Affrontare in modo legittimo il problema dei contenuti che violano il copyright è importante e necessario. Ma le autorità possono farlo senza compromettere l’accesso dei cittadini a un prodotto che li tutela dalla sorveglianza governativa e aziendale, e senza creare un pericoloso precedente che i regimi autoritari possono sfruttare per legittimare la propria censura. Le forze dell’ordine hanno a disposizione misure più appropriate per contrastare i reati online. Nel febbraio 2025, per esempio, Australia, Regno Unito e Stati Uniti hanno sanzionato il servizio di hosting Zservers, che ha sede in Russia ed è stato responsabile, tra le altre cose, di operazioni ransomware che hanno raccolto milioni di dollari a livello globale.
Una luce in fondo al tunnel
C’è una buona notizia. L’aumento di queste pratiche oppressive ha spinto la società civile e il settore privato a innovare. I dissidenti russi hanno lanciato Vpn generator, che offrendo vpn su piccola scala utilizzabili solo da 250 persone rende più complicato per i regimi autoritari tenere il passo degli strumenti da bloccare. Mozilla ha incorporato un’estensione vpn nel suo browser, Firefox, facilitando un utilizzo fluido della tecnologia e aumentando così la capacità di resistere alla censura.
Tuttavia gli sforzi per rafforzare la resilienza digitale a livello globale necessitano di un sostegno più ampio da parte dei governi, che si può concretizzare nel rispetto degli impegni presi nel quadro del Global digital compact o nella Dichiarazione sul futuro di internet. A livello nazionale, le democrazie dovrebbero astenersi dal bloccare, criminalizzare o imporre restrizioni all’accesso agli strumenti anticensura. Le leggi che impongono alle vpn di raccogliere i dati più sensibili delle persone, limitare i contenuti protetti dagli standard internazionali sui diritti umani o imporre altri proibitivi requisiti operativi compromettono i vantaggi offerti da questi strumenti in termini di privacy, libertà di espressione e sicurezza. Sul piano internazionale, le democrazie possono integrare le tutele degli strumenti anticensura nei loro programmi di assistenza all’estero e sostenerli nelle strategie di diplomazia informatica. Questi sforzi includono la facilitazione del dialogo con i governi che limitano questi strumenti nelle occasioni di dialogo bilaterale e negli organismi multilaterali come le Nazioni Unite.
Ma anche il settore privato può fare di più. I fornitori di vpn dovrebbero incorporare standard di privacy-by-design nei loro strumenti, per esempio adottando un modello open source, raccogliendo solo i dati personali minimi e pubblicando valutazioni di sicurezza condotte in modo indipendente. Dovrebbero inoltre investire nella traduzione dei loro servizi e collaborare con i gruppi della società civile e gli utenti locali nella progettazione di prodotti e politiche. Tutto questo contribuirà a rafforzare l’accessibilità delle vpn e la fiducia dei cittadini nella sicurezza di questi strumenti. Anche le aziende dell’ecosistema internet possono integrare i tool anticensura nei loro prodotti e sostenerne l’accessibilità fornendo tariffe scontate o crediti.
L’internet libero e aperto ha portato immensi benefici economici, sociali e politici alle persone di tutto il mondo. L’accesso alle vpn ha contribuito a “liberare” questi vantaggi. Proteggere la possibilità di utilizzare questa tecnologia è un passo essenziale per far progredire le libertà che l’internet aperto rende possibili.
Allie Funk è Research Director for Technology and Democracy presso Freedom House. Patryk Pawlak è professore presso il Robert Schuman Centre for Advanced Studies e direttore del progetto Global Initiative on the Future of the Internet presso lo European University Institute. Hanno firmato, insieme ai loro colleghi, il rapporto Tunnel Vision: Anti-Censorship Tools, End-to-End Encryption and the Fight for a Free and Open Internet.