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Il Time cede a OpenAI, e firma una partnership che consente alla compagnia di addestrare (legalmente) ChatGpt sui 101 anni di pubblicazioni della nota testata giornalistica. E non è tutto. Il chatbot avrà accesso in tempo reale ai contenuti pubblicati online dal giornale, così da poter rispondere alle domande che riguardano gli avvenimenti dell’ultimo minuto. In cambio, OpenAI citerà il Time, e rimanderà gli utenti agli articoli della testata Time.com per approfondimenti e informazioni aggiuntive. Insomma, un accordo importante, da cui entrambe le parti trarranno sicuramente benefici.

Come dichiarato da Mark Howard, chief operating officer della testata, la partnership “porta avanti la [nostra] missione di espandere l’accesso a informazioni affidabili a livello globale“. Un obiettivo che sembra condiviso anche da OpenAI, intenzionata a sostenere “un giornalismo rispettabile, fornendo una corretta attribuzione alle fonti originali”. Al di là di questo, però, è chiaro che ci siano in ballo anche interessi economici. Proprio come altre testate che hanno già sottoscritto un accordo con la società – The Atlantic, Vox Media, Financial Times e altre ancora -, anche il Time avrà un ritorno economico. Senza considerare il fatto che l’interesse principale della testata è quello di ampliare l’accesso ai suoi contenuti a un pubblico più giovane a livello globale.

D’altronde, è cosa nota che il Time abbia avuto non pochi problemi dopo l’ascesa dell’informazione in rete – tanto da essere costretto a far uscire la sua rivista a cadenza bisettimanale. Proprio per questo, la testata ha deciso di stringere una partnership con OpenAI, nella speranza di “sviluppare nuovi prodotti per il suo pubblico” e recuperare quanto perso nel corso degli anni. Eppure, per quanto la collaborazione possa sembrare soddisfacente, c’è da dire che il Time è una delle poche testate che ha scelto di concedere i suoi articoli all’addestramento di ChatGpt.

Testate come il New York Times, il Chicago Tribune e il New York Daily News, infatti, non solo si sono rifiutate di collaborare con OpenAI, ma hanno addirittura citato in giudizio la società e il suo partner Microsoft per violazione del diritto d’autore, sostenendo che il chatbot fosse stato addestrato sui loro articoli senza il consenso dei giornalisti. Una questione spinosa per il mondo dell’informazione.



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