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giovedì, Nov 18

Cina, perché i colossi digitali si stanno buttando sui chip



Da Wired.it :

Il segnale è stato recepito. In Cina i colossi del digitale hanno prima osato forse troppo, alzando la testa sopra la sottile linea rossa oltre la quale arricchirsi non è più glorioso, ma pericoloso. Poi sono stati costretti ad abbassarla. Lo hanno fatto, perdendoci tanti soldi e anche parte dei loro affari e del loro potere “negoziale”, derivante anche (o in alcuni casi soprattutto) dal controllo di un’enorme mole di dati. Ora piano piano la stanno rialzando, ma quella linea rossa da sottile è diventata molto più spessa. E anche per i giganti è stato chiarito quanto sia importante stare in riga.

Poco più di un anno fa le autorità regolatorie cinesi bloccavano la storica quotazione in borsa di Ant Group, il braccio finanziario di Alibaba. 31,4 miliardi di euro e l’Ipo più ricca della storia non hanno fatto tentennare il governo, anzi l’hanno probabilmente convinto ancora di più ad agire. Jack Ma, che aveva parlato di “mentalità da banco dei pegni” in riferimento alle politiche finanziarie delle banche cinesi, doveva essere colpito. Non tanto per educarne altri cento, ma per colpirli. Come si è capito in seguito, quello di Ma non era un caso isolato, bensì il segnale di un trend ancora in atto: la stretta normativa e legale nei confronti delle grandi aziende private, specialmente digitali.

I motivi dietro la stretta di Pechino alle big tech

Obiettivo: impedire che qualcuno possa pensare che da centro di potere economico-finanziario si possa potenzialmente diventare portatori di istanze dall’afflato politico-sociale. E, allo stesso tempo, togliere il libero accesso al “nuovo petrolio“. I dati, appunto. Il tutto sotto l’ombrello della narrativa della “prosperità comune“, con la quale Pechino sta ottenendo una serie di risultati “popolari”: applicazione più severa delle regole antitrust e contrasto all’abuso di posizioni dominanti, introduzione di leggi su privacy e protezione dei dati personali, negazione del modello “996” cresciuto all’ombra di colossi come Alibaba e funzionale per lungo tempo a spingere l’innovazione ambita dalla Cina.

Ora, come si suol dire, la musica è cambiata. Negli scorsi mesi Alibaba è stata colpita da una multa da 2,3 miliardi di dollari per abuso di posizione dominante, Ma ha visto il proprio patrimonio assottigliarsi di circa 14 miliardi di dollari (mantenendone comunque oltre 40). Tutti i giganti hanno perso una imponente fetta del proprio valore di mercato. Ma ora stanno ripartendo. Dietro non c’è solo una riabilitazione-premio per aver chinato la testa e mostrato di aver compreso la lezione. No, ci sono anche calcoli strategici.

Alibaba e Tencent si buttano sui semiconduttori

I giganti digitali hanno capito di doversi lanciare su settori considerati cruciali dal Partito, comparti strategici attraverso i quali non passano solo capitali e opportunità economiche, ma anche obiettivi politici di più vasta portata. È il caso dei semiconduttori. Gli Stati Uniti stanno cercando di escludere Pechino dalle catene di approvvigionamento, col placet dei partner europei e asiatici. In mezzo ci sono i big taiwanesi, leader mondiali di fabbricazione e assemblaggio di wafer di semiconduttori. 



[Fonte Wired.it]