Seleziona una pagina
martedì, Ago 27

C’era una volta l’Enciclopedia


Quello che oggi chiamiamo “back to school“, con offerte in arrivo su ogni fronte per zaini, tablet, computer, libri e altro materiale per l’annata scolastica che va ad iniziare, un tempo era un momento sacrale ed emozionante. Per molti versi aveva un valore iniziatico, poiché metteva nelle mani dei ragazzi un elemento di valore altissimo e riconosciuto: il Sapere. Il Sapere era custodito dentro innumerevoli pagine ordinate in volumi, finemente rilegati ed il cui significato era contenuto in un precisissimo indice. Era l’Enciclopedia, corpo manifesto di un portale di accesso alle nozioni che avrebbero consentito ai bambini di crescere e imparare.

L’enciclopedia che non c’è più

L’Enciclopedia aveva un valore fondamentale: il Sapere era lì dentro, quindi era lì che occorreva rivolgersi quando il compito era quello di “fare una ricerca”. Duravano anni, custodivano una fotografia del mondo e permettevano di accedere ai pilastri della geografia e della scienza, della storia e della cultura. “I Quindici“, “Sapere“, “Conoscere” e quante altre, fino ad arrivare alle più prestigiose Treccani o Britannica. Ma poi qualcosa è cambiato. Sarebbe superficiale pensare che sia soltanto una fuga centrifuga dalla carta, in virtù di costi minori o di tentazioni superficiali dell’online. In realtà il mutamento è ben più profondo.

E la conseguenza è che i figli di oggi imparano in modo completamente differente rispetto ai figli di ieri. Meglio? Peggio? Queste valutazioni lasciano il tempo che trovano e meriterebbero altri tipi di approfondimento: quel che conta è che la differente modalità di accesso al Sapere implica un differente approccio alla conoscenza, una diversa forma mentis, un modo nuovo di apprendere, memorizzare e imparare. Diverso non implica giudizi di merito quali “migliore” o “peggiore”: ci si limiti a fotografare le diversità, lasciando al tempo ogni valutazione ulteriore.

Chi volesse oggi acquistare un’enciclopedia faticherebbe non poco: semplicemente, non se ne trovano più. Scomparse, estinte. Rimangono accessibili le edizioni del passato, nella loro polverosa magnificenza di volumi solidi ed eleganti che vestivano la conoscenza con un manto altezzoso. Pochi anni or sono l’Enciclopedia Britannica ha interrotto 244 anni di onorato servizio al valore della conoscenza, pubblicando su un blog e su YouTube il proprio commiato. La tradizione andava in soffitta, il modello era superato: si volta pagina, si apre un nuovo capitolo.

Un evento epocale? In un certo senso sì, dopo tutto parliamo di quasi un quarto di millennio. Ma in un senso più ampio, questo è solo un altro punto di svolta per l’evoluzione della conoscenza umana. Per prima cosa, l’enciclopedia continuerà a vivere più in grande, in forme digitali più vivaci. Altrettanto importante, abbiamo editori pronti, nell’era digitale, a servire la conoscenza e l’apprendimento in nuovi modi che vanno ben al di là delle opere di riferimento. In realtà, già lo facciamo.

Non è stata Wikipedia

La scomparsa delle enciclopedie non è stata causata dall’avvento di Wikipedia: sgombriamo subito il campo da questa visione superficiale dei fatti, priva di qualsivoglia dimostrazione o argomentazione. Wikipedia, semmai, rappresenta un effetto invece che una causa: Wikipedia è emersa esattamente in parallelo alla scomparsa delle enciclopedie ma, lungi dal determinarne la sopraffazione, ha piuttosto rappresentato la risposta digitale ad una esigenza latente e sempre più forte. Wikipedia ha vissuto una competizione diretta con le enciclopedie soltanto in quanto vecchi salotti non hanno capito come questa evoluzione fosse tanto innocua quanto incontrastabile, espressione di un nuovo modello destinato ad imporsi.

Wikipedia

Wikipedia non ha spazzato via le enciclopedie, né ne è stata nemica, anzi: per certi versi ha contribuito a prolungarne dignità e valore. Nessuna spallata, benché in troppi abbiano descritto così il rapporto tra le due entità. La stessa Wikipedia è del resto un’enciclopedia, benché aperta e digitale. Chi pensava che l’enciclopedia chiusa (come poteva essere la Encarta, quando l’illusione della digitalizzazione era ancora ingenuamente positiva) potesse avere un futuro, non ha capito quanto stava accadendo. In questa prospettiva, anche Wikipedia è soltanto un passaggio, destinato a durare qualche decennio prima che nuove forme e nuovi canali vengano alla luce.

Perché a cambiare non è il supporto, ma i contenuti e la modalità di accesso agli stessi: l’Enciclopedia non ha più motivo d’essere e sopravvive soltanto nelle forme in cui è oggi ancora utile e fruibile. Momentaneamente.

Cosa è cambiato

In questi giorni che avvicinano all’inizio del nuovo anno scolastico si acquisteranno quindi vocabolari, mappamondi e altro, ma nessuno sentirà più la necessità di cercare un’enciclopedia. Nessun ragazzo chiederà alla famiglia l’oneroso investimento di inizio ciclo scolastico e nessuno si sognerà mai di cercare il Sapere all’interno di volumi organizzati e magari già ingialliti dal tempo e dalla storia. Chi vi scrive ben ricorda le difficoltà di immaginare i confini sull’URSS o sulla Jugoslavia, entità rimaste stampate su mappe ed enciclopedie in uso anche anni dopo le avvenute dolorose divisioni.

Il Sapere non è più circoscrivibile né etichettabile: non vi si accede più immaginando quale voce possa simboleggiarne gli argomenti nell’indice. Oggi il Sapere (che sia su carta o in digitale) è invece organizzato in modi nuovi, più ricchi ed efficienti, promettendo modalità di accesso ben più rapide e soddisfacenti. Questo chiaramente cambia il rapporto con il Sapere stesso, poiché più frammentato e “liquido”, stravolgendo i processi di apprendimento. Ancora una volta non vogliamo offrire giudizi di merito, poiché la qualità sta tanto nell’intelligenza del singolo quanto nella capacità che matura di accedere alle informazioni.

Ma in questo back-to-school occorre fotografare una volta per tutte un pezzo di storia che non c’è più: quella mensola con i volumi ordinati è oggi sostituita da piccoli display appoggiati sulla scrivania. Quella mensola è oggi sostituita da Google, direzione verso cui voltarsi quando occorre “fare una ricerca”. E l’era delle enciclopedie scomparirà definitivamente dalla memoria assieme a quella vecchia generazione che immaginava il Sapere come lucido, ordinato, robusto, pesante, oneroso e pieno di fascino.



Source link