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Cosa si può fare con una stablecoin denominata in euro?

by | Dic 3, 2025 | Tecnologia


Non una delle tante criptovalute imprevedibili, ma una stablecoin denominata in euro, conforme al regolamento MiCAR ed emessa dalle banche. È la scommessa di dieci istituti di credito europei – gli italiani Banca Sella e UniCredit, più ING, KBC, Danske Bank, DekaBank, SEB, CaixaBank, Raiffeisen Bank International e BNP Paribas (che si è aggiunta il 1° dicembre) – che si sono riuniti in un consorzio (aperto anche all’ingresso di altri soggetti) e hanno costituito una società ad hoc nei Paesi Bassi. Una volta ottenute le autorizzazioni, la prima emissione è prevista per la seconda metà del 2026. A quel punto ci sarà un nuovo strumento di pagamento basato su blockchain. Si chiamerà Qivalis.

Cos’è una stablecoin e cos’ha di diverso dalle altre criptovalute

Un ripasso per chi non si trova a suo agio nel mondo crypto. Una stablecoin è una criptovaluta, cioè una moneta digitale emessa da un soggetto privato anziché da una banca centrale. Ma c’è un’enorme differenza rispetto a bitcoin, ethereum e simili: il suo valore è ancorato a quello di un’altra risorsa (tipicamente una valuta di corso legale come dollaro, euro o yen) ed è coperto da riserve. Di conseguenza, tende a rimanere stabile – come promette il nome – e si presta molto meno a dinamiche speculative.

Anche l’Europa si ritaglia uno spazio nel mercato delle stablecoin

La nascita di una stablecoin ancorata all’euro è già una notizia. Banca d’Italia riferisce che il mercato globale delle stablecoin ha un valore che sfiora i 300 miliardi di dollari, circa il 7,5% della capitalizzazione complessiva delle crypto, e cresce del 75% di anno in anno. Ma, di questi 300 miliardi, il 98% è costituito da stablecoin ancorate al dollaro. A confronto, quelle che mantengono la parità con l’euro sono briciole: appena 620 milioni di dollari, lo 0,2% del totale.

“La nostra iniziativa nasce per colmare questa assenza, creando per la prima volta uno standard europeo”, conferma a Wired Andrea Tessera, Chief Innovation Officer di Banca Sella. Uno standard conforme al MiCAR, il regolamento europeo sulle cripto-attività (Markets in Crypto-Assets Regulation). Quest’ultimo prevede – tra le altre cose – che l’emittente possa sempre rimborsare le stablecoin perché ha depositato una quantità equivalente di asset liquidi e sicuri.

Cosa si può fare con una stablecoin denominata in euro

Ma a cosa servirà questa nuova stablecoin agganciata all’euro? “Tra i casi d’uso ci sono i pagamenti programmabili, cioè ordini a cui si imposta una condizione automatica. Per esempio, una transazione che parte solo quando la fattura è approvata nel gestionale. Oppure un contratto smart su stablecoin che ripartisce l’importo tra più fornitori in tempo reale. La stablecoin riduce gli errori manuali, velocizza i flussi di cassa, elimina gli intermediari”, spiega Tessera.

“Altrettanto interessanti sono i pagamenti cross-border. Oggi i trasferimenti di denaro tra giurisdizioni diverse richiedono 3-5 giorni di attesa e sono costosi, perché hanno commissioni elevate e subiscono lo spread sul cambio, oltre a passare da più banche”, continua. “Con le stablecoin diventano istantanei, a costi bassissimi soprattutto per piccoli importi. Sono trasparenti e tracciabili, perché scritti su blockchain, e possono essere programmabili, ad esempio per eseguirli al cambio favorevole”.

Stablecoin ancorata all’euro o euro digitale? Qual è la differenza

È dunque un mezzo di pagamento, non un veicolo di investimento né un sistema per depositare risparmi. Viene quindi spontaneo chiedersi quale sia la differenza con l’euro digitale, la “versione virtuale” della moneta unica di cui si discute da anni. Per cominciare, la stablecoin è emessa da privati, l’euro digitale dalla Banca centrale europea (è una Cbdc, central bank digital currency). “Sono diverse ma complementari”, chiarisce Tessera. “La stablecoin supporta pagamenti in blockchain e casi d’uso come quelli che ho citato. L’euro digitale sarà più classico, paragonabile agli euro che già abbiamo in tasca, e privilegerà le transazioni quotidiane”.

Perché proprio le banche creano una criptovaluta

Negli Stati Uniti, che dominano il mercato delle stablecoin, non ce n’è nemmeno una che sia emessa da una banca. È un’ipotesi che circola da tempo, anche in considerazione della grande apertura dell’amministrazione Trump verso il mondo crypto, ma che non ha ancora preso forma. In Europa invece sì. Come mai? “È giusto che le banche se ne occupino: in caso contrario, il mercato rischia di sfuggire ai regolamenti”, conclude Tessera. “Magari un giorno nascerà anche una sorta di Tether europea, ma le banche danno più garanzie”.

La nascita (e la squadra) di Qivalis

Di tutto ciò si occuperà Qivalis: questo il nome della joint venture, presentata ad Amsterdam il 2 dicembre. Il Ceo è Jan-Oliver Sell, in arrivo da Coinbase Germany (dove ha ottenuto la prima licenza in assoluto di custodia cripto rilasciata dalla BaFin, l’autorità federale tedesca per la vigilanza finanziaria) ed è stato dirigente anche nella piattaforma di exchange Binance e nel real estate con iFunded. Ad affiancarlo come Chief Financial Officer (Cfo) Floris Lugt, ex-dirigente del colosso bancario tedesco Ing.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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