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martedì, Mar 03

Cina, uiguri sfruttati nelle fabbriche che servono le multinazionali



Da Wired.it :

La minoranza etnica già al centro di campagne di repressione viene costretta dal governo a lavorare per i fornitori di Apple e Nike

Cina
(foto: Getty Images News)

Alcuni fornitori cinesi di grossi marchi internazionali come Nike, Apple, Volkswagen hanno utilizzato nei loro stabilimenti operai uiguri su ordine di Pechino. È quanto emerge da una recente inchiesta pubblicata dal centro studi Australian strategic policy institute (Aspi) e dal Washington Post. Dall’indagine emerge che tra il 2017 e il 2019 oltre 80mila uiguri, l’etnia di religione musulmana che vive principalmente nella regione autonoma dello Xinjiang in Cina, sono stati obbligati dallo stato a lasciare le loro case e a lavorare in fabbriche di diverse regioni del Paese di mezzo.

Secondo Aspi i trasferimenti forzati nelle fabbriche lontane dalla regione di provenienza, e nelle quali i lavoratori vivono rinchiusi, sottopagati e senza poter uscire, rappresentano una nuova fase della strategia di repressione adottata da Pechino contro questa minoranza. In sostanza, queste fabbriche sembrano funzionare come dei “campi di lavoro” in cui le persone trasferite sono sorvegliate costantemente da un apparato di controllo direttamente gestito dalle autorità.

E il problema principale è che molte di queste fabbriche appartengono ad aziende che forniscono materiali e prodotti ad alcune grandi multinazionali, che vanno dalla tecnologia all’abbigliamento fino all’automotive. Complessivamente dal 2017 in nove province cinesi circa 27 fabbriche che lavorano per oltre 83 marchi internazionali hanno impiegato lavoratori uiguri inseriti nei programmi governativi di trasferimento forzato.

Tra i casi analizzati più nel dettaglio c’è quello di Taekwang Shoes Co. limited, impianto collocato a Laixi City e di proprietà della conglomerata sudcoreana Taekwang, in cui al mese scorso risultano impiegati 600 uiguri trasferiti dalla regione dello Xinjiang. L’azienda è tra i fornitori di Nike, che fa sapere di essere “impegnata a far rispettare gli standard di lavoro a livello globale” e che ai fornitori è “strettamente proibito utilizzare ogni forma di lavoro obbligatorio, forzato o in condizioni di prigionia”, come ha spiegato la portavoce dell’azienda americana Sandra Carreon-John al Washington Post.

Da parte loro, anche le altre aziende fanno sapere di applicare rigidi protocolli riguardo al rispetto dei diritti umani anche sulla filiera produttiva e sui lavoratori di terze parti e di essere al lavoro per far luce sull’accaduto. Apple, per esempio, precisa che l’azienda “lavora a stretto contatto con i fornitori per far rispettare i suoi alti standard di lavoro” e da parte di Volkswagen si sottolinea che nessuna delle fabbriche citate è un “diretto fornitore” della casa tedesca.

Contro gli uiguri Pechino porta avanti da anni una politica di repressione. Proprio per questa ragione lo scorso dicembre il Parlamento europeo ha imposto la chiusura, per gravi violazioni dei diritti umani, dei cosiddetti “campi di rieducazione” che la Repubblica Popolare ha aperto proprio nella regione dello Xinjiang e da cui sono passate oltre un milione di persone. All’interno di questi campi Pechino ha messo in atto pratiche vessatorie e di controllo attraverso tecnologie di riconoscimento facciale e sistemi di sorveglianza continua, estese poi a tutta la regione nel nord-ovest della Cina fino ad arrivare anche alla raccolta di campioni di dna e di impronte digitali dei rappresentati della minoranza etnica.

 

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[Fonte Wired.it]