Come raccontato da Thelma Schoonmaker, storica montatrice di Scorsese, il regista impose che ogni canzone presente nel film dovesse essere diegetica, quindi riprodotta nello stesso momento in cui l’azione si fosse svolta, aiutando così a localizzare il pubblico in un momento e in un luogo ben delineato. “Marty sapeva fin dal principio che musica avrebbe voluto utilizzare, tanto da aver composto mentalmente una sinfonia continua che si potesse raffigurare con ogni sequenza riprodotta nello storyboard”.
La colonna sonora come macchina del tempo
La supervisione musicale fu così meticolosa da richiedere assiduamente che la musica fosse riprodotta direttamente sul set in modo da poter sincronizzare perfettamente la scena con il ritmo sonoro. Infatti osservando determinate sequenze, ormai passate alla storia, si ha la perfetta sensazione che ogni movimento di macchina, così come nel comportamento degli stessi attori, fosse figlio diretto di ciò che la musica dettava.
Come analizza Elisabeth Nelson su The Ringer, il lavoro musicalmente mastodontico di Martin Scorsese per Quei bravi ragazzi, composto da ben 123 brani, fu l’essenza stessa del film. Scorsese affascinato dal romanzo di Nicholas Pileggi, Il delitto paga bene, capace di fornire una rappresentazione così vivida e autentica di cosa significasse far parte di quel mondo, ripose nella colonna sonora l’ultimo baluardo di umanità che questi apparenti uomini d’onore potessero nascondere nel loro animo.
Ray Liotta, alias Henry Hill, racconta con snervante tranquillità l’innumerevole serie di avvenimenti che porteranno alla sua conseguente fine, ma l’aspetto romantico, umano, viene enfatizzato proprio dalla stessa musica. Dall’iconografica metafora iniziale affidata a Tony Bennett, all’utilizzo della coda finale di un classico come Layla, la colonna sonora agisce come indagine ombra della musica popolare americana mentre gradualmente dagli allegri inni giovanili dei primi anni 60, di apparente pace e amore, si evolveva verso la violenza più esacerbante degli anni 70.
In questa apparente linea narrativa parallela, Scorsese riuscì a definire il percorso distruttivo della mafia italoamericana facendo si che la musica ne diventasse la metafora perfetta. La colonna sonora ricorre così ai tre principi della vita malavitosa di Henry Hill: l’innamoramento, mostrato dalle classiche love songs degli anni 50; lo stile rock and roll di una nuova vita sfarzosa e intrepida, fino all’assenza della stessa musica. Il silenzio del carcere, la fine del suo sogno americano.



