Alberto Piazza, scienziato torinese di fama internazionale, è scomparso all’età di ottantadue anni, lasciando un vuoto nella comunità scientifica. Professore emerito e già ordinario di genetica umana presso l’Università di Torino, Piazza ha dedicato la sua carriera alla ricerca e all’insegnamento, lasciando un’impronta significativa nel campo della genetica e dell’evoluzione umana. Dopo essersi laureato in fisica e successivamente in medicina, ha intrapreso una brillante carriera accademica. Dal 1983 è stato professore di genetica umana a Torino, mentre nel 2004 è diventato direttore del dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica della stessa università, ruolo che ha ricoperto fino al 2010. Tra il 2015 e il 2018 è stato presidente dell’Accademia delle scienze di Torino e presidente e direttore scientifico della Human Genetics Foundation (HuGeF-Torino), istituzione compartecipata dall’Università e dal Politecnico di Torino.
Di cosa si è occupato Piazza
La sua attività di ricerca è stata vasta e multidisciplinare. Piazza ha contribuito in maniera sostanziale agli studi sulla genetica e immunogenetica umana, sviluppando modelli e raccogliendo dati per l’analisi antropologica ed evolutiva delle popolazioni umane. Uno dei suoi contributi più significativi è stato l’approfondimento dell’evoluzione biologica e culturale, con particolare attenzione all’evoluzione delle lingue. Con oltre duecentotrenta pubblicazioni e tre volumi, i suoi lavori scientifici sono stati citati più di duecentomila volte, un segno tangibile del suo impatto sulla comunità scientifica globale.
Uno degli aspetti più innovativi del suo lavoro è stata la capacità di connettere la genetica con la storia e l’evoluzione umana, integrando studi sulla genetica con analisi linguistiche e culturali. Il professor Antonio Amoroso, collega e amico, ha sottolineato come Alberto Piazza non fosse il tipico scienziato confinato in un laboratorio, ma piuttosto un intellettuale capace di intersecare diverse discipline per comprendere meglio l’umanità. “Il suo aspetto più rilevante è che mentre l’immaginario contemporaneo di uno scienziato lo colloca in un laboratorio mentre indaga su uno specifico settore, Piazza era il contrario. Vale a dire, ha saputo collegare la genetica con la storia e l’evoluzione dell’uomo, coi suoi linguaggi e quindi con le lingue che si parlano nel mondo”, ha spiegato a La Stampa. Piazza ha sgombrato il campo dal concetto di razza umana. E firmò con altri scienziati, tra cui Rita Levi Montalcini, Enrico Alleva, Guido Barbujani, Marcello Buiatti, Laura Dalla Ragione, Elena Gagliasso Luoni, Massimo Livi Bacci, Agostino Pirella, Francesco Remoti, Filippo Tempia, Flavia Zucco, un Manifesto contro ogni forma di razzismo reso pubblico a San Rossore, in Toscana, che si apriva con la frase: “Le razze umane non esistono”.
Questa interdisciplinarità ha permesso a Piazza di collaborare con eminenti studiosi come Luigi Luca Cavalli-Sforza, contribuendo significativamente alla dissoluzione del concetto di razza attraverso gli studi genetici. Piazza ha inoltre ricoperto numerose posizioni di rilievo in istituzioni scientifiche e accademiche, tra cui la presidenza del comitato di bioetica dell’Università di Torino. È stato membro di numerose associazioni scientifiche internazionali, inclusa la New York academy of sciences e l’European association of human genetics. Il suo impegno si estendeva anche ai problemi bioetici associati alla discriminazione genetica e ai test genetici, promuovendo un approccio etico e responsabile alla ricerca.