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martedì, Mag 26

Cosa sappiamo finora sul rapporto tra Covid-19 e fumo di sigaretta



Da Wired.it :

Alcuni studi riportano che fra i malati di Covid-19 le percentuali di fumatori sono più basse rispetto a quelle della popolazione generale. Ma una ricerca inglese mette in luce alcuni limiti di questi dati. Inoltre il ministero e l’Oms rimarcano che essere fumatori può portare a forme più gravi di Covid-19

fumo
(foto: Kirill Kukhmar/Collaboratore via Getty Images)

Il rapporto fra l’abitudine al fumo e l’infezione Covid-19 è stato più volte discusso durante la pandemia. Da un lato il ministero della Salute e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), rimarcano con forza, sulla base di varie prove scientifiche, che essere fumatori, soprattutto se da lungo tempo, oltre a far male alla salute generale, può portare a forme più gravi di Covid-19, una patologia che colpisce proprio i polmoni. Dall’altro lato, alcune ricerche, ancora non peer reviewed, indicano che fra i pazienti ricoverati per Covid-19 la percentuale di fumatori sarebbe molto più bassa rispetto alla quella calcolata sulla popolazione nazionale. Gli autori di questi studi hanno fornito delle ipotesi, statistiche o legate a meccanismi biologici, per spiegare quest’anomalia. Ma un recente studio, condotto dalla University College London – anche questo per ora non peer reviewed – mette in luce alcuni limiti di questo legame statistico. Il dibattito resta aperto e probabilmente saranno necessari ulteriori approfondimenti per capire come stanno realmente le cose.

Pochi fumatori fra i ricoverati per Covid-19?

Bisogna precisare che gli studi in questione non difendono non rilevano alcun legame di causa-effetto fra il fumo e protezione dal nuovo coronavirus, ma semplicemente suggeriscono, a livello statistico, una minore presenza di fumatori fra i pazienti ricoverati per Covid-19. In particolare, secondo due studi francesi, cui ha preso parte l’Istituto Pasteur di Parigi, indicano che all’interno di un campione di quasi 500 pazienti, soltanto il 4,4% fumava regolarmente ogni giorno, mentre in media circa il 25% della popolazione francese fuma quotidianamente. Da una ricerca spagnola, poi, condotta dall’università di Castiglia-La Mancia, emerge che circa l’8% dei ricoverati per Covid-19 è tabagista, contro il 26% delle persone nella popolazione generale in Spagna. E percentuali simili sarebbero state rilevate in Italia e in Cina, tutti paesi molto colpiti dall’epidemia.

I ricercatori francesi e spagnoli hanno ipotizzato un meccanismo legato alla nicotina che potrebbe ridurre l’iper-reattività del sistema immunitario, che in alcuni casi produce un’infiammazione anche molto estesa e potenzialmente fatale. Un’altra idea riguarda il fatto che nei fumatori i livelli del recettore Ace2, una proteina che di fatto è l’anello di congiunzione del coronavirus con le cellule nel polmone e a seguire negli altri organi, sarebbero ridotti.

Alcuni dubbi sulle statistiche

Un elemento messo in luce in un articolo sul New Scientist da Eleanor Murray dell’università di Boston è che probabilmente comparare le percentuali di fumatori fra i malati Covid-19 – che sono in media più anziani – e chi non ha contratto l’infezione non è una scelta del tutto appropriata. Questo perché è noto che fra gli anziani le percentuali di fumatori sono mediamente più basse.

Altre obiezioni, poi, arrivano anche da uno dei più recenti studi sull’argomento, non ancora peer reviewed, ma disponibile in preprint. La ricerca, condotta dalla University College London, ha analizzato 41 studi già usciti sul tema del rapporto fra fumo e Covid-19. Dall’analisi emerge che se fra i malati Covid-19 risultano esserci pochi tabagisti, almeno tre studi di buona qualità indicano che l’abitudine al fumo risulta comunque più frequente fra i pazienti con Covid-19 che hanno avuto forme gravi e che sono andati incontro al decesso.

Inoltre, in molti studi (31 su 41) mancano dati potenzialmente importanti: ad esempio non si specifica se i partecipanti classificati come non fumatori abbiano magari smesso di fumare da poco. E questo potrebbe non essere un dettaglio trascurabile, dato che uno studio inglese condotto da YouGov e dalla charity Action on Smoking and Health (Ash), di cui dà notizia il Guardian, suggerisce che nel Regno Unito circa 300mila persone nel Regno Unito potrebbero aver smesso di fumare proprio in occasione della pandemia Covid-19. Dalla revisione della University College London, poi, emerge che se da un lato fra i malati Covid-19 risultano esserci pochi fumatori, tre studi di buona qualità indicano che l’uso del tabacco risulta comunque più frequente fra i pazienti con Covid-19 che hanno avuto forme gravi e che sono andati incontro al decesso. Due indagini, inoltre, non hanno di fatto rilevato differenze statistiche nel rischio di essere ricoverati per Covid-19 ed essere fumatori, ex fumatori o non fumatori.

Fumo, il parere dell’Oms

Anche le autorità sono d’accordo sul fatto che il fumo può peggiorare i sintomi di Covid-19. Nella conferenza dell’8 maggio 2020, a una domanda posta da un ricercatore che ha fatto riferimento alle due ricerche francesi per cui i fumatori sarebbero statisticamente meno colpiti dal coronavirus, l’epidemiologa dell’Oms Maria van Kerkhove risponde così: “Ci sono diversi studi pubblicati, che hanno mostrato che fumare porta a forme più gravi della malattia e aumenta il rischio di chi ha contratto l’infezione di dover essere sottoposto a ventilazione artificiale, a essere ricoverato in terapia intensiva e anche di andare incontro al decesso”. E l’esperta aggiunge che “gli studi non sono peer reviewed” e che comunque “non avevano in alcun modo l’obiettivo di valutare se il fumo sia stato o sia un fattore protettivo contro Covid-19 e non affermano che fumare conferisca una qualche protezione. Già nel marzo 2020, peraltro, l’Oms sottolineava che i fumatori sono più a rischio anche perché, dato che le mani sono fra i principali veicoli del virus e che per chi fuma le dita sono spesso a contatto con la sigaretta e con la bocca, la probabilità di entrare in contatto con il Sars-Cov-2 è maggiore.

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[Fonte Wired.it]