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Cos’è il carbon farming che in Veneto e Toscana si usa per il vino

da | Mag 12, 2025 | Tecnologia


Grazie alle tecniche di carbon farming il vino del futuro non sarà solo delizioso da bere (almeno nelle etichette migliori), ma potrà aiutare a catturare e trattenere il carbonio atmosferico. Un progetto di studio è già realtà: si chiama Life VitiCaSe e coinvolge quattro vigneti pilota di tre aziende agricole in Toscana e Veneto (Castello di Albola, Tenute Ruffino e Società Agricola San Felice). Grazie al cofinanziamento dell’Unione europea sul piatto si contano oltre due milioni di euro investiti per incentivare gli agricoltori ad adottare strategie per la riduzione delle emissioni di gas serra e all’aumento del sequestro del carbonio. Il valore aggiunto è che tutto questo sapere raccolto tramite quella che viene definita “ricerca applicata” sarà, poi, consultabile dai produttori italiani ed europei.

Tra le attività del progetto, infatti, spicca la creazione di un database sulle pratiche agronomiche e di una piattaforma per la stima dello stock di carbonio certificabile. Il monitoraggio dei risultati tecnici ed economici permetterà quindi il trasferimento e la replica del sistema anche in altri contesti, nell’ottica di un’agricoltura sempre più su misura.

“La piattaforma digitale che ci consente di monitorare, verificare e prevedere gli stock di carbonio nel suolo serve a quantificare i risultati di queste azioni sul terreno – spiega Cristiano Spadoni, project development leader di Image Line, capofila del progetto -. L’evoluzione del carbonio all’interno del suolo è lentissima: basti pensare che per riuscire a misurare un incremento di sostanza organica, e quindi di carbonio sequestrato tramite una qualche azione, servono anni. Detto ciò, però, chi intraprende questi percorsi può basarsi su un algoritmo (Roth-C) che consente di prevedere nell’arco di tempi più lunghi, tipo dieci anni, come evolverà il livello di carbonio, e di conseguenza i carbon credit che questo progetto pilota può generare”.

Dentro i vigneti in questa fase sperimentale non entrano solo i viticoltori ma anche i ricercatori del Crea (Consigio per le ricerche in agricoltura ed economia agraria), che, valutando azienda per azienda, raccomandano le pratiche agronomiche adatte in funzione delle caratteristiche del suolo. Un’attenzione i cui riflessi si riverberano anche sui consumatori: azioni sito-specifiche e tracciabili permetteranno di sapere se un vino di una data bottiglia provenga o meno da terreni di viticoltura rigenerativa.

La resilienza agli eventi climatici estremi

Ma perché è così importante il carbon farming, in questo caso applicato alla viticoltura rigenerativa? Intanto perché si rigenera il suolo aumentando, allo stesso tempo, la capacità dell’ecosistema di catturare il carbonio atmosferico. Le pratiche sono diverse, ma tutte hanno in comune la lavorazione minima del terreno: si interviene, infatti, perché non venga rivoltato, come accade nelle normali arature, garantendo però al tempo stesso che sia areato.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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