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sabato, Gen 02

Che conseguenze avrà l’accordo sulla Brexit?



Da Wired.it :

Può sembrare assurdo, ma nel futuro del Regno Unito e dell’Europa si prospettano altri anni di attese e di trattative. Intanto però con Brexit il Regno Unito ha diverse questioni politiche da risolvere subito, e l’Unione Europea un’occasione per stabilizzarsi

Unione Europea e Regno Unito, dopo più di 4 anni dal referendum su Brexit, si sono ridotti all’ultimo mese disponibile prima del no-deal per trovare un accordo. Anzi, quasi all’ultima settimana: l’accordo è stato reso noto il 24 dicembre, alla mezzanotte del primo gennaio sarebbe scattata una Brexit senza accordo. Oggi sappiamo, ed è una buona notizia, che questo accordo è stato firmato e sarà utile a regolare i futuri rapporti tra Ue e Uk. Ciò che non sappiamo, invece, è cosa cambierà praticamente, sia per una che per l’altra parte. Proviamo a fare chiarezza.

Innanzitutto però va specificato che nonostante il deal, frutto di anni di mediazioni e infinite contrattazioni, non tutto è ancora deciso. Al di fuori delle 1256 pagine dell’accordo, che risolvono molte delle incognite sull’uscita inglese dall’Unione, una lunga serie di dettagli rimangono da discutere e saranno trattati in contrattazioni future.

Prendiamo per esempio la riduzione della pesca europea in acque britanniche che è stata fissata a un -25% (Londra voleva che la riduzione fosse dell’80%, Bruxelles aveva proposto il 18%): questa riduzione non varrà per sempre, ma solo per i prossimi cinque anni e mezzo, cioè un periodo transitorio che servirà alle parti per adeguarsi alle nuove misure. Vale la pena notare che questo periodo di transizione scadrà quasi un decennio dopo il voto referendario che ha deciso per la Brexit, che si tenne nel giugno 2016. Inoltre non è finita, perché dopo questo periodo di transizione il Regno Unito potrà tornare ad avere il pieno controllo delle sue acque, ma l’accesso dei pescherecci europei in acque britanniche verrà regolato necessariamente da futuri negoziati in cui si discuterà, di nuovo, di scambi e accordi commerciali. I Brexiteers che speravano in un’uscita rapida e netta, rischiano di rimanere delusi e seguire un calvario potenzialmente infinito, anche perché l’Unione Europea in questi futuri negoziati (immaginiamoli per il 2025) si troverà in una posizione di forza del tutto simile a quella in cui si è trovata durante i negoziati appena conclusi, nel senso che il mercato unico dell’Ue è, e sarà, irrinunciabile per il Regno Unito ma il contrario varrà un po’ meno.

Da cosa dipenderanno i futuri accordi? Probabilmente dagli stessi fattori da cui è dipeso l’accordo appena firmato. Dal punto di vista del governo di Londra, per esempio, durante le fasi finali delle trattative con l’Unione Europea è pesato il risultato elettorale statunitense. L’arrivo alla Casa Bianca di un presidente democratico e contrario a Brexit, Biden, faceva intravedere un pericolo concreto di crisi economica e isolamento politico per il Regno Unito in un ipotetico scenario di no-deal. E nel 2025 con tutta probabilità, sui nuovi accordi, continuerà a contare il panorama internazionale: nel 2024, infatti, si terranno di nuovo le elezioni presidenziali.

Cosa cambierà per il Regno Unito

Sul breve periodo il governo di Boris Johnson può dirsi in qualche modo vincitore: era arrivato al numero 10 di Downing Street con un mandato preciso, “Get Brexit Done”, e così è stato. Sul lungo periodo però, verranno a galla gli aspetti più pratici del patto e la vittoria politica di Johnson potrebbe cambiare di segno e apparire addirittura come una sconfitta. Innanzitutto il Regno Unito nei prossimi anni dovrà tenere delle regole di mercato simili a quelle europee, e dovrà farlo proprio per via degli accordi presi con l’Europa. Il motivo è che, durante gli accordi, i negoziatori dell’Unione hanno insistito perché si arrivasse a delle condizioni che non permetteranno la concorrenza sleale del Regno Unito nei confronti dell’Ue.

