Un politico di nome Adolf Hitler Uunona ha vinto una tornata di elezioni locali in Namibia, di nuovo. È consigliere regionale del distretto di Ompundja nella regione settentrionale di Oshana, ed è sstato eletto mercoledì 26 novembre per il suo quinto mandato consecutivo. Uunona milita nel partito Swapo (South west Africa people’s organisation), il movimento di liberazione che governa il paese africano dal 1990, e aveva già ottenuto l’85% dei voti nel 2020, l’anno in cui balzò agli onori delle cronache internazionali proprio per il suo nome controverso.
Dal nome, un po’ di storia della Nambia
Il retaggio coloniale tedesco tra le motivazioni di quel nome
La Namibia è stata una colonia tedesca dal 1884 al 1915, e l’influenza germanica ha lasciato tracce profonde nella società locale. Nomi come Adolf, insieme a toponimi e architetture di stampo europeo, sono rimasti diffusi soprattutto nelle comunità rurali del nord, dove la popolazione non sempre era consapevole del peso storico di certe denominazioni. Fu in questo contesto che il padre di Uunona scelse quel nome completo, Adolf Hitler, probabilmente senza comprendere chi fosse realmente il dittatore nazista.
In un’intervista al tabloid tedesco Bild del 2020, Uunona spiegò che da bambino considerava il proprio nome del tutto normale, e che solo da adulto avrebbe compreso chi fosse realmente Adolf Hitler, “quello tedesco”. Il consigliere regionale ha del resto sempre respinto qualsiasi associazione ideologica, precisando di non avere nulla a che fare col nazismo. “Solo perché ho questo nome non significa che voglio conquistare Oshana (la regione del distretto che governa, ndr)”, aveva spiegato al giornale tedesco. “Non significa che sto lottando per il dominio del mondo”.
Nella vita quotidiana Uunona preferisce farsi chiamare Adolf Uunona, omettendo Hitler, ma non ha mai inteso cambiare le proprie generalità perché compaiono su tutti i suoi documenti. La sua carriera politica è iniziata nel 2004, anno della prima elezione a consigliere di Ompundja, un distretto rurale di circa 4.600 abitanti nell’estremo nord del paese, dove il territorio è dominato da pianure alluvionali e l’economia si basa sull’agricoltura di sussistenza. I suoi elettori continuano a giudicarlo per l’operato amministrativo e non per le reazioni che il suo nome suscita all’estero.
La nuova leadership della Namibia
Le elezioni regionali e locali del 26 novembre si sono svolte a pochi mesi dall’insediamento della prima donna presidente nella storia della Namibia, Netumbo Nandi-Ndaitwah. Eletta nel novembre 2024 col 57% dei voti, la 72enne veterana dello Swapo ha prestato giuramento il 21 marzo 2025, una data simbolica che coincideva col 35esimo anniversario dell’indipendenza dal Sudafrica.
Nandi-Ndaitwah ha ereditato un paese attraversato da profonde tensioni sociali: la disoccupazione giovanile sfiora il 46%, e la Namibia figura come il secondo stato più disuguale al mondo dopo il Sudafrica. Il partito di governo, d’altronde, ha visto erodere i propri consensi negli ultimi anni, passando dai 63 seggi parlamentari del 2019 ai 51 attuali, e deve ora fronteggiare l’ascesa dell’Independent patriots for change (Ipc), il movimento fondato nel 2020 da Panduleni Itula dopo la sua espulsione dallo Swapo. Itula, che alle presidenziali ha ottenuto il 26% dei voti, ha costruito il proprio seguito tra i giovani delle aree urbane denunciando la corruzione endemica del partito di governo, esplosa nel 2019 con lo scandalo Fishrot, un sistema di tangenti legate alle quote di pesca.
Frutto di un passato doloro, impossibile da dimenticare
Le difficoltà attuali della Namibia affondano in oltre un secolo di dominazione straniera. Tra il 1904 e il 1908 l’Impero tedesco sterminò decine di migliaia di persone appartenenti alle popolazioni Herero e Nama: la loro rivolta contro l’espropriazione delle terre fu repressa con brutalità dal generale Lothar von Trotha, e gli storici stimano che circa l’80% degli Herero e il 50% dei Nama persero la vita per fucilazioni, marce forzate nel deserto e internamento in campi di concentramento. Secondo Amnesty International, almeno 70mila indigeni furono uccisi in quello che è considerato il primo genocidio del Ventesimo secolo. Dopo la fine del colonialismo tedesco nel 1915, il territorio passò sotto il controllo del Sudafrica, che estese alla popolazione locale il sistema dell’apartheid. Fu proprio contro l’occupazione sudafricana che nacque lo Swapo, il quale condusse una lotta armata conclusasi nel 1990 con l’indipendenza.
Nel 2021 la Germania ha riconosciuto ufficialmente il massacro e ha offerto 1,1 miliardi di euro da versare in trent’anni per progetti di sviluppo, come riporta il quotidiano britannico Guardian. I leader Herero e Nama hanno però respinto l’accordo, lamentando di essere stati esclusi dai negoziati. Il 28 maggio 2025 la Namibia ha infine celebrato per la prima volta la Giornata del ricordo del genocidio.


