Da Wired.it :
Il Rapporto Coop mostra luci e ombre del rapporto degli italiani con smart working, ecommerce e tecnologia dopo la pandemia
Da mesi ci stiamo chiedendo come la pandemia abbia impattato sul processo di digitalizzazione dell’Italia. La necessità di cambiare abitudini ricorrendo all’aiuto della tecnologia – sul lavoro, in famiglia, negli acquisti – in modo repentino e a scossoni, e quindi non con un percorso graduale, che lascito ha? È indubbio che si siano velocizzate dinamiche che erano già in essere.
Lo smart working è cresciuto del +770% rispetto a un anno fa, l’e-grocery (la vendita di frutta e verdura online) del +132% e la digitalizzazione a tappe forzate delle attività professionali, come lavoro, didattica, servizi, sanità, ha generato una crescita stimata di questo segmento di mercato pari a circa 3 miliardi tra 2020 e 2021. Sono i dati che emergono dal Rapporto Coop 2020, redatto dall’Ufficio studi dell’Associazione nazionale delle cooperative di consumatori (Ancc) e della catena della grande distribuzione Coop. Lo studio quest’anno analizza gli effetti della pandemia sul comportamento degli italiani.
Effetti che sono stati, come era prevedibile, profondi e trasversali. E, soprattutto sul fronte del digitale, hanno riconsegnato risvolti a luci e ombre. Spiega Albino Russo, direttore generale Ancc-Coop, che “il 64% degli italiani con figli che frequentano la scuola, ritengono che i docenti dopo tutti questi mesi di didattica a distanza non siano tuttora pronti a portarla avanti adeguatamente. E – questa è la novità – nemmeno i loro stessi figli lo sono, nonostante siano nativi digitali”. Sempre nel rapporto viene spiegato che negli ultimi mesi sono aumentati i disagi psichici e sociali a svantaggio delle fasce deboli. I ragazzi iperconnessi che sono a rischio hikikomori (una forma estrema di isolamento) salgono nei primi sei mesi dell’anno del 250%, fino a toccare quota 1 milione.
Lo smart working
Grande protagonista di questo periodo è ovviamente lo smart working ma, anche qui, presenta facce diverse. “Siamo passati da meno di 600mila persone che lo facevano nel 2019 a una previsione di 3,3 milioni di persone per il 2021. Ma dalle nostre interviste, è emerso che non sia per tutti. E che anzi rischia di aprire nuove differenze sociali”, dice Russo. Se potessero decidere in autonomia, gli italiani che in futuro farebbero smartowrking tutti i giorni sono il 31%, solo qualche giorno alla settimana o al mese il 58%, mentre un 12% non lo farebbe del tutto.
Pesa, soprattutto per le donne, la difficoltà di concentrazione in casa per la presenza di altre persone (31% contro il 18% degli uomini), ma anche non aver ricevuto una formazione informatica specifica (anche qui, fanno peggio le donne con il 20%, mentre gli uomini si fermano al 7%). E poi c’è il tema, comune a entrambi i generi, dell’aumento delle ore di lavoro.
I nuovi comportamenti legati al digitale
Gli acquisti virtuali crescono e mantengono gli ottimi risultati raggiunti durante il lockdown: l’incremento delle vendite online tra il 2019 e il 2020 è stato del 26%. L’Italia del balzo in avanti digitale si vede anche in altri ambiti: 1 cittadino su 3 vorrebbe richiedere l’identità digitale Spid e in molti sognano città smart che siano più sostenibili dal punto di vista ambientale (68%) e con una migliore qualità dei servizi urbani (64%). Uno su 5 pensa di usare canali digitali per comunicare con il proprio medico in futuro e uno su 3 vorrebbe sperimentare una tele-visita.
Per quanto riguarda la spesa, “dopo il boom di marzo e aprile, non accenna a diminuire nemmeno la corsa al cibo acquistato online. A fianco dell’ecommerce puro però gli italiani sembrano voler optare per soluzioni miste”, spiega Russo. Il click & collect per esempio passa dal 7,2% delle vendite online del 2019 al 15,6% nella fase successiva alla pandemia. Si aggiunga il fatto che gli italiani non riescono a rinunciare al consiglio che può dare il commesso e quindi continuano a frequentare con piacere i negozi fisici.
In ogni caso, a costituire un deterrente per l’online è il caro prezzo: +25% rispetto al carrello fisico (marzo-giugno 2020). In realtà il divario di prezzo è diminuito rispetto al 2019, quando si attestava su un +35%, ma comunque tale da far sì che la spesa digitale sia un’abitudine diffusa tra le famiglie con redditi medio alti. Si passa dal 39% dei ceti popolari al 53% del ceto alto.
La sostenibilità
Mobilità e cibo sono due dei settori più investiti dalla tematica della sostenibilità. Nel rapporto si legge come il 27% dei manager intervistati dichiari che la mobilità dolce, a piedi, in monopattino, in bicicletta, sarà la tendenza che caratterizzerà in positivo la società italiana nei prossimi 3/5 anni.
L’attenzione all’ambiente si manifesta soprattutto quando si deve riempire il carrello della spesa: il 27% degli italiani acquista più prodotti sostenibili rispetto al pre-Covid. Il 21% ha aumentato gli acquisti in punti vendita che promuovono prodotti sostenibili e il 20% acquista di più da aziende che operano nel rispetto dei lavoratori. Infine, 1,7 milioni di italiani sperimenteranno gli acquisti green per la prima volta a emergenza finita.
La sfida ora è quella di proporre a scaffale prodotti sostenibili ma che abbiano un prezzo accessibile anche per i meno abbienti, che hanno parimenti sviluppato una sensibilità su questo tema negli ultimi mesi. Senza dimenticare, conclude Russo, che il prezzo in sé costituisce una leva importante: “Registrano buone vendite coloro che propongono prezzi bassi e i leader delle promozioni, non altri”.
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