Seleziona una pagina
lunedì, Dic 16

Cosa farà in orbita Cheops, il cacciatore di esopianeti


Partirà nella mattina di martedì 17 dicembre insieme a Cosmo SkyMed 2. Questa missione dell’Esa servirà a conoscere come mai prima i pianeti extrasolari

Cheops: CHaracterising ExOPlanet Satellite (foto: Esa)

Il primo satellite Cosmo SkyMed di seconda generazione che martedì 17 dicembre, alle 9:54, sarà lanciato in orbita dallo spazioporto di Kourou, non sarà il solo con un’alta partecipazione italiana e con una missione di grande rilievo: il lanciatore russo Soyuz trasporterà anche Cheops, la prima missione dell’Agenzia spaziale europea destinata allo studio dei pianeti extrasolari già noti, un progetto cui hanno contribuito l’Agenzia spaziale italiana, l’Istituto nazionale di astrofisica e diverse università del nostro Paese.

Sebbene le semplificazioni lo descrivano come un “cacciatore di pianeti extrasolari“, Cheops, acronimo di CHaracterising ExOPlanet Satellite, non avrà come obiettivo la ricerca di nuovi corpi celesti, ma l’indagine di quelli osservati finora. “Il suo scopo primario“, conferma Roberto Regazzoni, astrofisico e direttore dell’Osservatorio astronomico di Padova, nonché ideatore e responsabile del telescopio montato su Cheops, “è di misurare con precisione il diametro di pianeti extrasolari già conosciuti. Di questi sappiamo la massa da studi spettroscopici fatti da telescopi a Terra, come il nostro telescopio nazionale Galileo alle isole Canarie, motivo per cui, dal rapporto fra il volume, calcolato dal satellite, e la massa, misurata dal suolo, possiamo capire se il pianeta sia un gigante gassoso, una sfera di roccia, di acqua o di ghiaccio“.

Rappresentazione artistica di Cheops, in orbita a 700 km di quota (immagine: Asi)

Da una quota di 700 chilometri, Cheops eseguirà osservazioni ad altissima precisione su stelle luminose capaci di ospitare pianeti nella cosiddetta fascia di abitabilità, cioè a una distanza tale da ricevere un irraggiamento sufficiente a mantenere parte dell’acqua allo stato liquido. La missione indagherà la struttura di pianeti con raggi che vanno da 1 a 6 volte quello terrestre e con masse fino a 20 volte superiori a quella del globo terracqueo.

Cheops è il frutto della partnership tra la Svizzera e il programma scientifico dell’Agenzia spaziale europea, cui hanno contribuito dieci paesi diversi. L’aiuto italiano si è sostanziato nel telescopio a bordo del satellite, sviluppato da Leonardo, Media Lario e Thales Alenia Space: progettato dai ricercatori dell’Inaf di Padova e Catania e realizzato grazie al supporto dell’Agenzia spaziale italiana, è un riflettore di 320 millimetri di diametro molto compatto (la lunghezza del tubo ottico principale è di 300 millimetri), ottimizzato per misure fotometriche ad altissima precisione. Anche lo Space Science Data Center dell’Asi avrà un ruolo importante, ma durante la fase operativa della missione.

La posa di Cheops nell’ogiva del Sojuz (foto: Esa)

L’Asi, si legge nei comunicati ufficiali, considera Cheops una missione dalla “particolare importanza strategica per gli aspetti tecnologici, anche in vista della realizzazione dei 34 telescopi che saranno forniti dall’Italia per Plato“, un’altra fra le future missioni europee focalizzate sugli esopianeti.

Con oltre 4mila pianeti extrasolari scoperti a partire dal 1995 – conclude Regazzoni – ci accingiamo a superare il numero di stelle visibili a occhio nudo, ma se guardiamo al nostro Sistema solare, esso è formato da otto pianeti e da oltre 150 lune. Ecco, mi piacerebbe che Cheops contribuisse a scovare qualcuna delle innumerevoli lune extrasolari che sicuramente esistono, assieme a sistemi di anelli, come quelli di Saturno. Come al solito, però, la scoperta più interessante sarà quella inattesa”.

Il lancio di Cheops è programmato per martedì 17 dicembre, quando in Italia saranno le 9:54 (foto: Thales Alenia Space)

Potrebbe interessarti anche





Source link