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lunedì, Mar 29

Cina, aziende sotto attacco per aver denunciato il caso uiguri



Da Wired.it :

Da H&m a Nike, in Cina scatta il boicottaggio contro i marchi che prendono posizione contro le violenze in atto nello Xinjiang

Cotone Foto di bobbycrim da Pixabay
Cotone Foto di bobbycrim da Pixabay

Una campagna di boicottaggio accompagnata da un’ampia propaganda comunista, si è dispiegata in Cina contro diversi brand occidentali di abbigliamento, come H&m, Nike, Adidas e tanti altri sullo sfondo di un contenzioso diplomatico di più vasta scala. Che i colloqui di Anchorage fra Washington e Pechino non siano andati nel migliore dei modi, lo testimonia lo scambio reciproco di sanzioni avviato dall’occidente per la questione uigura. Stati Uniti, Canada, Regno Unito ed Unione europea hanno imposto il congelamento di beni e i divieto d’accesso a cinque funzionari e un’ente pubblico cinese accusati di essere coinvolti in attività di repressione nello Xinjiang, provincia interna della Cina, ai danni della minoranza musulmana degli uiguri.

Diversi report indicano che nella regione ci sono campi di lavoro forzato dove gli uiguri sono costretti a raccogliere cotone, in condizioni che violano i diritti umani. Così, mentre la Cina rispondeva con sanzioni similari alle potenze occidentali, è stata riesumata dal web una dichiarazione senza data di H&m, in cui la multinazionale svedese si diceva “profondamente preoccupata” per le notizie riguardanti sfruttamento e discriminazione di minoranze nella regione. Per tutta risposta, la Lega dei giovani comunisti cinese ha risposto con un post al vetriolo su Weibo, un social network di microblogging: “Volete fare soldi in Cina diffondendo false dicerie e boicottando il cotone dello Xinjiang? Pia illusione”.

Da allora è iniziato un secco giro di vite sui negozi di H&m nella regione: sono spariti dalle mappe di Apple e Baidu, gli articoli in vendita sono stati rimossi dall’ecommerce di Alibaba e sei store fisici sono stati chiusi in altrettante città. Con il 5,2% delle vendite e 505 negozi la Cina è per H&m il quarto maggior mercato, dopo Germania, Stati Uniti e Regno Unito. La dichiarazione è stata rimossa venerdì dal sito di H&m, ma resta attivo un link che rimanda a un contenuto simile, secondo Bloomberg. E c’è un precedente che non incoraggia: la catena sudcoreana Lotte fu costretta a ritirarsi dalla Cina dopo una campagna di boicottaggio in una fase di tensioni con Seul.

I brand occidentali devono ora risolvere un dilemma: impegnarsi a non utilizzare cotone dello Xinjiang, come ha promesso Nike, oppure non rinunciare al secondo mercato più grande del mondo? Vale da esempio il caso Hugo Boss: la casa di moda tedesca ha dapprima dichiarato su Weibo di voler continuare a comprare la materia prima tessile da quella regione, per poi rimuovere il post “non autorizzato”, affermando di non tollerare il lavoro forzato nella sua filiera, riporta Bloomberg. Più in generale, sono finiti nell’occhio del ciclone cinese i brand che fanno parte della Better Cotton Initiative (Bci), programma non-profit per la sostenibilità del cotone nel mondo che include tra gli altri New Balance, Burberry, Puma e Tommy Hilfiger, spiega Bbc.

In un post rimosso di ottobre, di cui qualcuno si è premurato di fare la copia cache, Bci annunciava di non voler più dare la licenza al cotone dello Xinjiang per le condizioni di lavoro nella regione autonoma, dove avrebbe sospeso le proprie attività. Per ritorsione, il Quotidiano del Popolo, organo di stampa del partito, ha esplicitamente indicato i brand da boicottare. Diverse celebrità cinesi hanno quindi rescisso i contratti, con questi e altri brand come Converse, Calvin Klein e Uniqlo.

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[Fonte Wired.it]