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martedì, Ott 15

Cosa sta succedendo in Catalogna?


Foto di Miquel Llop/NurPhoto via Getty Images

Al termine di uno dei processi più importanti e divisivi della storia recente spagnola, i principali esponenti del movimento indipendentista catalano sono stati condannati a pene dai 9 ai 13 anni di detenzione, come conseguenza della serie di eventi che nell’ottobre del 2017 sfociarono nella dichiarazione di indipendenza unilaterale della Catalogna.

La sentenza è stata emessa nella giornata di lunedì dal Tribunal Supremo, il massimo organo costituzionale spagnolo, e conclude un processo partito nello scorso mese di febbraio, oltre che una vicenda giudiziaria risalente a novembre 2017, con il mandato d’arresto avanzato nei confronti dell’ex governo della Generalitat de Catalunya.

La pena più severa è quella inflitta a Oriol Junqueras, membro del partito Esquerra Republicana e al tempo vicepresidente del governo indipendentista, condannato a 13 anni di carcere per sedizione e malversazione, un anno e mezzo in più rispetto alla condanna di Carme Forcadell, in quei giorni presidente del parlamento catalano. La pena più lieve è stata comminata invece a Jordi Cuixart e Jordi Sànchez, i due esponenti della società civile che guidarono le manifestazioni di piazza.

Per tutti i 12 imputati è stata escluso il reato più grave, quello di attentato alla Costituzione, che era stato inizialmente chiesto dalla Procura spagnola.

I giorni dell’indipendenza

La sentenza pronunciata dal giudice Manuel Marchena arriva a due anni esatti dalla fase più calda della crisi catalana, innescata dalla proclamazione di un referendum mai riconosciuto dal tribunale costituzionale spagnolo, che nell’idea dei promotori avrebbe dovuto portare all’indipendenza della Catalogna dal Regno di Spagna.

Il 1 ottobre 2017 la generalitat catalana decise comunque di sfidare apertamente Madrid, organizzando un voto segreto, partecipato da meno del 40% degli aventi diritto ma segnato inequivocabilmente dalla vittoria del Sì. Il mancato riconoscimento del risultato referendario da parte del governo centrale guidato da Mariano Rajoy diede il via a una lunga serie di manifestazioni di piazza e a momenti di grande tensione con la Guardia civile.

Alla guida del governo indipendentista catalano c’era al tempo Carles Puigdemont, non direttamente interessato dalla sentenza di lunedì perché protagonista di un intricato procedimento internazionale, ma che al momento può muoversi liberamente sul territorio dell’Unione Europea (eccezion fatta per la Spagna).

Le reazioni

La storica sentenza della Corte Suprema ha provocato l’immediata mobilitazione degli indipendentisti, con proteste già partite nelle strade di Girona, Lleida e Barcellona, dove le principali arterie sono rimaste bloccate per ore e sono state scenario di alcuni scontri tra manifestanti e Mossos d’Esquadra.

Gli eventi giudiziari di queste ore potrebbero influire sul voto politico atteso per il prossimo 10 novembre, con il favorito Pedro Sanchez che ha assicurato il rispetto di una sentenza che “soddisfa tutti i requisiti di trasparenza e separazione dei poteri”.

A stretto giro è arrivata anche la reazione del Barcellona, club simbolo della Catalogna e attivamente coinvolta negli eventi del 2017 con la presa di posizione indipendentista di Gerard Piquè, che in un comunicato dal titolo “La prigione non è la soluzione” ha espresso solidarietà alle famiglie delle persone private della libertà.

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