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venerdì, Ott 04

C’è la prova che il governo italiano si è accordato coi trafficanti in Libia?


Un’inchiesta di Avvenire ha scoperto che un noto trafficante ha partecipato a un incontro del 2017 in cui l’Italia cercava di ottenere il blocco delle partenze. L’ex ministro Minniti ha sempre negato amicizie pericolose

L’ex ministro dell’Interno italiano Marco Minniti (foto: Simona Granati – Corbis/Corbis via Getty Images)

Il giornalista di Avvenire Nello Scavo ha scoperto grazie a una fonte anonima che uno dei più violenti trafficanti di essere umani della Libia ha partecipato a un incontro riservato che si è svolto in Italia il 27 maggio del 2017 al Cara di Mineo, vicino a Catania. Abd al-Rahman al-Milad – noto col soprannome di Bija – è stato accusato di essere il capo di una cupola di stampo mafioso nel suo paese d’origine. Un video del Times pubblicato a febbraio del 2017 lo ritrae mentre è intento a frustrare alcuni migranti soccorsi al largo delle coste libiche.

L’incontro

Scavo scrive che durante l’incontro, al quale hanno partecipato anche delegati nordafricani di alcune organizzazioni internazionali, l’Italia avrebbe negoziato con le autorità libiche il blocco dei migranti e dei profughi, e che Bija era stato presentato come “uno dei comandanti della Guardia costiera libica”. Il giornalista specifica che di lui non c’è traccia nel registro degli ingressi, ma aveva ottenuto un lasciapassare per studiare il funzionamento del Cara – chiuso nel luglio scorso – ed era arrivato sul posto “accompagnato” dalle autorità italiane. Con lui c’erano altri cinque libici, di cui una donna.

Bija non ha aperto bocca, ma gli altri della presunta delegazione hanno fatto molte domande sul centro e hanno proposto di realizzare qualcosa di simile in Libia, a carico dell’Italia: così, hanno detto secondo l’inchiesta, si sarebbe potuto risparmiare denaro e problemi.

Non si sa molto altro dell’incontro: Avvenire ha ottenuto e pubblicato alcune foto ma ha reso irriconoscibili – per questioni di privacy – i volti degli altri funzionari presenti, mentre Scavo non ha fornito altre informazioni su Bija e i suoi spostamenti. Alcune settimane dopo quell’incontro, la giornalista Francesca Mannocchi e Associated Press avevano però scritto che il governo italiano – allora era presieduto da Matteo Renzi – aveva effettivamente stretto un patto con le milizie che controllavano il traffico di esseri umani. L’esecutivo aveva smentito la notizia.

A pochi giorni di distanza era arrivato anche un report del Consiglio di sicurezza dell’Onu in cui si chiedeva il congelamento dei beni di Bija e l’imposizione di un provvedimento restrittivo nei suoi confronti che gli avrebbe impedito di lasciare la Libia. Nel testo, che Scavo riporta in parte, si leggeva: “Abd al-Rahman Milad e altri membri della Guardia costiera sono direttamente coinvolti nell’affondamento di imbarcazioni migranti utilizzando armi da fuoco”.

Le responsabilità del governo italiano

Scavo scrive che è impossibile che le autorità italiane non sapessero chi è Bija, in quanto personaggio molto conosciuto nel giro libico (inoltre nei mesi precedenti era salito alla ribalta della cronaca per i soprusi che aveva commesso, e in più c’era stato il già citato video del Times).

Nancy Porsia, una giornalista freelance esperta di Libia, aveva per esempio ricostruito la storia di Bija in un articolo per Trt World, scrivendo che i trafficanti libici erano costretti a corrispondergli una somma forzata, assimilabile al pizzo mafioso. Chi non lo faceva veniva punito. “[I trafficanti] vengono intercettati dalla sua ‘guardia costiera’ che ruba loro i motori e lascia le barche piene di migranti in mezzo al mare, oppure li riporta nel centro di detenzione Al Nasser di Zawiyah, sempre di proprietà della tribù di al Bija”.

Diversi giornali e associazioni internazionali sostengono da tempo che l’Italia abbia stretto accordi anche coi trafficanti libici per interrompere i flussi di migranti. Il 30 agosto 2017 Associated Press ha scritto che l’Italia aveva stretto un accordo con due potenti milizie libiche coinvolte nel traffico di essere umani. Circa un mese dopo in un articolo d’opinione pubblicato sul New York Times si leggeva: “…è difficile pensare che i fondi europei per limitare l’immigrazione non abbiano raggiunto questi gruppi”. Marco Minniti, il ministro dell’Interno di allora, e il suo governo hanno sempre negato questa ricostruzione, dicendo di non aver mai negoziato coi trafficanti.

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