Seleziona una pagina
domenica, Gen 10

Ciao, sono il futuro – Wired



Da Wired.it :

Siamo come siamo, altro che sdraiati, idealisti, protervi, viziati o tutto il resto: il prologo del giovane autore Giacomo Mazzariol dal nuovo volume di Wired, ora in edicola

Un articolo estratto dal numero 95 di Wired, tutto dedicato a raccontare la Next Generation e i giovani talenti della Generazione Z

*

di Giacomo Mazzariol

Per prima cosa devo dirti come ti immagino, mio lettore. Sei curioso di capire chi sono i figli che verranno. Hai alcuni capelli bianchi, hai occhiali con una montatura spessa e di sicuro hai ascoltato Mike Buongiorno tuonare Allegria in televisione. Forse all’epoca in cui in cui non aveva ancora scritturato una modella svedese al suo fianco e disponeva di un ventaglio di sole italiane, non lo so. Non sono qui per analizzarti, svergognarti o strumentalizzarti, voglio solo immaginarti, e aiutarti a immaginare me. Io sono un giovane, ho occhi vergini e il mondo mi si sgomitola davanti giorno per giorno. Ancora ho facilità a distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato, chi fa bene e chi fa male. Mi viene naturale, chiamalo fiuto, sesto senso, sprovvedutezza. Del mondo che abbiamo ricevuto vedo prima gli spigoli, le brutture, le paranoie politiche, e qualcuno dei tuoi coetanei direbbe che sono anche le uniche cose che contano. Il cambio della guardia è un processo fisiologico, irreversibile e alcuni di voi già lo sanno, magari anche tu stesso: ci avete fatto entrare negli uffici dalla porta laterale, ci avete chiesto collaborazioni o all’occasione avete tenuto la nostra opinione in considerazione. Bob Dylan fu notato da Martin Luther King che lo prese sotto la sua ala e lo portò a esibirsi a 22 anni insieme a Joan Baez di fronte le migliaia di persone della Marcia su Washington. Mlk aveva avuto fiuto, sesto senso, sprovvedutezza, perché la rivolta – il cambiamento – consiste nell’amare un uomo che ancora non esiste (Albert Camus). Tu esisti, lettore. Io non ancora. La potatura, se è fatta bene, è necessaria per il bene alla pianta, ma non si può dire che non porti con sé un po’ di distruzione. 

“E ammettete che le acque attorno sono salite…Allora meglio che iniziate a nuotare o affogherete come una pietra” (Bob Dylan)

Più che figli noi dovremmo vederci come eredi. E cosa abbiamo ereditato? Durante tutta la nostra vita ci hanno insegnato a diffidare della Cina. Hanno un regime totalitario, Sono troppi, fanno fare turni in fabbrica di 14 ore e imitano i nostri prodotti con materiali scadenti e a volte tossici. L’immaginario distopico dell’ambientazione sovietica di 1984 di G. Orwell se l’è accaparrata la Repubblica popolare cinese. Ma tra questo vociferare che giunge con un’eco distorta, si fa largo un urlo distinto: sono i giovani di Hong Kong che combattono, chiedono libertà e, nonostante la burocrazia pechinese non si incepperà per degli ombrelli e delle innovative tecniche di guerriglia, noi siamo con loro. Qualcosa si muove e il brivido arriva fino a qui. Non ci dicono più quali stati dispongono della bomba atomica, non sappiamo a che punto è il disarmo: quella che però un tempo era una paura apocalittica ci risuona come una barzelletta. Minacciare di usare il nucleare è come dire guarda che lo dico alla maestra, si sa che alla fine non viene fatto. Ci sopraggiunge una guerra latente, silenziosa, che si percepisce non essersi mai fermata negli anni come un fiume carsico.

“Nemmeno Gesù perdonerebbe mai quello che fate” (Bob Dylan)

Forse il Medio Oriente è così a ferro e fuoco dall’11 settembre 2001, forse da prima, non lo so, io avevo quattro anni quando sono cadute le due torri, sette quando è uscito il documentario di Michael Moore Fahreneit 9/11. Ci hanno insegnato a odiare la sharia, non si sono risparmiati di indurci timore quando potevano. Per sempre impresso nella mia mente ci sarà quel video brutale di un piccolo cagnolino tenuto per la coppa da talebani e lanciato giù per un burrone; i tg mandarono a ripetizione quell’episodio di violenza sadica e senza scopo. Grazie a dio, ho degli amici giovani che mi fanno conoscere l’Islam e a volte li chiamo al telefono.

