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venerdì, Ott 25

Com’è Pennyworth, la serie dedicata alla storia del maggiordomo di Batman


La storia narra la gioventù dell’ex soldato britannico e guardiano di Bruce Wayne: un’ucronia dark della Swinging London iconograficamente seducente, ma la cui trama tarda a ingranare

È di moda da qualche tempo l’ucronia, ovvero l’ambientazione in una versione alternativa della storia. Si inserisce in questo solco anche Pennyworth, period, spy story e action prodotto da Bruno Heller e Danny Cannon di Gotham (a sua volta un’ucronia), e visibile dal 25 ottobre sul servizio streaming on demand Starzplay. Come per The Man in the High Castle, Watchmen o l’imminente For All Mankind, il protagonista – un giovane maggiordomo Alfred, direttamente dall’universo Dc Comics – abita e si muove in una Londra degli anni Sessanta decisamente più violenta (i condannati a morte vengono eviscerati nella pubblica piazza) e ambigua.

Pennyworth è una sorta di prequel e origin story del protagonista eponimo: appena congedato dopo una carriera militare decennale, questo veterano ventiseienne convive con i traumi della guerra e cerca di farsi una vita come titolare di un’agenzia di sicurezza. Nel frattempo, sbarca il lunario come buttafuori di un club per adulti e frequenta una delle ballerine del locale, Esme. La serie descrive il primo incontro tra l’inglese e Thomas Wayne (il papà di Bruce), qui agente segreto della Cia che spera di sventare – con l’aiuto proprio dell’ex soldato – i piani di una cospirazione volta a rovesciare il governo britannico.

Le premesse sono sufficienti per destare l’interesse, le atmosfere intrigano – specialmente se si è anglofili – Heller sfrutta questa insana passione sviluppata dagli americani grazie al canale statunitense Pbs (che ha lanciato serie britanniche di mostruoso successo negli Usa come Downton Abbey e Sherlock) instillando nei cittadini del Nuovo mondo un debole per l’accento e le atmosfere britanniche. La Londra di Pennyworth è esattamente come persiste nell’immaginario dello straniero che ha sognata di vivere nella Swinging London: popolata di donne dalla cadenza posh e dal look da cartolina, immersa nella musica e nella nebbia. Per tutti gli altri che non subiscono il fascino di Albione (e guardano le serie doppiate) Pennyworth offre una spy story violenta dai toni adulti, tutta incentrata sul protagonista interpretato dal bravo Jack Bannon (I Medici), ex membro della Sas (Corpo speciale dell’esercito); cercando di non notare il fatto che sia identico al nipotino dei Munsters, si riconoscono un discreto carisma del personaggio e il talento del suo interprete, un buono governato da uno spietato senso della vendetta e con un lato oscuro e “animalesco” (definizione sua) che lo spinge a fare la cosa giusta con mezzi illeciti.

Il fascino di Pennyworth si azzera accanto alla fidanzata Esme, una delle figure più scialbe dello show (fa il paio con Bazza, l’ex commilitone dalla personalità inesistente). Thomas Wayne e Martha Kane (la madre di Bruce) sono personaggi altrettanto insipidi: il punto forte della serie è costituito, così come per Gotham, dai villain, a partire dalla sociopatica Bet Sykes (Paloma Faith), tirapiedi del losco Lord Harwood (Jason Flemyng) che sviluppa una singolare ossessione per la promessa sposa di Alfred, Esme. Lo stesso vale per il citato Harwood, membro della cospiratrice Raven Society, il quale va incontro a una cruenta evoluzione personale che fa da pretesto per mostrare il lato più agghiacciante dei servizi segreti britannici, famosi per avere la mano pesantissima con i nemici della Corona.

Heller è uno che predilige le atmosfere alla storia, così come i personaggi all’azione (che pure c’è, ma è ben poco credibile, specialmente quando assistiamo ai piani di fuga impossibili di Alfred & co.). La confezione di Pennyworth è terribilmente suggestiva e iconograficamente seducente, ma la trama fatica a ingranare e man mano che la prima stagione, composta di dieci episodi, procede, assume toni sempre più surreali: a volte esilaranti (i compassati genitori del protagonista sono in realtà due selvaggi e violenti hooligan), a volte ridicoli (Alfred, perdonate lo spoiler, che impalma la Regina…). In sintesi il risultato finale è spiazzante: lo show, cucito addosso agli estimatori dei comics Dc e a chi subisce il fascino delle atmosfere britanniche, rischia di deludere entrambi a causa della sua buona forma ma (molto) meno buona sostanza. Confidiamo che Heller abbia solo bisogno di più tempo per ingranare.

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