Prima di addentrarci nel progetto Centaur, una premessa: c’è una domanda che risuona con insistenza sui social, nelle riviste scientifiche, tra youtuber, opinionisti e ospiti televisivi: le macchine pensano come noi? È una domanda doppiamente difficile: riguarda le macchine, certo, ma soprattutto riguarda il pensiero — e di quest’ultimo, diciamolo, non sappiamo ancora bene cosa sia. Nessuno ha mai visto un pensiero nudo, e anche chi dovrebbe saperne qualcosa — filosofi, neuroscienziati, psicologi — naviga a vista.
Ai primi di luglio, un articolo pubblicato su Nature ha provato a dare una risposta sperimentale. Il titolo è ambizioso: A foundation model for predicting and capturing human cognition, e porta la firma di oltre trenta ricercatori coordinati da Marcel Binz dell’Institute for Human-Centered AI presso il Centro Helmholtz di Monaco.
Evocativamente, il progetto si chiama Centaur: un’intelligenza artificiale addestrata con lo scopo esplicito di emulare/imitare la mente umana. Per farlo, è stato sfruttato LLaMA (il modello linguistico open-source di Meta, ex Facebook) addestrandolo su Psych-101, il più vasto database mai raccolto sulla cognizione umana. Il nome gioca con l’indicazione dei corsi introduttivi nelle università americane e contiene, prova per prova, dati provenienti da 160 esperimenti psicologici, per un totale di oltre 10 milioni di decisioni umane: memoria, apprendimento, decision-making, processi di Markov… tutto trascritto in linguaggio naturale per rendere comparabili compiti anche molto diversi tra loro.
Un tentativo non nuovo, ma finora il più convincente
Centaur riesce a prevedere il comportamento umano sia individuale che collettivo, imitando con sorprendente precisione lo stile cognitivo di noi Homo sapiens. Uno dei sottotitoli dell’articolo dichiara senza imbarazzo che lo scopo è «catturare il comportamento umano». Centaur si propone come uno strumento per realizzare una teoria unificata della cognizione, partendo da un modello computazionale capace di simulare il comportamento umano in qualunque contesto. Il tutto nello spirito pionieristico di Allen Newell e del premio Nobel, Herbert Simon, che già negli anni Sessanta immaginavano una scienza della mente costruita su basi computazionali.
E i risultati? Notevoli. Centaur è stato messo alla prova con soggetti nuovi (non presenti nei dati di addestramento) e ha predetto il loro comportamento meglio dei modelli cognitivi classici. Ha generalizzato correttamente in esperimenti nuovi, in contesti diversi e, sorprendentemente, le sue rappresentazioni interne mostrano una certa somiglianza con l’attività neurale degli esseri umani.