India, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Singapore sono salite del 140%. In particolare, da quando l’Unione europea ha introdotto l’embargo lo scorso 5 dicembre, questi cinque paesi hanno assorbito gran parte dei flussi via mare prima destinati al Vecchio continente e rappresentano oggi il 70% delle esportazioni di greggio dalla Russia.

Seguendo ancora il petrolio verso Occidente, si scopre che nell’ultimo anno i “paesi lavanderia” hanno aumentato le esportazioni di prodotti raffinati verso la coalizione che ha imposto il price cap (l’Unione europea, il resto del G7 e l’Australia): le spedizioni dalla Cina sono salite del 94%, quelle dalla Turchia del 43%, da Singapore del 33% e dagli Emirati Arabi Uniti del 23%. Per un controvalore di quasi 20 miliardi di euro. L’India, d’altro canto, è diventata la prima esportatrice di petrolio alla coalizione da quando è stato deciso il tetto al prezzo. Di contro, le esportazioni delle potenze emergenti verso tutti gli altri paesi sono aumentate solo del 2%.



[Fonte Wired.it]

Tetris, la sua storia sembra un thriller politico

Tetris, la sua storia sembra un thriller politico



Da Wired.it :

La storia dietro Tetris – tanto lo storico videogioco quanto il film uscito lo scorso 31 marzo su Apple Tv+ – è decisamente contorta. Comprende una battaglia per assicurarsi i diritti del gioco e distribuirlo al di fuori dell’Unione sovietica, portata avanti a colpi di spionaggio, ricorsi legali e intimidazioni personali, ma anche le difficoltà che lo sceneggiatore Noah Pink e il regista Jon S. Baird hanno dovuto affrontare per comprimere tutti questi avvenimenti in un film di due ore. Quest’ultima era una sfida sulla quale Pink si stava arrovellando da molto prima che la produzione della pellicola ricevesse il via libera: “Avevo stralci sparsi di articoli, podcast e libri – ricorda lo sceneggiatore –. Ovviamente, la storia non è segreta, ma era comunque piuttosto sconosciuta“. Come per qualsiasi altro evento storico, le circostanze intorno alla nascita di Tetris (il gioco) sono complicate da districare; a questo però va aggiunto il fatto che il titolo è stato sviluppato in un Urss in fase di disgregazione. Gran parte della tensione del film poggia sulla difficoltà di contattare persone all’interno di un paese soggetto a svariate limitazioni, sulle barriere linguistiche e sulla confusione che questi fattori possono causare.

Genesi contorta

Fortunatamente, Pink ha trovato un modo per orientarsi tra gli eventi di questa storia intricata: “Mi sono davvero attaccato all’idea che, in fondo, questo film parlava di due giovani uomini provenienti da parti del mondo molto diverse che avevano trovato elementi in comune e un legame attraverso il gioco“. Lo sceneggiatore ha impiegato un anno e mezzo per mettere insieme la storia, ma una volta che al progetto è stato assegnato un produttore, ha potuto finalmente incontrare i veri Aleksej Pažitnov e Henk Rogers, l’imprenditore olandese che si assicurò i diritti per distribuire Tetris su console il creatore del gioco (interpretati rispettivamente da Taron Egerton e Nikita Efremov nel film): “Henk, essendo Henk, era più preoccupato di chi lo avrebbe interpretato. Aleksej, essendo Aleksej, era più preoccupato di assicurarsi che i fatti fossero riportati accuratamente“.

È difficile trovare una fonte migliore per ricostruire fatti storici delle persone che li hanno vissuti. Non solo per avere accesso alla corretta cronologia degli eventi, ma anche per capire la prospettiva di chi viveva gli ultimi giorni dell’Urss. A volte le emozioni che accompagnano una storia e le circostanze in cui avviene possono essere in contrasto tra loro. A un certo punto del film, ad esempio, Henk viene invitato da Nintendo a visionare un nuovo prodotto: il Game Boy, la console portatile che avrebbe cambiato per sempre il mondo dei videogiochi. Nel film, il prototipo del dispositivo viene celato con un lenzuolo e poi svelato con grande teatralità. Per i fan della console originale la rivelazione sarà un momento importante, ma è improbabile che si sia svolta nel modo in cui è stata rappresentata nella pellicola: “Presumibilmente è avvenuta in un ufficio in modo più modesto – spiega Pink –, ma è una piccola modifica in grado di suscitare una grande emozione per un oggetto che tutti riconosciamo“.



