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Che il 25 novembre sia tutti i giorni dell’anno, perché davvero non ne possiamo più (anche della retorica)

by | Nov 25, 2025 | Tecnologia


Quest’anno, poi, le nostre aspettative sono state superate. A soli pochi giorni di distanza dal 25 Novembre, in occasione della conferenza internazionale contro il Femminicidio, ci è toccato anche dovere ascoltare il ministro della giustizia Carlo Nordio sostenere che gli uomini, per natura, hanno difficoltà ad accettare la parità perché il loro “codice genetico fa resistenza”, mentre la ministra per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella ha portato avanti la tesi ideologica che sostiene la mancata correlazione tra l’educazione sessuale e una diminuzione della violenza contro le donne.

Tutto questo può essere molto stancante per chi come me su questi temi è vigile e ci lavora ogni giorno dell’anno. È molto stancante, soprattutto, per le vittime di violenza, per tutte le donne che denunciano senza ottenere tutele, per le numerose volontarie e le professioniste che, con fatica, portano avanti i centri antiviolenza contando esclusivamente sulle proprie forze.

Certo, i simboli contano sempre. E l’intento di alcuni, probabilmente, resta nobile e forse anche necessario se solo riuscisse a sfuggire alla retorica che lo accompagna e ai luoghi comuni che contribuiscono a fare confusione.

Fingersi morta, dicevo. Ma io, morta non lo sono. Noi, non lo siamo. Morti sono i corpi abusati delle donne che si rimpiccioliscono e scompaiono dal discorso pubblico non appena i riflettori si spengono. Morta è la voce di chi denuncia e non viene presa in considerazione, ascoltata o creduta. Una voce morta, afona perché violentemente silenziata.

Fingersi morte, dunque, non è la soluzione ma lo è, forse, riappropriarsi di questa retorica e trasformarla in azione quotidiana lavorando affinché sia, per tutte e tutti, una pratica condivisa, concreta e non eccezionale.

La violenza invisibile

È sempre più difficile districarsi tra le notizie che ci riportano i casi di cronaca di violenza sulle donne. Secondo l’indagine “Sicurezza Donne” pubblicata il 21 Novembre 2025, le donne italiane che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale tra i 16 e i 75 anni sono 6 milioni e 400 mila. Il 31,9%, una proporzione quasi pari a una donna su tre.

È difficile ignorare questi dati ed è difficile ignorare che c’è sempre una costante: quando le donne denunciano trovano muri di gomma contro i quali rimbalzano dolorosamente le loro parole. Non sono credute. E questo accade perché sulle donne ricade ancora il peso di una tradizione antica in cui la loro parola socialmente non è considerata attendibile. Le autorità, le stesse che vediamo rappresentate negli spot pubblicitari di sensibilizzazione o che rilasciano dichiarazione occasionali, non sempre dimostrano di essere preparate ad affrontare casi di emergenza e non sempre esercitano prontamente, quando richiesto, i pochi strumenti che pure avrebbero a disposizione.

Certo, qualcosa sta cambiando e per combattere la retorica è bene accorgersene.

Lo scorso 19 Novembre, la Camera ha approvato la modifica dell’articolo 609-bis del codice penale, con la proposta di legge C. 1693-A che introduce in modo esplicito il consenso libero e attuale come elemento centrale per il reato di violenza sessuale. La proposta arriva sulla scia della riforma operata dall’Assemblea Nazionale francese che ha introdotto nel codice penale il principio del consenso come elemento imprescindibile per qualificare il reato di violenza sessuale. In Francia l’attenzione pubblica sul tema del consenso ha subito una accelerazione dovuta al caso Pelicot (noto anche come il caso degli “stupri di Mazan”) svoltosi a porte aperte per volontà di Gisèle Pelicot.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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