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sabato, Feb 13

Che cosa c’è dietro Wonder Woman 1984, il film del weekend



Da Wired.it :

Il sequel di Wonder Woman debutta direttamente sulle piattaforme digitali. Ed è la punta più avanzata, militante e di successo del femminismo di Hollywood. Merito, in primis, della visione della regista Patty Jenkins

Quando si legge che Wonder Woman del 2017 è stato un momento importante per la storia del femminismo nell’industria del cinema, non è solo perché è il film diretto da una donna dal maggiore incasso di sempre (e per di più con una donna protagonista assoluta in un genere fino a quel momento maschile), ma anche perché il processo che lo ha portato alla lavorazione e all’arrivo in sala nella forma che conosciamo è stata una guerra. Patty Jenkins, che firma persino il sequel, Wonder Woman 1984, era stata approcciata dalla Warner Bros per la prima volta nel 2004. Periodicamente, ogni anno, la regista e la casa di produzione si incontravano per ridiscutere il progetto, portando avanti una battaglia di visioni. Ci è voluto tutto questo tempo affinché il lavoro partisse per davvero: Patty Jenkins aveva un’idea per il film e la Warner un’altra, più convenzionale, meno femminile, meno audace. La prima era disposta a non farlo se non come diceva lei e, alla fine, ha raggiunto il suo obiettivo.

Il secondo film è stato un’altra storia. Giustamente. Dopo il successo del primo, Patty Jenkins ha goduto della fiducia del team di produzione e di Gal Gadot, che, nel frattempo, anche grazie a Wonder Woman, è diventata una superstar le cui opinioni pesano come macigni. Ma l’obiettivo della regista è rimasto lo stesso: evitare di contaminare uno dei pochissimi film giganti con una sola protagonista, e donna, con altri eroi uomini: Wonder Woman doveva rimanere l’eroina assoluta, prendere tutta la luce dei riflettori su di sé. Praticamente il contrario della maniera con cui la Marvel pensa i suoi lavori.

La scelta di collocare la nuova trama negli anni ’80 – mentre la precedente era ambientata nel 1917 – ha uno scopo preciso: rappresentare il punto più basso dell’umanità e il più alto, gli eccessi della grandezza e dell’avarizia. Wonder Woman è sempre alle prese con i massimi valori e qui è la verità nel senso più ampio di onestà a essere in ballo tramite una pietra mitologica che fa avverare un desiderio per ogni persona. Verrà usata per accumulare denaro e potere (per l’appunto gli ’80) da un losco affarista da quattro soldi portando il mondo intero alla rovina. Questo personaggio, Maxwell Lord, sembra obiettivamente Donald Trump, una personalità televisiva dotata di capelli improponibili, il cui business è migliore quando lo racconta lui di quando si guardano i bilanci. Invece, è più che altro Bernie Madoff, l’autore di una delle più grandi truffe Ponzi della storia americana, un uomo che partendo da basi ragionevoli è finito a creare ammanchi fino a 60 miliardi di dollari. Come si arriva a questo? Come la cupidigia rompe ogni regola e crea una valanga disastrosa? Il film cerca di raccontarlo con abbondante fantasia, poteri e magia.

Tuttavia, i riferimenti alla politica del momento hanno giocato contro Wonder Woman 1984, che è stato girato nel 2018, ma la cui uscita è stata rimandata più volte a partire dal primo lockdown, per arrivare in sala con un cruciale anno di ritardo. E adesso quei riferimenti non hanno la forza che avrebbero avuto 365 giorni fa. Trump era uno di quegli imprenditori cresciuti con avidità negli ’80 che poi sono diventati anche dei potenti nel mondo (come accade al losco affarista interpretato da Pedro Pascal nel film) in modi ugualmente discutibili. I problemi di oggi sono radicati nella deregolamentazione finanziaria del 1984, le magie che rendevano ricchi e le loro conseguenze a valanga, in un sistema che incrociava tv, popolarità, truffa e un momento storico in cui l’accumulo infinito sembrava possibile.

Wonder Woman 1984, ovviamente, è anche un modo per portare al cinema gli stereotipi, i look e gli anacronismi degli ’80. Per esempio: il film si sofferma molto sull’abbigliamento e lo usa parecchio per raccontare i personaggi. Se, infatti, Diana Prince (identità borghese di Wonder Woman) veste alla moda ma non troppo, deve sembrare eterna, senza tempo per quanto capace in ogni epoca di mescolarsi e nascondersi, lo stesso non vale per Minerva. Secondo la stessa regista Patty Jenkins, quando quest’ultima si presenta, indossa outfit che stanno bene solo a chi ha un fisico come Gal Gadot e rivela quindi che cosa vorrebbe essere nello stesso momento in cui mette in scena che cosa non è.

Non è chiaro, al momento, se ci sarà o meno un terzo film, di certo Patty Jenkins ha ancora due storie su Wonder Woman che vorrebbe e potrebbe raccontare per chiudere la parabola di un mondo in cui le donne si affermano come tali, per fare la differenza, senza dover cambiare per farlo.

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[Fonte Wired.it]