Tanti si sono sognati di passare una sfrenata serata d’amore in due dentro le mura di un supermercato chiuso al pubblico dopo l’orario di chiusura. Le corse romantiche tra gli scaffali, mettere musica su tutti gli altoparlanti, nuotare nelle riserve di caramelle. Dagli anni ’50 in poi – in Italia è stato Rockefeller a mettere il primo seme – è cresciuto il mito del supermercato a discapito delle filiere agricole e, talvolta, della qualità del prodotto. Noi non abbiamo fatto in tempo a vedere un mondo diverso da questo; la tradizione si è consolidata grazie alle promozioni, il 3×2, il 24/7, i coupon, i premi a punti, la tessera fedeltà. E quei prodotti esposti in bella vista alla cassa, i cosiddetti prodotti civetta, veloci da prendere, a cui non si era pensato prima, ma che tutto d’un tratto appaiono indispensabili e magari costano caro. Alcuni luoghi sono cambiati, ma le modalità di consumo sono le stesse. La stessa tecnica ce la troviamo negli store digitali, nelle vendite online. Scarichiamo, usufruiamo, paghiamo per applicazioni civetta che ci appaiono nelle notifiche. Viviamo in una realtà virtuale che ci pare nuova ma che è estremamente strutturata dopo anni di esperimenti che sono arrivati a monetizzare il nostro svacco, il nostro scazzo online. Fior fiore di aziende fanno rapporti e studi sui nostri consumi per indirizzare i clienti a carpire i nostri desideri. Ho fatto anche io un’indagine di marketing l’altro giorno. Ho chiamato due amici e gli ho chiesto in che piattaforma ascoltavano musica e se guardavano i talent show, loro mi han dato la stessa risposta e ne ho dedotto che siamo un branco di omologati. Non possiamo mica essere ossessionati come alcuni coetanei che depistano gli algoritmi mettendo mi piace falsati e facendo ricerche strampalate. 

Quella storica pubblicità “la pirateria è un reato!” con colonna sonora pseudo-punk che si riproduceva automaticamente all’inizio dei film in dvd non è giunta in tempo per noi perché il dvd era già bello che agli sgoccioli. Lo streaming si è presentato al grande pubblico giovanile come un atto tollerato e utile a diffondere uguaglianza (anche se “la pirateria è un reato!”), con alla base un principio di lotta di classe per cui chiunque poteva avere accesso gratuito ai film, previo acquisto di un computer, che non avere è come non avere le scarpe. Poi sono arrivate le piattaforme digitali che hanno istituzionalizzato quel modo di guardare, ascoltare, streammare.

“Il regime neoliberale non è repressivo, è seduttivo” (Donatella Di Cesare)

E ci siamo fatti sedurre.  

Ancora troppo piccoli per entrare nei ministeri, agiamo dentro un palcoscenico disegnato su misura. Noi l’abbiamo preso senza chiedere, come quando si prendono i soldi ai genitori con la leggerezza di non doverli restituire. Lo abbiamo vissuto, codificato, ci siamo portati dietro i problemi atavici della società: (cyber)-machismo, (cyber)-bullismo, (cyber)-apparenza, (cyber)-eccetera. Il mondo non ha fatto nessun passo in avanti, in indietro, forse li di lato. Sapevate che avremmo smesso di imparare le poesie a memoria, come scongiurava Calvino, e avremmo delegato la nostra capacità di ricordare al virtuale?  Ci siamo messi in mostra, abbiamo allargato il nostro bacino di utenti, non c’è niente di male.

Su questa piazza, la grande Piazza Maggiore, la piazza di Francesco Guccini, Lucio Dalla, Claudio Lolli, … diventata la piazza dell’Italia intera; bene, su questa piazza oggi, non sembra più succedere alcunché” ammoniva Tondelli nell’86. I luoghi fisici hanno ancora un fascino e un potere? E i dialetti? Certo. Come, per sommi capi, poteva esistere il ’77 bolognese, esiste oggi il ’20 milanese, il ’20 genovese, il ’20 barese, il ’20 ecc. Anche se abitate a Castelfranco Emilia, specialmente a Castelfranco Emilia, esisterà il ’20 castelfranchemilianese, nella Castelfranco Emilia storica fantasticamente immaginata da… [aggiungi il tuo nome].

Ogni generazione cerca un ordine preferibile all’ordine costituito, alcune con più ardore di altre. In un sistema competitivo e impari non abbiamo smesso di sognare, diciamo di no, rifiutiamo senza rinunciare, perché diciamo di sì ad altro, a qualcosa di nuovo. Abbiamo visto all’opera l’esercito Anonymous. Abbiamo ammirato Julian Assange, Edward Snowden, e una flotta di giovani si sono messi a imitarli, si sono creati nickname e in questo momento tramano attraverso viadotti informatici. Abbiamo riso quando Banksy è riuscito a tritare tramite un sofisticato marchingegno una tela appena venduta all’asta. Non mi stupirei se qualcuno volesse riprodurre lo schema con la Monna Lisa, e chi sa che poi il suo valore non salga del doppio. Tutte le proteste che portiamo sulle spalle prendono spunto da libri non scritti da noi: H. Arendt, A. Camus, J.Baldwin, J.Bareth, H. D. Thoreau, e via dicendo. È vero che attraverso l’imitazione diventiamo ciò che siamo. Tuttavia non tutto si può riprodurre e molto va creato da zero. Noi non siamo stati guastati come i giovani di Niente di nuovo sul fronte occidentale, non abbiamo smesso di credere al progresso per credere alla guerra. Noi siamo cresciuti nel benessere. Nel mezzo di una crisi migratoria che durerà per decenni, siamo naturalmente predisposti al nomadismo, al viaggio, al backpacking, al couchsurfing, al busking, all’autostop. 

