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lunedì, Lug 01

Che fine hanno fatto i gilet gialli?


il movimento si è ormai disintegrato e i pochi che continuano a scendere in strada sono perlopiù persone politicamente esposte. Secondo gli esperti, le cause sono molteplici

Un uomo con un gilet giallo, in cui è riportata la scritta “Facciamo bene a ribellarci” fissa alcuni manifesti (foto: JEAN-PHILIPPE KSIAZEK/AFP/Getty Images)

Sabato 29 giugno, tra le seimila e le diecimila persone sono scese in piazza in Francia per la 33esima manifestazione dei gilet gialli, un movimento di piazza nato lo scorso 17 novembre per protestare contro il rincaro delle accise sul carburante, e così chiamato per via del giubbotto giallo catarifrangente che indossano i suoi aderenti.

Diversamente da quanto succedeva mesi fa, tuttavia, in Italia non si è parlato molto della manifestazione, e anche in Francia la notizia è passata sostanzialmente sottotono.

Seimila persone non sono poche, ma equivalgono a circa il 2,4% di coloro che hanno partecipato ai cortei dello scorso autunno. Quelle di sabato sono state perlopiù pacifiche e pare non ci siano stati feriti né grossi scontri con la polizia o danni alle città, come invece avveniva regolarmente al tempo.

Ha ragione il presidente francese Emmanuel Macron a parlare dei gilet gialli al passato? Il movimento, uno dei più discussi e radicali nella storia della Francia contemporanea, è ormai acqua passata?

I gilet gialli oggi

John Lichfield, giornalista di Politico ed esperto di Francia, ha scritto che Macron ha ragione a considerare i gilet gialli, così come li abbiamo conosciuti, una cosa appartenente al passato: il movimento si è oramai disintegrato e i pochi che continuano a scendere in strada sono perlopiù persone politicamente esposte e appartenenti soprattutto all’area di sinistra, molto diverse dal “gilet giallo medio: un cittadino in prevalenza bianco, di mezza età, che magari aveva un lavoro ma faticava ad arrivare alla fine del mese e, soprattutto, non aveva quasi mai partecipato a una manifestazione prima di unirsi al movimento.

La maggior parte degli ex gilet gialli oggi è tornata alla sua routine fatta di lavoro, famiglia, bollette e problemi quotidiani. Questo non significa però che abbia ritrovato la fiducia nel sistema o non sia più frustrata. A questo proposito, Lichfield racconta, per esempio, che alcuni di loro hanno da tempo fra i loro intenti dichiarati quello di creare una specie di società gialla parallela in cui i membri si autogovernano e decidono insieme come gestire alcuni aspetti della vita comune come la mobilità e i canali di distribuzione delle merci; finora nulla di tutto ciò ha preso vita.

Lauren Collins cita invece sul New Yorker il “mercato cittadino” che alcuni gilet gialli hanno messo in piedi per contrastare le logiche del capitalismo. L’idea dietro questo esperimento è quella di vendere e comprare solo prodotti locali, al prezzo più basso possibile, e cercare nel frattempo di creare una piccola comunità.

Le ragioni della crisi

Ci sono diverse versioni riguardanti cosa abbia decretato la (quasi) fine dei gilet gialli. Lichfield nel suo articolo per Politico menziona tre fattori: l’eterogeneità del movimento, la mancanza di uno o più leader e la violenza. Il gruppo, scrive, è nato con una richiesta ben precisa: abbassare le accise sul carburante, poi però si è evoluto fino a diventare una generica protesta anti-sistema contro Macron e tutto ciò che rappresentava. Inoltre, ha assunto caratteri violenti che hanno determinato sia l’allontanamento di alcuni esponenti, che non si riconoscevano in queste modalità, sia una risposta altrettanto violenta da parte della polizia, che nel tempo ha agito come deterrente alla partecipazione di più persone. “La mancanza di un leader è stato un altro punto di debolezza. Nessuno decideva quando abbastanza era abbastanza, né si assumeva altre responsabilità”, conclude il giornalista.

Diversi esperti interrogati sul tema, come il politologo e direttore dell’Observatoire des radicalités politiques, Jean-Yves Camus, sono d’accordo. Altri, come il giornalista di Le Figaro François-Xavier Bourmaud credono, invece, che il movimento si sia disintegrato perché non è riuscito a tradursi in una forza politica. Alle elezioni europee, i gilet gialli si sono presentati in tre diverse liste e hanno ottenuto lo 0,50, lo 0,03 e lo 0,01% delle preferenze. Altri ancora pensano che le persone non stiano più protestando perché Macron ha adottato un piano da 10 miliardi e avviato un tour in giro per il paese che potrebbe aver migliorato la sua immagine pubblica.

Anche alcune figure chiave del movimento hanno provato a dare una risposta riguardo alle origini di questa crisi. Jérôme Rodrigues, che era stato colpito da una pallottola di gomma all’occhio ed era diventato un simbolo della violenza della polizia ha detto al settimanale Express: “Manifestiamo da sei mesi: come per i poliziotti, ciò comporta molti problemi familiari, tra divorzi e bambini che chiedono di vedere i loro genitori durante il weekend”. Ingrid Levavasseur, un’infermiera e simbolo della fascia progressista, ha fatto capire al Wall Street Journal che non si riconosceva più nei gilet gialli perché le proteste erano diventate troppo violente. Per Eric Drouet, il problema è stato l’esatto opposto. A Bfmtv ha detto che il movimento non era più radicale e aveva perso il suo spirito combattivo. Secondo Jean-François Barnaba, vicino alla destra radicale, c’entrano invece i media che avrebbero “sovramediatizzato” le proteste.

 

 

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