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Cosa sono le strutture metallo-organiche che hanno vinto il premio Nobel per la chimica del 2025 e cosa possiamo farci

da | Ott 9, 2025 | Tecnologia


Possono estrarre acqua dall’aria, filtrare sostanze e gas inquinanti e immagazzinare quelli utili, trasportare farmaci nell’organismo e rilasciarli esattamente quando, e dove, servono. Parliamo delle strutture metallo-organiche (o metal-organic frameworks, Mof), costrutti molecolari dalle infinite potenzialità, destinati a spingere la chimica in nuove inaspettate direzioni e sviluppati grazie al lavoro dei tre chimici premiati con il Nobel di quest’anno: Susumu Kitagawa, Richard Robson and Omar Yaghi. Vediamo di cosa si tratta.

Le strutture metallo-organiche e il Nobel per la chimica 2025

Un’intuizione fortuita

La storia delle strutture metallo-organiche inizia quasi per caso nel 1974 nelle aule dell’università di Melbourne, dove Richard Robson era intento a preparare dei modellini con cui mostrare il funzionamento degli atomi e la formazione dei legami molecolari agli studenti del corso di chimica classica. L’obiettivo era quello di creare un set di aste e palline di legno rappresentanti legami chimici (le prime) e atomi (le seconde), che gli studenti avrebbero potuto combinare tra loro per formare a piacere strutture molecolari.

Robson aveva chiesto alla falegnameria dell’università di praticare dei fori nelle palle di legno, in modo che vi potessero essere inserite all’interno le aste. I buchi non dovevano essere posizionati a caso, ma in modo da permettere a ciascun atomo di formare solamente i propri specifici legami chimici. Testando i prototipi ricevuti dall’officina, il chimico ebbe la sua intuizione: le forme che poteva creare combinando aste e palline dipendevano strettamente dalla posizione dei fori; la posizione dei fori, quindi, conteneva un’enorme quantità di “informazioni” sui sistemi molecolari che potevano generare. Che si potessero usare le proprietà di questi atomi per unire tra loro anche differenti tipi di molecole, e non solo singoli atomi? L’idea rimase dormiente a lungo nel cervello di Robson, per poi esplodere in una nuova scoperta circa un decennio dopo quella prima, fortuita, intuizione.

Piramidi di rame

A metà degli anni ‘80 il chimico australiano decise di mettere alla prova la sua teoria, che le proprietà dei gruppi chimici e degli atomi permettessero di prevedere e progettare la forma, e le proprietà, delle strutture molecolari che vi si creavano. Iniziò con una struttura semplice, una piccola piramide formata da ioni di rame positivi, Cu+, e da una molecola (nota in inglese come tetracyanotetraphenylmethane) dotata di quattro bracci che terminano con un gruppo chimico nitrile, che tende ad essere attratto dagli ioni rame positivi.

La sua ipotesi era che mischiando i due ingredienti avrebbe ottenuto una struttura molecolare in cui gli ioni di rame avrebbero fatto da ponte tra i gruppi nitrile di diverse molecole, formando un reticolo regolare con ampie cavità al suo interno. Gli esperimenti gli diedero ragione. Presentò i suoi risultati sul Journal of the American Chemical Society nel 1989, suggerendo che queste nuove strutture molecolari potevano diventare la base per materiali con proprietà innovative, e customizzabili. E negli anni seguenti, continuò a migliorare le sue tecniche, e riuscì a riempire le cavità dei suoi costrutti molecolari con differenti sostanze, che potevano poi essere fatte fuoriuscire facendole interagire con differenti tipi di ioni. Così dimostrò che è possibile creare molecole ottimizzate per reagire e contenere specifiche sostanze chimiche, e che possono rilasciarle, o utilizzarle per catalizzare nuove reazioni chimiche.

Come rendere utile l’intuizione di Robson?

In chimica una scoperta tende ad essere valutata per la sua utilità, e quella di Robson, ancora verso la metà degli anni ‘90, sembrava averne ben poca. Le strutture molecolari progettate dal chimico australiano erano instabili, e tendevano a decadere velocemente. A cambiare le cose sono stati gli altri due premi Nobel per la chimica di quest’anno, lavorando a cavallo tra gli anni ‘90 e i 2000.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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