Bucharest a 9,90€

Sofia a 9,90€

Budapest a 9,90€

Vienna a 9,90€

Atene a 9,90€

Danzica a 9,90€

Eindhoven a 9,90€

Fuerteventura a 9,90€

Londra a 9,90€

Luxembourg a 9,90€

Marrakech a 9,90€

Palermo a 9,90€

Riga a 9,90€

Tenerife a 9,90€

Porto a 9,90€

Lisbon a 9,90€

Cracovia a 9,90€

L’idea di nazioni antitetiche con distanze culturali insuperabili si sta frantumando. E in un’era post-ideologica e transnazionale, l’intolleranza alle ingiustizie non si ferma ai colori politici ed è totalizzante. Le manifestazioni sono tornate ad alzare i decibel. What do we want: Justice. When do we want: Now. Si vorrebbe stravolgere il sistema produttivo inquinante, si vorrebbe di nuovo un’utopia. La conoscenza, in formato compresso, fa il giro dei social, infiamma le coscienze e crea fratellanza. Se i singoli, divisi da una spietata competizione, non si solidarizzano e non si stringono a moltitudine, ora accade il contrario. In gioventù una buona notizia è una buona notizia per tutti. Quando il ventiseienne Osborne ebbe un successo improvviso e strepitoso con l’iconica pièce Don’t Look Back in Anger, centinaia e centinaia di giovani iniziarono a scrivere per il teatro. L’entusiasmo generazionale dilaga come una peste: È possibile, Ce l’abbiamo fatta, Coraggio, È possibile!. La voglia di esagerare, di rischiare, di osare sarà la chiave, che solo noi possediamo, e che porterà al brave new world. Faremo tutto quello che è nei nostri mezzi per abbattere l’oppressione e tornare a quell’età dell’oro in cui, come recita il Don Chisciotte, i cavalieri erranti non servivano neppure perché le donne e i bambini potevano camminare per strada senza pericoli.

“Non ci sono scuse convincenti per il malessere contemporaneo” (dichiarazione di Port Huron)

Jonathan Safran Foer avvisa che dovremmo tornare allo stile di vita dei padri, o addirittura dei padri dei padri, per riuscire a salvare il pianeta in cerca di una alimentazione diversa, di ridurre i voli aerei e popolazione. Il parroco di provincia durante l’omelia invita a fare figli e combattere la ridotta natalità. Gli scienziati dicono che è meglio di no. Chi seguiremo? Ce lo dirà Boyan Slat. 

Se infine devo pensare a come sarà il futuro non posso che pensare a te, mio lettore. Non ti ho dimenticato mentre parlavo dei coetanei, rimani tu il punto di riferimento. Io voglio diventare tuo amico, so che potremmo aiutarci a vicenda. Anche se sei curioso di vedere quali dei nostri sogni diventeranno realtà, è impossibile saperlo presto, perché superare i gap generazionali significa fare un salto nel vuoto. Essere pessimista o ottimista poco conta, bisogna solo prendere atto che qualcosa di diverso avverrà. Io per esempio ho immaginato che nel futuro ci saranno pochi matrimoni in chiesa e tanti funerali laici, pensati come celebrazioni festose della vita e del ricordo del defunto, con saltimbanchi, giocolieri, musicanti a cui sono invitati sconosciuti, accattoni e giullari. Chi vivrà vedrà. Può vincere la miseria, la negligenza e l’inettitudine e tutto può rivelarsi un fuoco di paglia. Quello che però posso dirti con certezza è anche quando noi non saremo più giovani e diventeremo vecchi, la partita non si chiuderà e avremo una seconda chance. Come? La gioventù viene una volta sola, e passa in fretta. Ma verrà un giorno in cui gli attuali figli diventeranno madri e padri come voi. I loro figli saranno a fare astrazioni, a puntare il dito, parleranno altre lingue, saranno preda dalla disperazione. Dall’alto delle loro nuove istituzioni però le madri e i padri potranno scegliere di avvicinarsi ai ragazzini e legittimarli, supportarli, guidarli, prendersi la colpa, rimproverarli. È questa che io chiamo seconda chance. Ed è esattamente quello che immaginino stia succedendo a te, mio lettore.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]