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mercoledì, Ago 19

Cosa c’è scritto nel report finale del Senato americano sul Russiagate del 2016



Da Wired.it :

Il documento riassume tre anni di indagine e contiene oltre 200 testimonianze e la revisione di un migliaio di documenti. Ci sono prove di molti incontri tra membri del comitato elettorale di Trump e persone influenti vicine al Cremlino

(foto: Kremlin Press Office/Handout/Anadolu Agency/Getty Images)

“Legami molto più estesi e preoccupanti di quanto fosse universalmente noto”: è la conclusione a cui la Commissione intelligence del Senato americano è arrivata nel suo ultimo report riguardante i rapporti tra funzionari della campagna elettorale di Donald Trump e alcuni rappresentanti del Cremlino, nell’ambito dell’inchiesta sul Russiagate. Un documento di mille pagine in cui sono raccolti più di tre anni di indagini che confermano che le interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016 sono reali e non “un’inutile caccia alle streghe”, come più volte sono state definite dal presidente e dai suoi alleati nel tentativo di screditare la validità di inchieste e verifiche sulla vicenda.

Il New York Times ha definito il report come “una delle più grandi inchieste del Congresso nella storia recente degli Stati Uniti”, un lavoro bipartisan (il Senato è a maggioranza repubblicana) che amplia e approfondisce quanto emerso anche nelle indagini del 2019 condotte dal procuratore speciale ed ex capo dell’Fbi, Robert Mueller. In entrambi i casi, però, non si arriva a un’esplicita condanna del comitato elettorale di Trump per aver cospirato con una potenza straniera nel tentativo di interferire sull’andamento delle elezioni, ma si dimostra solo la presenza di rapporti ben radicati con la Russia.

Cosa si legge nel report

“I russi hanno agito con la volontà di distruggere la nostra democrazia, promuovendo la campagna elettorale di Trump. Lo staff del presidente riprendeva e amplificava quei contenuti per poter vincere le elezioni. Molto probabilmente non c’era alcun accordo esplicito tra le due parti, ma entrambi perseguivano lo stesso fine” ha spiegato uno dei membri della commissione di intelligence, il sentore indipendente vicino ai democratici, Angus King. È con questo obiettivo che sono stati organizzati numerosi incontri, ben documentati da oltre 200 testimoni e da quasi un milione di documenti, tra personalità influenti del Cremlino e alcuni membri del cerchio magico di Donald Trump. Come quello tra Paul Manafort, all’epoca a capo della campagna elettorale del tycoon, e Konstantin Kilimnik che il report definisce “un agente dell’intelligence russa”, collegato anche all’attacco hacker ai danni del Partito democratico nel quale sono stati sottratti documenti riservati legati alla candidatura di Hillary Clinton. Manafort, inoltre, sta attualmente scontando 7 anni di prigione per frode bancaria e fiscale. Oppure quello tenutosi alle Trump Tower nel 2016 a cui hanno partecipato due russi, lo stesso Manafort, Jared Kushner, genero e consigliere del presidente e suo figlio maggiore Donald Trump Jr. Entrambi, secondo le indagini trascritte nel documento, potevano vantare “collegamenti significativi con il governo russo, compresi i servizi di intelligence”.

Il senatore repubblicano Marco Rubio, a capo della commissione d’inchiesta, ha sottolineato che non esiste nessuna indagine più esaustiva di questa ma, forse per evitare che il rapporto si ritorca contro il presidente a 100 giorni dalle elezioni, ha anche aggiunto che “non ci sono prove certe”. E ha criticato anche le indagini condotte dall’Fbi per aver dato “una fiducia ingiustificata” al rapporto Steele (dal nome dell’ex agente segreto britannico) che conteneva, a suo dire, discutibili prove contro Trump.

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[Fonte Wired.it]