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mercoledì, Apr 08

Coronavirus, cosa sappiamo finora sulla app del governo per tracciare



Da Wired.it :

Il ministro dell’Innovazione anticipa alcuni dettagli sulla app per fare contact tracing contro Covid-19: sarà volontaria e gestita da soggetti pubblici

App per il contact tracing contro il coronavirus (Getty Images)
App per il contact tracing contro il coronavirus (Getty Images)

Emergono i primi dettagli sulla app che il governo vuole adottare per contrastare l’emergenza coronavirus. A svelarli il ministro per l’Innovazione, Paola Pisano, durante un’audizione alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera. Il governo ha già ricevuto dalla task force dei 74 esperti, nominata proprio per applicare tecnologie nella lotta al Covid-19, una relazione sulla privacy e una sull’analisi tecnologia dei 319 progetti ricevuti per fare monitoraggio attivo della popolazione. Ed è “questione di ore“, ha detto Pisano, perché arrivi la relazione finale che sarà trasmessa al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Il ministro ha specificato quali sono i criteri con cui verrà scelta e progettata la app. Primo: l’uso sarà volontario. Secondo: sarà usata solo per scopi sanitari legati all’emergenza Covid-19. Terzo: la gestione sarà affidata a uno o più gestori pubblici e il codice di sviluppo sarà open source. Quarto: i dati trattati dovranno essere “resi sufficientemente anonimi da impedire l’identificazione dell’interessato. Quinto: terminata la pandemia, i dati saranno cancellati e resi disponibili in forma aggregata per fini di ricerca o statistici. Sesto: la app deve essere giustificata da un’efficacia epidemiologica. Settimo e ultimo punto: dovranno essere garantiti sistemi per evitare che i dati possano consentire di identificare i soggetti contagiati, anche ex post, per esempio “con variazione periodica e casuale dell’Id anonimo“, ha anticipato il ministro.

Come funzionerà la app

Per la Pisano, dopo aver scelto la app, occorrerà “definire i soggetti responsabili del piano di avvio e di gestione, i parametri medici e poi sarà utile creare un supporto al cittadino“. Secondo quanto ha precisato il ministro, la app raccoglierà tre tipi di dati: l’identificativo dei cellulari con cui entra in contatto, la distanza e la durata nel tempo. Se a una persona che ha scaricato la app viene diagnosticato il coronavirus, il medico, attraverso un identificativo anonimo (per l’esattezza, pseudo-anonimizzato) del soggetto, potrà informare chi è stato contatto della situazione.

La app, che arriva ormai a 50 mesi dal primo caso in servirebbe per gestire la fase due delle politiche contro il coronavirus. Anche perché Pisano ha spiegato che “non c’è ancora il dettaglio del soggetto pubblico” che gestirà i dati, quindi il lancio richiederà ancora del tempo. Proprio le tempistiche del lancio sono state uno degli elementi più criticati dalla commissione, che ha chiesto lumi anche sui criteri di scelta dei componenti della task force e sul decreto di nomina (al momento dell’uscita di questo articolo ancora non pubblicato), sull’uso e sull’archiviazione dei dati e sui processi decisionali e di governance del gruppo di lavoro. Pisano ha precisato che i nomi della task force “sono stati scelti sulla base delle competenze“.

In mattinata è stato audito anche il Garante della privacy, Antonello Soro, che ha evidenziato come serva almeno un 60% di aderenti alla app su tutta la popolazione per renderla efficace. Dato confermato anche dalla Pisano.

I paletti del Garante

Soro, oltre a richiamare i principi di tutela delle informazioni personali che da tempo chiede di rispettare nello sviluppo della app, quindi lungimiranza, proporzionalità, ragionevolezza e temporaneità, ha auspicato che possano essere soggetti pubblici a gestire la partita. E sollecitato un intervento legislativo ad hoc. In assenza del quale, sarebbe necessario integrare le attuali leggi anche con misure di garanzia che, per esempio, facciano scattare una tagliola sui dati archiviati a fine pandemia. E ancora, Soro ha detto che “potrebbe infine essere utile prevedere specifici reati propri” per chi viola i dati e li usa per altri scopi.

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[Fonte Wired.it]