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venerdì, Mag 05

ChatGpt richiede il consumo di migliaia di litri d’acqua: ecco perchè | Wired Italia



Da Wired.it :

I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLMs), come ChatGPT di OpenAI e Bard di Google, hanno un impatto sull’ambiente. Oltre a consumare molta energia e a richiedere un uso massiccio di dati per il loro “addestramento”, i chatbot AI finiscono anche con l’avere bisogno di grandi quantità di acqua. Poco tempo fa una ricerca, infatti, ha dimostrato che l’addestramento di Gpt-3 ha portato al consumo di ben 700.000 litri di acqua. E più di recente uno studio ha dimostrato che una conversazione tra un utente medio e un chatbot equivale all’incirca al consumo di una bottiglia di acqua grande. Evidenze che mettono in allarme gli esperti del settore idrico, che negli Usa si trovano già a dover fronteggiare una complessa situazione ambientale per via della siccità. A questo si aggiunge il fatto che i modelli linguistici saranno sempre più complessi, e avranno bisogno di un maggiore quantitativo di acqua a disposizione per la loro formazione, ammesso che ce ne sia abbastanza a disposizione. “L’impronta idrica dei modelli di intelligenza artificiale non può più passare inosservata”, affermano i ricercatori delle università di settore. “Questa deve essere affrontata come una priorità all’interno degli sforzi collettivi fatti per combattere le sfide idriche globali”.

Come un’AI consuma acqua?

Nel calcolare il consumo di acqua da parte di un’intelligenza artificiale, i ricercatori fanno una distinzione alquanto netta tra “prelievo” e “consumo”. Mentre il primo indica la pratica di rimuovere fisicamente l’acqua da un fiume, un lago o un’altra fonte, il secondo si riferisce specificamente alla dispersione di acqua per evaporazione quando viene utilizzata all’interno dei data center. In questo caso, infatti, il consumo ha un impatto ancora maggiore sull’ambiente, perché l’acqua non può essere riciclata. In fondo, chiunque abbia avuto a che fare con una sala server sa che la temperatura interna deve essere mantenuta tra i 50 e gli 80 gradi Fahrenheit (circa 10 e 27 gradi Celsius) per evitare malfunzionamenti delle apparecchiature. Una condizione alquanto difficile da mantenere, dato che i server a lavoro finiscono con il produrre calore in grandi quantità.

Per ovviare al problema, le sale server sono spesso dotate di torri di raffreddamento, che hanno lo scopo di contrastare il calore e mantenere lo spazio interno alla sua temperatura ideale semplicemente facendo evaporare acqua fredda. Un processo che funziona alla perfezione, ma che richiede un ingente consumo di acqua. Secondo quanto stimato dai ricercatori, infatti, si consuma 1 litro di acqua viene per ogni kilowattora speso in un data center medio. Un consumo importante, soprattutto se consideriamo che i data center attingono soltanto da fonti di acqua dolce e pulita, così da evitare la corrosione delle apparecchiature o il proliferare dei batteri che potrebbero essere indotte dall’acqua di mare. Inoltre, l’acqua dolce è essenziale anche per il controllo dell’umidità nelle stanze della struttura, il che non fa altro che aumentarne la quantità necessaria per l’addestramento dei chatbot.



[Fonte Wired.it]