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venerdì, Mar 13

Coronavirus, come sta l’economia della Cina dopo l’emergenza



Da Wired.it :

Pechino riapre le fabbriche. La Apple riattiva i negozi. Si risveglia la produzione di auto. Ma non sarà una facile ripartenza. E le perdite sono pesanti

coronavirus
(foto: Getty Images/Stringer)

Mentre il mondo continua a combattere per far fronte alla pandemia del coronavirus, la Cina, il primo paese ad aver riportato casi di Covid-19 dallo scorso gennaio, prova lentamente e con difficoltà a risollevare la sua economia. Le autorità di Pechino hanno fatto sapere che il picco dei contagi è ormai stato superato e nella giornata del 12 marzo sono stati registrati soltanto 8 contagi e 7 decessi. Nel complesso il paese asiatico ha riportato oltre 64mila guarigioni su 80.813 casi accertati fin qui, con un tasso di quasi l’80% di persone guarite.

Apple riapre

Sull’onda di queste notizie cominciano pian piano a riprendere le attività. Come si legge su Reuters, da oggi, 13 marzo, Apple ha riaperto tutti i suoi 42 negozi presenti nel paese, alcuni dei quali erano chiusi dall’inizio di febbraio, mentre altri avevano cominciato a riaprire dalla scorsa settimana. E con questo annuncio il titolo della mela guadagna oltre l’11% a Wall Street, anche se le vendite di iPhone hanno comunque registrato un calo di 500mila unità in tutta la Cina durante il periodo di chiusura.

L’industria riaccende i motori

Ma a quasi due mesi dalla messa in quarantena totale della megalopoli di Wuhan e dopo un mese e mezzo di chiusura completa delle fabbriche, ora è soprattutto la parte industriale del paese che cerca di risollevarsi, mentre si stima che l’emergenza sia costata al paese asiatico oltre 7 miliardi di dollari di deficit commerciale.

Da circa una settimana molte fabbriche stanno iniziando a riaprire parzialmente, ma i problemi principali riguardano la domanda di merci, dato che molte di queste aziende fanno parte delle filiera produttiva di grandi gruppi soprattutto americani, europei, giapponesi e sudcoreani che a loro volta stanno iniziando a calare la loro produttività per far fronte alle misure anti-conronavirus.

Lenta ripresa

Così, secondo quanto si legge sul New York Times, molte fabbriche cinesi dovranno ora fare i conti con una calo della domanda internazionale, e oltre 50 milioni di lavoratori non sono ancora riusciti a rientrare al lavoro dopo i periodi di quarantena nelle città e nelle regioni di provenienza. Per queste ragioni, secondo le stime di Anz Research, il settore industriale e manifatturiero non potrà tornere a condizioni di normalità prima della metà di aprile.

La ripresa, quindi, sarà certamente lenta e legata a diversi fattori difficili da prevedere. Intanto, le fabbriche che riaprono funzionano al 50-60% della capacità, si legge ancora sul New York Times, e Pechino ha messo in campo una serie di provvedimenti che richiedono alle banche di allentare la richiesta dei pagamenti ai debitori, soprattutto nel caso di piccole attività, e la sola città di Shanghai fa sapere di aver concesso ad aziende e attività commerciali prestiti e misure assistenziali per oltre 15 miliardi di dollari.

Focus sull’auto

Tra i settori che hanno tentato per primi la ripresa c’è quello dell’auto, ma anche in questo caso la prospettiva di riattivazione sembra lenta. Da questo punto di vista va segnalata la decisione di Honda Motor di riaprire l’impianto di Wuhan lo scorso mercoledì, anche se a regime ridotto. Oltre il 10% degli impianti produttivi legati al settore automobilistico è situata nella regione dell’Hubei, la più colpita dall’epidemia, e di conseguenza molte fabbriche hanno potuto riaprire solo da poco e con ordini molto inferiori rispetto alla normalità. Inoltre, secondo i dati della China association of automobile manufacturers (Caam), la vendita di auto nel paese ha subito un calo di oltre il 79%.

Altri segnali vengono però dall’aumento di domanda di energia ad uso industriale in varie zone del paese, anche se si stima che al momento l’economia cinese stia operando solo tra l’80 e l’85% della sua capacità normale, fanno sapere gli analisti di Bloomberg.

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[Fonte Wired.it]