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domenica, Apr 19

Cosa fare delle mascherine usate?



Da Wired.it :

Secondo uno studio, in fase 2 ne utilizzeremo un miliardo al mese in tutta Italia. Lo smaltimento delle mascherine sarà una sfida da affrontare per la salute pubblica e per l’ambiente

(foto: Arif Hudaverdi Yaman/Anadolu Agency via Getty Images)

Quasi un miliardo di mascherine al mese. Un numero impressionante, calcolato pochi giorni fa dal Politecnico di Torino e relativo al fabbisogno nazionale stimato per la fase 2, cioè quando – forse a inizio maggio – l’Italia tornerà a riaprire la gran parte delle attività, uffici e negozi. Parliamo di una montagna di dispositivi di protezione individuali, potenzialmente utili per tenere a bada il virus nei futuri mesi di convivenza, ma che pongono un problema di smaltimento, con la necessità di limitare al minimo i rischi per l’ambiente e per la salute pubblica. Ma considerando quante ne dovremo utilizzare, sarebbe possibile riciclare le mascherine?

Per rispondere, partiamo dalle tipologie di mascherine. Su Wired ne abbiamo già parlato nel dettaglio, ma fondamentalmente le principali tipologie sono quelle chirurgiche e quelle Ffp 2 e 3, con o senza valvola. Quelle senza valvola sono più rispettose di chi vi sta intorno e consigliate per la larga maggioranza delle persone. Di base per tutti coloro che non sono operatori sanitari. Modelli diversi, ma accomunati da un fattore comune: sono oggetti compositi, fatti di più materiali, per definizione i più difficili da riciclare.

Riciclare le mascherine

“Riciclare le mascherine in questa fase è assolutamente fuori discussione – spiega Mario Grosso, professore associato in gestione e trattamento dei rifiuti solidi al Politecnico di Milano –. Al di là delle difficoltà tecniche a cui andremmo incontro, dobbiamo considerare il rischio legato alla movimentazione e alla manipolazione di dispositivi potenzialmente infetti. Senza dimenticare che una parte dei componenti delle mascherine è costituito da polimeri plastici: materiali sui quali la Covid-19 riesce a resistere più a lungo”.

Quale sarebbe quindi la gestione migliore di questo particolare rifiuto? “La catena di gestione deve essere la più corta possibile. Le mascherine vanno buttate nell’indifferenziato e in sacchetti ben chiusi. Poi portate al cassonetto. Da lì vengono raccolte con i camion della nettezza urbana e scaricate direttamente nella fossa del termovalorizzatore più vicino”, continua Grosso. In questo modo si minimizzano i rischi per gli operatori e per la salute pubblica. “In Lombardia, per esempio, questa catena corta è implementabile da subito”, continua l’esperto: “Ci sono invece altre zone che si troveranno in difficoltà, perché carenti a livello infrastrutturale, cioè non hanno abbastanza inceneritori sul loro territorio. Molti gestiscono l’indifferenziato con semplici impianti di pretrattamento che si limitano a manipolare il rifiuto, suddividendolo in numerosi flussi che necessitano di un trattamento successivo. Quindi per le Regioni più carenti l’unica soluzione sarà quella di far viaggiare i rifiuti da incenerire in altri territori, in Italia o all’estero. Con tutti i costi e i rischi che ne conseguono”.

Non solo. Ci vorrà anche solidarietà tra le Regioni così che quelle meglio attrezzate mettano a disposizione i propri impianti a quelle più carenti.

Il problema ambientale

Le mascherine usate sono un rischio per la salute pubblica, ma anche per l’ambiente. Come ha già denunciato qualche giorno fa Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania: “Ci sono arrivate le prime segnalazioni di abbandoni per strada e nelle vicinanze di alcuni supermercati di guanti e di mascherine chirurgiche monouso. In previsione di una fase 2 con la riapertura di piccole e medie aziende, di alcuni uffici facciamo appello al senso civico e alla responsabilità dei cittadini, ma soprattutto è importante far partire una campagna di informazione e sensibilizzazione seguendo le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità dove viene specificato come smaltire i presidi anti infezione quali mascherine e guanti. I dispositivi sanitari sono molto resistenti e potrebbero durare nell’ambiente decine di anni, come accade per le buste di plastica più spesse o i flaconi di liquidi più resistenti”.

Un’idea di riutilizzo

Ma c’è anche chi in questi giorni sta pensando non di riciclare, bensì di riutilizzare in sicurezza le mascherine. L’idea è stata lanciata, racconta l’Ansa, dall’azienda di Pavia De Lama, specializzata in macchine per la sterilizzazione sanitaria. L’azienda ha avviato la sperimentazione di un prototipo all’interno del Policlinico San Martino di Genova. Questa macchina sarebbe in grado di sterilizzare migliaia di mascherine ogni ora, garantendo quindi la continua disponibilità di un dispositivo di protezione fondamentale per medici e infermieri. Senza contare anche un consistente risparmio per le strutture sanitarie. L’idea c’è, bisognerà vedere nelle prossime settimane se funziona e se è davvero in grado di garantire la migliore sterilizzazione possibile, utilizzo dopo utilizzo.

Differenziata sì o no?

In conclusione, le raccomandazioni sia del ministero della Salute sia dei consorzi specializzati nel riciclo dei materiali (come Corepla) sono di continuare a fare la raccolta differenziata, anche in questo periodo di emergenza e a maggior ragione durante la fase 2. Ma solo se tutti i componenti di un nucleo familiare sono negativi al virus.

In caso di sintomi sospetti o di positività accertata è necessario interrompere la raccolta differenziata e gettare tutti i rifiuti nell’indifferenziato, utilizzando più sacchi uno dentro l’altro, per maggiore sicurezza. Qui trovate la guida completa a cura dell’Istituto superiore di sanità. Ma le mascherine non si riciclano, mai.

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[Fonte Wired.it]