[Fonte Wired.it]

Catcalling, una delle prime condanne in Italia
| Wired Italia

Catcalling, una delle prime condanne in Italia | Wired Italia



Da Wired.it :

Tre militari dell’esercito sono stati condannati a un mese di carcere per catcalling nei confronti di una ragazza di 19 anni. La decisione del giudice Luigi Fuda, del tribunale di Milano, arriva nel contesto di uno dei primi processi in Italia per questo tipo di reato, cioè le molestie verbali rivolte a un soggetto per strada o in altro luogo pubblico.

Gli imputati di 32, 24 e 23 anni, all’epoca dei fatti impegnati nell’operazione Strade sicure ma fuori servizio, avrebbero dovuto tutelare la tranquillità pubblica e invece hanno creato turbamento a una ragazza appena maggiorenne spalleggiandosi a vicenda”, ha sostenuto la vice procuratrice Marisa Marchini, come riportato da La Stampa.

La legale della giovane vittima, si legge sul Fatto Quotidiano, ha ricordato come la ragazza è ancora oggi visibilmente turbata e ricordare la vicenda la riporta in uno stato d’ansia e paura come al momento della molestia. Per questo il giudice Fuda ha condannato i militari a un mese di reclusione, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, e a 3 mila euro di risarcimento, più le spese legali.

Mentre si trovavano a bere birra in un bar sotto casa della giovane, nel 2021, per tre volte mi sono venuti vicino con frasi pesanti, ha raccontato la vittima, fino all’intervento del fratello e dei sui genitori. Il padre ha quindi colpito con uno schiaffo uno dei soldati per fargli interrompere le molestie. A quel punto, uno dei tre avrebbe detto di non farla più uscire di casa da sola, come se una donna dovesse accettare di subire molestie in strada se non accompagnata da un maschio.

Nei confronti del padre era stato aperto un altro procedimento per aggressione, poi archiviato. Mentre la difesa dei militari ha annunciato di voler ricorrere contro la decisione del giudice, perché avrebbero “semplicemente chiesto alla ragazza” e all’amica che era con lei “se volevano bere con loro”.



[Fonte Wired.it]

Google, un allagamento ha messo ko un data center
| Wired Italia

Google, un allagamento ha messo ko un data center | Wired Italia



Da Wired.it :

Un allagamento ha messo ko un data center di Google nei giorni scorsi in Francia. È successo nel centro di Globalswitch a Clichy, alle porte di Parigi, dove nella notte tra il 25 aprile e il 26 aprile un malfunzionamento dell’impianto di raffreddamento ha prima provocato un allagamento e successivamente, a causa del surriscaldamento del locale batterie, un incendio, che i vigili del fuoco, giunti sul posto, hanno lasciato estinguere prima di intervenire all’interno e fare la conta dei danni. Tuttavia, a tre giorni dall’incidente, Google non è ancora in grado di fornire un indicazione del ripristino del data center e dei servizi collegati, come si può leggere sulla pagina che fornisce aggiornamenti sull’accaduto.

La storia:

  1. L’incidente
  2. L’azienda
  3. Il precedente
Il data center di Acilia del Polo strategico nazionale

Partiti due bandi per enti pubblici centrali e ospedali. Entro l’estate i primi servizi con Google, Microsoft e Oracle. Mentre bussano alla porta la in-house regionali e società locali per salire a bordo del Polo strategico nazionale

L’incidente

L’allagamento ha avuto conseguenze gravi per tutti i clienti ospitati dal data center di Google. Nelle ore immediatamente successive all’incendio, 31 dei 38 servizi offerti erano fuori uso. A distanza di giorni Big G segnala ancora problemi con tutta una serie di app e funzioni legate al cloud. A causa dell’incidente Google ha dovuto spegnere molte zone che fanno capo a quella che ha etichettato come Europe-west9, corrispondente al data center fuori Parigi.

