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martedì, Giu 30

Chi era Marsha P. Johnson, da ricordare nel mese del Pride



Da Wired.it :

A chiusura del Pride Month, Google dedica il suo doodle a una delle protagoniste indiscusse della nascita del movimento di liberazione omosessuale, una drag queen e un’attivista che fece la storia

marsha p johnson

Si sta per chiudere giugno e quindi anche il cosiddetto Pride Month, ovvero il mese dedicato alle rivendicazioni e alle manifestazioni per i diritti della comunità Lgbt+. Per l’occasione, Google ha dedicato il suo doodle del 30 giugno a Marsha P. Johnson, drag queen, attivista e una dei protagonisti della nascita del movimento di liberazione omosessuale e non solo. In particolare, Johnson è ricordata come una delle prime persone che diedero il via ai moti di Stonewall, la serie di proteste e tumulti che videro gli avventori dello Stonewall Inn, noto locale gay di New York, resistere alle violenze della polizia nella notte fra il 27 e il 28 giugno 1969. Quella data è appunto passata alla storia come l’inizio degli eventi di rivendicazione Lgbt+, portando alla formazione anche dei movimenti organizzati che hanno traghettato la comunità ai traguardi di oggi.

Johnson nacque in un’umile famiglia del New Jersey il 24 agosto 1945 e iniziò a manifestare fin dai 5 anni le proprie inclinazioni sessuali, compresa la volontà di vestirsi con abiti femminili, ma date l’opposizione della famiglia e le violenze subite dai ragazzi del quartiere si dichiarò asessuale fino alla sua partenza per New York all’età di 17 anni. Arrivata in città con pochi dollari in tasca, scelse il nome d’arte di Marsha P. Johnson (dove P. pare stesse per “pay it no mind“, fregatene) e iniziò a praticare come drag queen allestendo spettacoli dalle connotazioni comiche e politiche, anche se non caratterizzati da grandi costumi o trovate scenografiche, date le sue ristrettezze economiche (molti ricordano come si adornasse spesso il capo però con fiori freschi, dato che per un periodo visse sotto i banchi del mercato dei fiori). Johnson frequentava i locali di Christopher Street o meglio più spesso si prostituiva in quelle zone, anche per via del fatto che molti dei bar gay dell’epoca non permettevano l’ingresso se non ai maschi omosessuali.

Nella notte fra il 27 e il 28 giugno 1969 lo Stonewall Inn, uno dei pochi e primissimi locali ad aver dato accesso a drag queen e transessuali, fu oggetto dell’ennesima retata della polizia, ma questa volta la reazione degli avventori non fu acquiescente: anche se lei stessa nega, molti testimoni ricordano come Johnson fu una delle prime persone, assieme ad altre come Sylvia Rivera e Stormé DeLarverie, a mettersi in prima fila a resistere all’arresto e alle cariche delle forze dell’ordine; fra i fatti ricostruiti ma non avvenuti con certezza anche il lancio di un bicchiere da parte di Johnson che sarebbe stato fra le scintille della protesta. Dopo Stonewall, Johnson si unì al Gay Liberation Front e a partire dal 1972 fondò con Rivera la Street Transvestite Action Revolutionaries (Star), un’organizzazione che dava accoglienza a giovani drag queen, transgender e non-conformi in difficoltà.

Negli anni continuò il suo impegno nell’attivismo, partecipando alle iniziative anti-Aids di Act Up e venendo fotografata persino da Andy Warhol. Le enormi difficoltà e privazioni che dovette subire durante la sua esistenza ma anche lo stress derivato dai continui arresti e da una vita sempre precaria minarono a lungo andare la sua salute sia fisica sia mentale, mentre molti testimoniavano in lei un carattere ambivalente, dedito agli altri così come propenso a scoppi d’ira. Il 6 luglio 1992 il suo corpo fu ritrovato nel fiume Hudson, morte che è stata derubricata come suicidio anche se molti, compresa Rivera, tendono a scartare l’ipotesi e propendono per un’aggressione. La sua vita e le sue azioni sono state al centro di documentari come Pay It No Mind, The Death and Life of Marsha P. Johnson e film come Stonewall e Happy Birthday, Marsha!.

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[Fonte Wired.it]