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Chat control, l’Europa a guida danese prova ad ammorbidire la norma (controversa) sul controllo dei messaggi online

by | Ott 31, 2025 | Tecnologia


Chat Control torna al centro del dibattito europeo. Giovedì 30 ottobre la presidenza danese del Consiglio dell’Unione europea ha diffuso un documento di discussione che propone una revisione sostanziale della controversa normativa Csar (Child sexual Abuse Regulation) destinata a introdurre la sorveglianza automatica dei messaggi privati online. Il piano originario della Commissione europea prevedeva che le piattaforme digitali fossero obbligate a individuare, tramite algoritmi, materiale di abusi sessuali su minori, anche nelle chat cifrate. La nuova versione, invece, renderebbe tali controlli facoltativi, lasciando ai singoli fornitori la decisione di applicarli o meno.

Gli snodi della vicenda

Una proposta che prova a riaprire il negoziato europeo

L’iniziativa danese arriva in una fase di stallo per Chat Control. Infatti, il precedente schema di regolamento, proposto nel 2022 dalla Commissione, aveva incontrato forti resistenze sia tra i governi sia nel Parlamento europeo, che ne aveva denunciato le implicazioni per la cifratura end-to-end, cioè il sistema che impedisce a chiunque, inclusi i fornitori di servizi, di accedere ai contenuti delle conversazioni. Il rischio, secondo i critici, era di introdurre una forma di sorveglianza di massa in contrasto con i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.

Il compromesso proposto da Copenaghen mantiene la possibilità per le aziende di effettuare controlli volontari, senza renderli obbligatori. In pratica, si tornerebbe alla situazione attuale, nella quale alcuni colossi digitali come Meta o Microsoft scelgono di applicare autonomamente strumenti di rilevamento. Secondo il governo danese, questa soluzione consentirebbe di preservare la sicurezza delle comunicazioni private e di evitare il collasso politico di un dossier diventato sempre più divisivo.

Nonostante l’allentamento, la proposta non cancella le tensioni tra istituzioni europee. Il Parlamento, che ha approvato la propria posizione nel novembre 2023, sostiene l’introduzione di ordini mirati autorizzati da un giudice, limitati ai soggetti sospettati di abusi. Tale approccio, descritto in un’analisi di Euractive, è considerato più compatibile con le garanzie costituzionali e con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

I limiti del nuovo compromesso danese

Nonostante la revisione, il documento di lavoro conserva elementi che sollevano nuove preoccupazioni. Il primo riguarda la persistenza di un sistema di sorveglianza di massa, anche se volontario. Le tecnologie di rilevamento automatico, basate su algoritmi di riconoscimento di immagini e testi, generano un alto numero di falsi positivi. Secondo l’Internet watch foundation (Iwf) nel 2023, circa il 60% delle segnalazioni di presunto materiale pedopornografico analizzate si sono rivelate non pertinenti. Ciò espone milioni di conversazioni private a una divulgazione potenzialmente illegittima, come sottolineato dal Garante europeo per la protezione dei dati (Edps), che ha definito la misura “sproporzionata” e “contraria al diritto alla riservatezza”.

Un secondo punto critico riguarda la limitazione dell’accesso alle app per i minori di 16 anni. L’articolo 6 della proposta stabilisce che i giovani utenti non possano scaricare applicazioni di messaggistica o social media, nel tentativo di proteggerli dal fenomeno del grooming, cioè la manipolazione online a fini di abuso. Tuttavia, esperti e organizzazioni civili temono che il divieto si tradurrebbe in un isolamento digitale dei minori, facilmente aggirabile ma socialmente penalizzante. L’efficacia di simili restrizioni, osserva Politico in una recente analisi, resta tutta da dimostrare.

Anonimato digitale a rischio

Infine, l’articolo 4 del testo danese introduce una norma che vieterebbe la creazione di account anonimi per posta elettronica e messaggistica, obbligando gli utenti a identificarsi tramite documento d’identità o riconoscimento facciale. Chi vuole aprire un account dovrebbe mostrare un documento di identità o farsi riconoscere il volto, rendendo rintracciabile ogni conversazione digitale. Il provvedimento metterebbe in difficoltà conversazioni delicate legate alla sfera sessuale, il contatto anonimo tra giornalisti e fonti riservate come i whistleblower (le persone che denunciano illeciti dall’interno delle organizzazioni), oltre alle attività politiche che hanno bisogno di riservatezza.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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