Tuttavia molti clienti lamentano su forum specializzati di avere ancora molti servizi offline, pur aspettandosi ridondanza nell’offerta cloud di Google attraverso il sistema delle zone. Ossia la collocazione su server disposti geograficamente in punti distanti per evitare che un problema fisico a uno di questi (come un incendio, un allagamento o un terremoto) possa compromettere del tutto l’erogazione dei servizi sulla nuvola. Tuttavia, il fatto che molti clienti disposti su zone diverse stiano soffrendo ancora gli effetti dell’allagamento del data center di Clichy sembra lasciar intendere che le stesse zone siano concentrate tutte sullo stesso impianto e quindi patiscano gli effetti dell’incidente al centro di Google.

L’azienda

A gestire l’impianto a cui si appoggia Google è GlobalSwitch, azienda con sede a Londra nata nel 1998 e specializzata nella costruzione di data center in Europa e in Asia. Ne ha ad Amsterdam, Francoforte, Parigi, Madrid, Sydney, Hong Kong e Singapore. Al momento ha in portafoglio 428mila metri quadrati di locali tecnici e infrastrutture di rete.

Il data center colpito dall’incidente si trova a Parigi, nelle vicinanze del cuore finanziario della capitale francese, il distretto de La Défense. È un data center catalogato come Tier III+. Nella classificazione di questi impianti, il tier indica il livello tecnico e la capacità di assicurare la continuità dell’attività. Si va da un livello I a IV, in numeri romani, e nel caso del livello III, implica, tra le altre cose, ridondanza per l’alimentazione e il raffreddamento degli ambienti, in modo da assicurare una disponibilità del data center per il 99,82% del tempo in un anno. Un duro colpo, quindi, l’incidente che da tre giorni ha compromesso l’operatività del data center di Google. E costretto il colosso della tecnologia a emettere costanti bollettini sullo stato di salute dei servizi nei quali non è ancora in grado di offrire una data di ripristino al 100% della sua attività cloud.

Il precedente

La Francia non è nuova a incidenti che coinvolgono data center. Nel 2021, tra il 9 e il 10 marzo, un incendio è scoppiato nel campus di Strasburgo di Ovh, tra i principali fornitori europei di infrastrutture cloud, causando importanti disagi a chiunque dipenda dall’azienda per i suoi servizi in rete. Questo ha causato un blocco di decine di migliaia le pagine web. Cruciale nel mondo del cloud, l’azienda ospita nei propri data center gli applicativi di oltre 1.5 milioni di clienti, si legge sul sito ufficiale.

Anche all’epoca a destare preoccupazione è stata l’apparente assenza di una ridondanza –ovvero una progettazione dell’architettura dei server che ne replica il contenuto garantendo la continua erogazione di un servizio anche se un impianto diventa inaccessibile – dei sistemi colpiti dall’incendio, con alcuni siti ospitati dall’azienda che a 7 ore dall’incendio sono ancora irraggiungibili.

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[Fonte Wired.it]

ChatGPT e le altre Ai generative devono rispettare il copyright, dice il Parlamento europeo
| Wired Italia

ChatGPT e le altre Ai generative devono rispettare il copyright, dice il Parlamento europeo | Wired Italia



Da Wired.it :

Le aziende che realizzano strumenti di intelligenza artificiale generativa, come per esempio ChatGPT,  dovranno esplicitare qualsiasi contenuto protetto da copyright utilizzato nei propri processi. È questa, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, la novità contenuta nell’ultima bozza dell’AI Act licenziata da una commissione del Parlamento europeo, il pacchetto di normative che per primo al mondo potrebbe disciplinare la tecnologia più in voga del momento.

La Commissione europea è al lavoro per la redazione di questa normativa già da due anni. La necessità di regolamentare il comparto si è però resa più stringente dopo il rilascio del chatbot ChatGPT da parte di OpenAI e ora sarebbe tutto pronto per la fase del trilogo, il negoziato informale tra rappresentanti dello stesso esecutivo, del parlamento e del consiglio europeo.

