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lunedì, Set 09

Ci saranno meno app Apple nel ranking dell’App Store


Un’inchiesta del New York Times punta il dito contro il modo in cui Apple avrebbe gestito il motore di ricerca interno al proprio App Store, nutrendo il sospetto per cui il team di Cupertino possa aver manualmente gestito il ranking delle app al fine di favorire le soluzioni interne del gruppo. Secondo quanto rilevato grazie al lavoro del team Sensor Tower, per centinaia di keyword il primo risultato sarebbe stata un’app Apple ed in alcuni casi si sarebbe dovuto scorrere l’elenco dei risultati per poter arrivare ad una qualsivoglia produzione rivale. Qualcosa, però, nel tempo sarebbe cambiato.

Apple colonizzava il ranking

L’analisi del New York Times è circostanziata, con alcuni esempi su tutti a dimostrare quanto sospettato. Cercando “Music”, ad esempio, fino al 2013 il primo risultato era “Spotify”, salvo poi veder scorrere a fondo lista il servizio di streaming in favore di Apple Music. A fine 2018 la ricerca metteva Spotify oltre la ventesima posizione per la stessa ricerca, mettendo invece ai vertici i vari Apple Music, Garage Band, iTunes Remote, Music Memos, Logic Remote, iTunes Store, iMovie e Clips: tutte produzioni Apple. Comportamento simile sulla chiave Podcast. Due esempi non casuali, visto che proprio su musica e podcast si gioca la sfida tra Spotify e Apple Music.

Con l’accusa di Spotify ad Apple presso l’antitrust europea, c’è un sussulto nella classifica: il servizio torna al quarto posto, all’interno di un ranking profondamente rivisto nel giro di pochi mesi. Algoritmo corretto? No, “migliorato”, spiega Apple.

Il nuovo algoritmo

Da Cupertino sono giunte inoltre dichiarazioni di circostanza, in parte per sminuire l’entità delle accuse e dall’altra per tenere celati i 42 segnali che gli algoritmi dell’App Store utilizzano per costruire il ranking delle app cercate dagli utenti. Secondo Apple, semplicemente, le app di Apple compaiono ai primi posti poiché note e considerate rilevanti dagli utenti Apple: nessuna manomissione o forzatura, insomma, ma semplice risultato dei click registrati.

Secondo l’analisi, Apple ha visto crescere nel tempo il numero delle ricerche nelle quali le app proprietarie compaiono ai primi posti. Sensor Tower ha registrato però un adattamento nelle settimane scorse, quando un primo scossone al ribasso è stato registrato. Il motivo? Apple avrebbe alleggerito la presenza delle proprie app ai vertici dei risultati, così da ridurre i sospetti sul motore ed aumentare gli spazi a disposizione degli sviluppatori che costruiscono il proprio successo sul marketplace. Il difetto dell’algoritmo sarebbe stato nel fatto che venivano agglomerate app dello stesso sviluppatore, una visibilità trasversale che giocoforza ha tolto visibilità ad altre app concorrenti. Argomentazioni poco credibili, ma di fronte all’antitrust diviene complesso anche dimostrare il contrario.



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