Un altro tasto dolente per gli inglesi, sul medio e lungo periodo, saranno i controlli doganali. Per quanto questo accordo non sia la tanto temuta hard Brexit, ci saranno comunque nuove procedure doganali. L’enorme ingorgo di camion nel Kent che abbiamo visto intorno al 22 dicembre, dovuto al blocco deciso per la scoperta del nuovo ceppo di Sars-Cov-2, potrebbe ripetersi nel prossimo futuro a causa delle conseguenze di Brexit. Anche perché le nuove misure doganali varranno soprattutto per gli autotrasportatori che trasportano merci tra il Regno Unito e l’Unione Europea. I camionisti dal primo gennaio 2021 in poi porteranno con sé certificazioni di sicurezza e altri documenti che prima non erano necessari. Per evitare ingorghi e imprevisti in vari porti della Manica si stanno costruendo nuove strutture apposite, che saranno utili a controllare i carichi e gestire i flussi di mezzi. Insomma la burocrazia aumenterà, e così l’idea di Brexit come via d’uscita dalla burocrazia europea si scontrerà con la realtà.

Anche i confini tra l’Irlanda e l’Irlanda del nord cambieranno, nonostante i promotori di Brexit (compreso Boris Johnson) avessero promesso che il confine non sarebbe “assolutamente” stato modificato. È vero che il confine terrestre rimarrà aperto, ma per le merci che attraversano il mare d’Irlanda ci saranno procedure doganali, visto che si è deciso che l’Irlanda del Nord avrà accesso all’unione doganale europea. Probabilmente quindi le merci verranno controllate anche a terra, per quanto non sappiamo se questi controlli avverranno effettivamente al confine.

Ci saranno altre conseguenze di Brexit che ancora è difficile stimare, e che potrebbero avere un impatto diretto, anche economico, sulla vita degli europei nel Regno Unito e dei britannici nel territorio dell’Unione, per esempio è incerto se torneranno i costi del roaming. L’accordo appena firmato non ha deciso su questo punto, ma per studenti, viaggiatori e chi si sposta di frequente per lavoro è un dato importante. Si sa invece, ed è probabile che crei una certa frustrazione tra i più giovani, che gli studenti universitari britannici non potranno più partecipare al programma Erasmus, che verrà rimpiazzato con un programma alternativo di cui però, al momento, si sa pochissimo, se non che verrà intitolato ad Alan Turing. Il negoziatore per parte europea Michel Barnier ha detto che quella di rinunciare al programma Erasmus è stata una decisione del governo di Londra di cui si è dispiaciuto.

E cosa accadrà invece all’Unione Europea?

Per l’Ue il 2020 è stato un anno difficile. Era iniziato proprio con un grande riassestamento della macchina democratica in vista dell’attuazione di Brexit, ma il divorzio con Londra, dopo lo scoppio della pandemia e la conseguente crisi economica, ha smesso di essere in cima alla lista delle priorità. Negli ultimi mesi la maggior parte degli sforzi sono andati, comprensibilmente, a trovare accordi interni ai paesi dell’Unione sulle misure sanitarie, e di sostegno economico, utili a far fronte alla Covid-19.

Proprio mentre scoppiava la pandemia, lo scorso febbraio, a Bruxelles e a Strasburgo la bandiera del Regno Unito veniva ammainata, e nel capoluogo alsaziano veniva svolta la prima seduta plenaria senza i parlamentari britannici. 76 seggi lasciati vuoti, e che sono stati riassegnati a 13 dei 27 stati rimasti nell’UE, compresa l’Italia che così ha mandato a Strasburgo Vincenzo Sofo (Lega), Sergio Berlato (Fratelli ) e infine Salvatore De Meo (Forza Italia). Il Parlamento Europeo in questo modo è cambiato, perdendo soprattutto una delle sue componenti più euroscettiche, i parlamentari inglesi. Anche grazie a questa assenza l’Europa è riuscita a varare in tempi brevi misure economiche rivoluzionarie per la sua storia, compreso fare per la prima volta debito comune. Un grande cambiamento che la Brexit sembra aver portato nell’Unione è che nessun altro paese, al momento, visto come sono andate le cose al Regno Unito, sembra essere nella posizione di voler uscire dall’Ue. Un po’ come se già le sole trattative per Brexit abbiano vaccinato politicamente l’opinione pubblica dei restanti 27 paesi. In questa prospettiva è possibile che Brexit, ora che dal primo gennaio si concretizzerà con tutte le sue incognite e necessità burocratiche, rafforzerà ulteriormente la coesione europea dando all’Unione la possibilità concreta di rilanciarsi e trovare formule politiche più rapide ed efficaci.

Questi sono i cambiamenti che possiamo aspettarci sul piano politico e sociale, ma l’aspetto che dal primo gennaio andrà monitorato con particolare attenzione sarà anche quello dei risvolti economici di Brexit. L’aver scongiurato un divorzio senza accordo, per il momento, ha dato fiducia ai mercati, ma andranno osservati gli andamenti sul medio e lungo periodo.

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[Fonte Wired.it]