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venerdì, Lug 10

Clean, il romanzo di Cooper sulla pandemia scritto prima della pandemia



Da Wired.it :

L’autore della Biblioteca dei morti esce con un nuovo thriller oscuramente profetico: un virus che blinda i ricordi precipita il pianeta nel caos

Se questo romanzo fosse uscito un anno fa, le dinamiche umane, sociali e politiche legate alla gestione di una pandemia presenti nella trama sarebbero state oscure ai più. Ci saremmo immaginati uno scenario alla Michael Crichton o alla Dean Koontz, e alcuni – ne sono certo – avrebbero anche saltato le parti più “tecniche”, legate a questa o quella pratica di laboratorio.
Invece esce oggi, con tutto quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Con tutto quello che sappiamo, che abbiamo imparato, con le diatribe tra scienziati, le prassi consigliate o imposte, i decreti, le chiusure totali e i prematuri ritorni alla normalità. Quindi oggi quei capoversi su virus, terapie geniche e studi su possibili vaccini li leggiamo eccome, parola per parola. Sappiamo di cosa si parla, anche se non si tratta del nostro specifico ambito di competenza. Siamo curiosi di sapere, perché la fantascienza (o fantamedicina) è diventata, d’un tratto, cruda realtà. La nostra realtà.

Pertanto, direte, Glenn Cooper ha colto la palla al balzo e ha scritto un instant book su una pandemia dalle diverse caratteristiche, giocando sulla forte sensibilità dei lettori rispetto al tema, in questo momento storico. Niente di più sbagliato! Il romanzo nasce ben prima del nostro virus. Eppure parla proprio di un virus. Viene consegnato all’editore Nord quando ancora qui si andava allo stadio in tutta serenità, si affollavano le piazze, ci si schiacciava come sardine sui treni regionali. Prendete le prime cento pagine di Clean, e vi sembrerà che l’autore lo abbia scritto tra marzo e aprile del 2020. Allora Glenn Cooper è un veggente? No, ovviamente. È solo un grande autore. E i grandi autori vedono sempre un passo più in là. Così come non ci si stupisce che Bill Gates possa prevedere, nell’arco di qualche anno, che la minaccia più insidiosa per il genere umano sia lo scoppio di una pandemia globale, l’autore di razza immagina e dipinge scenari credibili, ci porta in una realtà possibile, che poi – per pura coincidenza – avrà quasi i contorni del mondo in cui stiamo per vivere.

C’era voluto così poco per sprofondare nel caos; c’era voluto così poco perché il tessuto sociale si sfaldasse. Le cose sarebbero mai tornate come prima?
Glenn non poteva saperlo prima di scrivere questo romanzo, ma neanche Jules Verne poteva prevedere il momento in cui qualcuno avrebbe inventato un sottomarino. Lui, nella sua mente, l’aveva già visto… cent’anni prima. E così Clarke con i quotidiani online o i dispositivi portatili, e così William Gibson con gli hacker quando – erano gli anni Ottanta – sapevamo ancora pochissimo perfino dei computer. E Huxley? E Orwell?

Ma veniamo, senza rischiare in alcun modo di rovinare la lettura per via di spiacevoli spoiler, a questo Tabula Rasa. O Clean, se vogliamo rifarci al titolo originale dell’opera. Perché qui, sotto attacco, è la nostra memoria. Il meccanismo inventato da Cooper prevede un destino curioso e inquietante per la razza umana: quello di perdere ogni ricordo, a eccezione di quelli conservati nella memoria procedurale (allacciarsi le scarpe, andare in bagno, guidare, sono tutte attività che – una volta apprese e consolidate – svolgiamo anche senza prestare attenzione, senza quasi renderci conto che le stiamo compiendo). E siccome “scrivi di quello che conosci” è sempre uno dei consigli più validi, l’autore ci prende per mano e ci porta nei centri di ricerca, negli ospedali e nelle strutture divenute teatri di un’imprevedibile apocalisse, ma non solo. Ci mostra operazioni improvvisate con mezzi di fortuna degne di Lost, diagnosi fatte al volo sotto la minaccia di un’arma da fuoco, esperimenti che prendono una pessima piega e corse contro il tempo per un estremo tentativo di trovare una cura. E lo fa con una competenza invidiabile, perché qui siamo al cospetto di un autore con una laurea in archeologia e una in medicina, già presidente di compagnie in ambito biotecnologico e farmaceutico.

Ma Clean non è un saggio di medicina. È uno straordinario romanzo d’azione con risvolti filosofici sulla natura umana, sulla ridefinizione di ciò che è giusto o sbagliato quando crollano le impalcature sociali e l’intero pianeta diventa una landa selvaggia dove torna a vigere la legge del più forte (e anche del più fortunato, in questo caso, visto che un quinto della popolazione è naturalmente immune al virus scoppiato ovunque).

“Se perdiamo la nostra umanità, perdiamo tutto”.
“Se moriamo di fame, perdiamo tutto.”

Questo romanzo ci presenta uno dei protagonisti più riusciti di Cooper, il dottor Jamie Abbott, e una serie di antagonisti senza scrupoli con la loro peculiare visione degli eventi, gente per cui la pandemia rappresenta un’occasione più unica che rara di ricostruire la società dalle ceneri e di autonominarsi governatori di questo nuovo ordine. Ma soprattutto, Clean è intrattenimento allo stato puro: un volume difficile da mettere giù perché ogni capitolo (come solo i narratori più abili sanno fare) ci lascia con un cliffhanger finale capace di costringere il lettore a girare pagina e pensare “e va bene, giusto un altro”. È così che 543 pagine si volatilizzano con impressionante rapidità. Facile, no?

No. Come non è facile prevedere lo scoppio di una pandemia globale e saperne descrivere gli sviluppi, se non si è del mestiere. Come non è facile essere, da anni, uno degli autori più amati dal pubblico italiano. E chissà se il caro Glenn, abituato a presentare i suoi romanzi con appositi tour nel nostro Paese (è perfino cittadino onorario di Solofra, comune campano in provincia di Avellino), non ha trovato assurdo che a impedirgli di partire, questa volta, sia stato proprio un virus pandemico. Come se il futuro si fosse voluto vendicare contro chi ha avuto l’ardire di predirlo. Perché c’è sempre un prezzo da pagare, quando si gioca coi destini terreni, e tra le pagine di questo libro non mancheranno le merci di scambio.

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[Fonte Wired.it]