È molto probabile che il testo definitivo possa prevedere una classificazione degli strumenti di intelligenza artificiale in base al loro livello di rischio percepito, considerando parametri come la sorveglianza biometrica, la diffusione di disinformazione e l’uso di linguaggio discriminatorio. La scala di questa speciale graduatoria andrebbe da uno stadio minimo a uno intollerabile, passando per uno limitato e uno alto. Le tecnologie rientranti in quest’ultimo non saranno vietate, ma richiederanno una trasparenza estrema da parte delle aziende che le utilizzeranno.

In questo senso va anche la novità relativa al copyright, introdotta secondo l’agenzia Reuters solo nelle ultime due settimane. Inizialmente l’esecutivo europeo sembrava infatti essere indirizzato nella direzione della previsione di un divieto totale per le società di utilizzare materiale protetto da copyright per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale generativa.



[Fonte Wired.it]

ChatGPT, e se alla fine il Garante della privacy avesse fatto un piacere a OpenAi?
| Wired Italia

ChatGPT, e se alla fine il Garante della privacy avesse fatto un piacere a OpenAi? | Wired Italia



Da Wired.it :

Il ritorno in Italia di ChatGPT apre alla fase di distensione tra OpenAi e i garanti della privacy nel mondo, che stanno investigando sul potente chatbot. Perché gran parte delle politiche che la startup ha messo in piedi per soddisfare le richieste dell’Autorità garante della protezione dei dati personali in Italia hanno effetti anche sugli utenti europei e mondiali. Il che non vuol dire che è tutto finito. Ma Sam Altman e i suoi hanno fatto i compiti a casa. E questo vantaggio regolatorio potrebbe accelerare anche quello tecnologico, che già ha visto OpenAi sparigliare le carte del settore delle intelligenze artificiali generative dallo scorso novembre, quando ha reso ChatGPT disponibile per tutti.

Sam Altman ha detto chiaro e tondo che questi enormi oceani di testi con cui si allenano i grandi modelli linguistici (large language model, Llm) sottostanti i chatbot non sono più sostenibili. Per costi di calcolo. Ma anche per disponibilità dei testi. Già GPT-3, il penultimo modello alla base di ChatGPT, è stato allenato con i migliori testi disponibili online. Per GPT-4, ancora più potente, si rischia di non avere abbastanza materiale da dargli in pasto. Motivo per cui è utile aver risolto il tema privacy. Benché le regole sulla tutela dei dati non siano uguali in tutto il mondo, la legge europea, il Gdpr, ha fatto scuola e aver superato gli esami su questo fronte garantisce alla startup di aver in mano le risposte per mettere a tacere le preoccupazioni altrui, prevenendo eventuali future indagini.

Le novità:

  1. Zero conoscenza
  2. Problema Italia?
  3. Le sfide future
Accesso a ChatGPT

OpenAi riaccende il chatbot dopo il blocco a seguito della denuncia del Garante della privacy per violazione dei dati. La startup rispetta gli obblighi in tema di Gdpr. E ora può sfruttare questo vantaggio competitivo per mantenere la leadership nella corsa all’intelligenza artificiale generativa

Zero conoscenza

La modalità incognito, ossia la funzione che consente di impedire a OpenAi di salvare la cronologia delle conversazioni e di usarla per allenare ChatGPT, si può attivare facilmente dalle impostazioni (a cui si arriva dall’icona con i tre puntini in basso a sinistra). In questo modo, di default ChatGPT non potrà usare il contenuto degli scambi in chat per allenarsi. Cosa che fa, come scrive OpenAi nella sua rinnovata informativa privacy su impulso del Garante italiano: “I contenuti che ci fornisci siano utilizzati per migliorare i nostri servizi, per esempio per allenare i modelli linguistici che alimentano ChatGPT”.

I dati personali non sono solo nome, cognome, indirizzo email, data di nascita, ma anche tutte quelle informazioni che trapelano dalle domande che poniamo al chatbot: i nostri gusti musicali; le preferenze politiche; idee inespresse ma individuabili, tra le righe; credenze religiose; piatti preferiti. Ora OpenAi avverte chiaramente che li userà per allenare il suo algoritmo (come faceva prima) e lo ha messo bene in evidenza: appena ci si collega, nelle impostazioni, in fase di registrazione. Occorre dare l’ok a quel trattamento, il consenso. E se vogliamo, possiamo sottrarre quelle informazioni all’azienda.



[Fonte Wired.it]