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martedì, Feb 11

Cosa fanno gli italiani bloccati in Cina dal fermo dei voli per il coronavirus



Da Wired :

Come si vive la quotidianità nel paese-continente cristallizzato dall’emergenza medica

(foto: Keith Tsuji/Sopa Images/LightRocket/Getty Images)

Il governo italiano ha bloccato i voli tra Italia e Cina (compresi Hong Kong, Macao e Taiwan) a seguito dell’emergenza coronavirus. E io sono tra i 600 connazionali che in questo momento non possono rimpatriare.

Da questa estate vivo a Haikou, la capitale della provincia di Hainan. È un’isola poco più piccola di Taiwan nonché territorio cinese più meridionale, separato a occidente dal Vietnam dai 320 chilometri di mare dello stretto di Tonchino. La Cina continentale è a Nord, circa due ore di traghetto.

Certo, esistono vie traverse per tornare in per esempio passando da Dubai o altre destinazioni finora ancora aperte (con inclusi almeno 14 giorni di quarantena quando si atterra) ma sarebbe meglio evitarle e limitarsi ad attendere sviluppi. Anche perché molte nazioni e compagnie aeree hanno attivato i blocchi, in una situazione mutevole. Rimane una certezza, ossia che a tutt’oggi non ci saranno voli almeno fino al 29 aprile, ma è più che preventivabile che la situazione si aggiorni seguendo gli sviluppi della diffusione del coronavirus.

A Haikou gli italiani si possono contare sulla punta delle dita di due mani. C’è chi gestisce piccole attività e soprattutto studenti. Diversi altri connazionali vivono nell’estremo più a Sud, a Sanya, che è la città più turistica dell’isola. Come per me, per tutti valgono poche e semplici regole non obbligatorie, ma assai caldeggiate.

Ovvero: limitare il più possibile le uscite e aggregamenti di persone, evitare il contatto con contagiati o presunti tali e seguire le indicazioni per le dovute precauzioni. Comprese quelle sulle famigerate mascherine che spesso vengono usate in modo non corretto e che comunque non garantiscono l’immunità. Anche qui in Cina non sono obbligatorie, ma se si esce senza si possono avere problemi. È paradossale, ma si sta più tranquilli con una mascherina chirurgica mezza aperta e ormai da buttare o addirittura una sciarpa sul volto.

Buona parte dei messaggi che ho ricevuto in questi giorni mi chiedeva “Ma com’è la situazione, realmente?“. La risposta sintetica è: se vuoi uscire esci, basta prestare attenzione, ma è praticamente tutto chiuso.

Per la risposta più estesa bisogna premettere che la Cina è grande quanto l’Europa, è un vero e proprio paese-continente, ogni provincia – se non addirittura distretto – sta agendo a seconda dell’emergenza specifica sul territorio. Quindi, è impossibile generalizzare.

Posso quindi raccontare la situazione di Hainan, con l’isola che ha visto un grande spostamento di persone dalla zona continentale – diverse decine di migliaia proprio da Wuhan e provincia – per il capodanno cinese caduto il 25 gennaio, che ha dato una drammatica accelerazione alla diffusione del coronavirus.

wechat coronavirus
(foto: WeChat)

Nei primi giorni d’emergenza le autorità hanno ricostruito tutti gli spostamenti di quante più persone a rischio possibile e si sono concentrate soprattutto sui voli e navi con confermati casi di contagio. Il punto di riferimento è WeChat, l’applicazione tuttofare, che ha allestito un’apposita pagina per informare sulla diffusione del virus (i dati sono gli stessi di quelli pubblicati a livello internazionale) e per condividere tutte le ultime normative, consigli e informazioni.

Se nelle scorse settimane il virus giungeva da fuori (da Wuhan, naturalmente), terminato il primo periodo di quarantena volontaria ora si sta diffondendo a livello locale, da chi era stato infettato in precedenza. In generale, tutti gli spostamenti sono registrati e monitorati.

Due giorni fa sono stato a un mercato del pesce vicino l’oceano. Solitamente è preso d’assalto, ora solo tre o quattro banchi sono rimasti attivi. Era necessario lasciare all’ingresso nome, cognome, provenienza, targa dell’automobile e numero di telefono. E veniva misurata la temperatura. Il motivo è presto detto: in caso si sia contagiati, si può risalire a tutte le altre persone che nello stesso giorno erano presenti sul posto, per controllarle e agire tempestivamente.

