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venerdì, Ott 18

Cosa Zuckerberg dimostra di non (voler) capire nel suo discorso sulla libertà di espressione


Il fondatore e ceo invoca la libertà di parola, che nel suo social network si è spesso tradotta in quella di insultare e diffondere falsità prima di venire oscurati da una censura tardiva oppure discutibile (vedi il caso della chiusura delle pagine pro curdi)

Martin Luther King e Frederick Douglass. Sono solo due dei nomi che Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook, ha scomodato nel suo discorso di ieri alla Georgetown University sulla libertà di parola sulla sua piattaforma. “Sono qui oggi perché credo che dobbiamo continuare a sostenere la libera espressione”, ha dichiarato. “Questi anni mi hanno convinto che dare a tutti la possibilità di esprimersi è un modo per dare voce anche agli impotenti e spingere la società a migliorare nel tempo”.

Il discorso di Zuckerberg arriva dopo le numerose polemiche che hanno investito la sua società. Ad esempio, la questione della pubblicità politica a pagamento sulla piattaforma, con il caso dell’inserzione di Donald Trump che conteneva false informazioni su un rivale democratico, Joe Biden. La candidata democratica alla Casa Bianca, Elizabeth Warren, ha acquistato in risposta un’inserzione sul social nella quale affermava che Zuckerberg appoggiasse l’attuale presidente degli Stati Uniti. La stessa Warren ha sottolineato come si trattasse di una falsità, che è però stata accolta e diffusa senza problemi sulla piattaforma, a dimostrazione di come Facebook possa trasformarsi in un megafono di inesattezze.

Zuckerberg ieri ha difeso la politica di Facebook, rivendicando il diritto alla disinformazione. “Visto come è delicato il tema delle inserzioni politiche, ho ragionato sulla necessità di bloccarle”, ha detto. “Ma gli annunci politici sono una parte importante del diritto di espressione, specialmente per candidati locali, sfidanti emergenti e gruppi di difesa che altrimenti potrebbero non ricevere molta attenzione da parte dei media. Bloccare la pubblicità politica favorisce gli attori già affermati e chi viene già seguito dai media”. Facebook è allora un mezzo di empowerment per i più svantaggiati, è uno strumento positivo e le critiche verso la piattaforma costituiscono un pericolo per la libertà globale, vuole dirci Zuckerberg. Che fa il parallelo con la Cina: porre dei filtri agli utenti, significa diventare come il social cinese Tik Tok, una macchina della censura.

Il Ceo di Facebook ha citato così il primo emendamento della costituzione americana, quello sulla libertà di parola. Di fatto, però, si è trattata di una strumentalizzazione in nome del business della sua società, oltre che di un paradosso. Mentre Zuckerberg difende la libertà di espressione senza se e senza ma, la sua piattaforma oscura diverse pagine che stanno raccontando il tremendo eccidio dei curdi. Inoltre, l’appello continuo alla libertà sembra soprattutto un modo per mascherare le difficoltà che la piattaforma ha incontrato in tutti questi anni. Zuckerberg ha sempre sottolineato di non voler essere un arbitro politico di cosa fosse giusto e sbagliato pubblicare, eppure Facebook ha raggiunto dimensioni e un peso tale che gli chiedono non tanto di fare da sceriffo, ma quanto meno di non ignorare la questione dei contenuti presenti sulla piattaforma.

Appellarsi ossessivamente alla libertà di espressione per giustificare la circolazione di notizie false o anti-democratiche è molto pericoloso, perché spesso questi contenuti hanno effetti drammatici sulle persone. Le bufale sui migranti, i discorsi omofobi, gli attacchi alle minoranze, sono solo alcuni esempi di cosa si trova su Facebook. Sostenere come ha fatto Zuckerberg che tutto questo è utile nella strada verso il progresso, perché essa passa anche dal confronto con idee “‘sfidanti”, non è accettabile. Ridurre tutto alla dicotomia libertà o censura è insomma sbagliato, perché esistono tante sfumature al suo interno. Altrimenti, si cade nella banalizzazione di chi in Italia critica la legge sull’apologia del fascismo, perché “non sono fascista ma ognuno è libero di dire e pensare quello che vuole”.

Attori più o meno forti oggi usano Facebook come megafono dell’estremismo politico, dell’odio, delle falsità. Una manipolazione della realtà e quindi delle persone che è pericolosa e su cui non si può chiudere gli occhi. Difendere la libertà di espressione è un concetto sacrosanto, anche perché nel 2019 sono ancora troppe le aree del mondo in cui alle popolazioni non è dato modo di farsi sentire. Questo però non può essere l’alibi utilizzato da una società privata per il suo ok alla diffusione di menzogne e contenuti pericolosi – vengano essi dalla politica o dalla società civile.

Non credo che le persone vogliano vivere in un mondo in cui è possibile pubblicare solo cose che le aziende tecnologiche ritengono vere al 100%”, ha detto Zuckerberg. Questo è vero, ma allo stesso è probabile non vogliano vivere in un mondo in cui le aziende tecnologiche consentono la diffusione di contenuti che rischiano di distruggere la società.

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