La stessa procedura si ripete anche in grandi supermercati e – in generale – in altri potenziali pericolosi centri di aggregazione. Ristoranti, bar e quasi tutte le attività commerciali rimangono chiusi con qualche piccolissima eccezione. Nei primi giorni di emergenza c’è stata una corsa all’acquisto di scorte di beni alimentari più freschi, ma non c’è mai davvero notata penuria di cibo da comprare, come invece si è registrato per mascherine e liquido disinfettante per le mani, ora praticamente introvabili.

Come noi italiani abbiamo vissuto questi giorni? Come tutti gli altri, cinesi e stranieri, in una sorta di auto-quarantena, tra noia dilagante, uso spasmodico di smartphone e videogame, repliche incessanti alla tv e, per qualcuno, un’atmosfera da Decamerone. Chi come me poteva lavorare da casa ha potuto darci dentro. Certo, non è stato facile perché il collegamento a social network e servizi occidentali è spesso tarpato da blackout delle cosiddette Vpn, i server che anonimizzano la posizione geografica per aprire Facebook, Google e soci.

Le famiglie hanno vissuto (volenti o nolenti) le festività del nuovo anno più lunghe di sempre dato che da fine gennaio si sono estese fino al 3 e poi all’8 febbraio. Dalle informazioni che sopraggiungono le scuole dovrebbero rimettersi in moto tra il 24 febbraio e il 2 marzo. Tuttavia, lo faranno virtualmente, con lezioni online per almeno altre due o tre settimane. Entro fine mese diversi uffici e qualche attività commerciale dovrebbero tirare su le serrande.

Dato che l’Italia e molti altri paesi hanno bloccato i voli con la Cina per molti stranieri è insorto il grande problema di un eventuale visto in scadenza, con l’impossibilità di lasciare il paese. Il cosiddetto over-stay ovvero la permanenza oltre il limite consentito può causare gravi problemi, anche a livello legale, compromettendo future richieste di permessi, progetti lavorativi in corso e così via. Tuttavia, c’è una soluzione pratica e indolore.

Lo so perché ci sono passato personalmente e pure mia madre che era venuta a trovarmi poco prima che il coronavirus diventasse un’emergenza globale (tempismo perfetto). Ci siamo infatti recati al bureau dell’immigrazione (Bureau of Immmigration) con la mia ragazza Shiqi, che è collega e cinese e in meno di mezz’ora siamo usciti con un prolungamento del visto di 30 giorni. Il personale dei suddetti sportelli parla inglese ed è già preparato per questa situazione particolare con gli stranieri.

Eseguiti i relativi controlli sull’identità, si deve compilare un semplice documento sui dati anagrafici, luogo di residenza in Cina anche temporaneo, numero di passaporto e precedente visto e si prepara una breve spiegazione che racconti la situazione. Esempio di mia madre: aveva il volo il 20 febbraio, non ci sono più voli, non ha altra soluzione che stare qui. Apposte firme, fotocopiato il necessario e scattata una foto del viso, si pagano 160 rmb, ossia circa 20 euro e si lascia il passaporto pronto a essere recuperato dopo una settimana (ma il visto è già attivo).

Mi è stato spiegato che se tra 30 giorni la situazione sarà ancora in stallo si troverà una soluzione, verosimilmente con una seconda estensione dei permessi in attesa dello sblocco dei voli. Nel frattempo, ancora una volta, si dovrà aspettare e seguire gli sviluppi con attenzione.

Gira uno sticker su WeChat di un branco di cuccioli che vengono liberati da un recinto e corrono via di gran lena. Quel che si percepisce è che più della paura c’è una grande voglia di ripartire, di uscire in strada, di ritornare alla vita quotidiana. Gli italiani di Haikou si contano sulle dita di due mani, ho visto soprattutto gli stranieri cercare di non stare segregati tutto il tempo a casa e quantomeno tentare di mantenere un barlume di vita sociale assai cauta. Ma ora anche i cinesi si fanno più coraggio.

Più passano i giorni più le persone fanno capolino nelle strade, riaccendono gli scooter e osservano le vetrine spente degli innumerevoli ristoranti un tempo sempre aperti. Le consegne di qualsivoglia prodotto dal popolarissimo store TaoBao si stanno lentamente riattivando e il telelavoro cresce in modo esponenziale.

Si dice dalle difficoltà nascono spesso opportunità, L’emergenza porterà con sé conseguenze tangibili a partire dalla sostituzione di una parte della classe dirigenziale coinvolta nella crisi che non ha certo dato il meglio di sé, soprattutto nei primi giorni. È inoltre più che pensabile che saranno riorganizzati regolamenti e normative nel settore alimentare, dei trasporti, della gestione emergenze e – non per ultimo – del sistema sanitario.

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[Fonte Wired.it]