Seleziona una pagina
martedì, Apr 07

Covid-19, cosa hanno in comune le persone decedute?



Da Wired.it :

I pazienti deceduti a causa del nuovo coronavirus hanno nell’ampia maggioranza dei casi patologie preesistenti, fra cui ipertensione, diabete di tipo 2 e problemi cardiovascolari. Tutti i dati italiani e di uno studio in Cina

(foto: Westend61 via Getty Images)

Nella lotta alla Covid-19, per comprendere meglio come attacca il nuovo coronavirus e chi è più a rischio può essere utile analizzare le caratteristiche cliniche in comune fra le persone che hanno perso la vita. Diversi centri di ricerca in tutto il mondo stanno svolgendo questo genere di studi. I risultati sono pubblicati sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, la rivista dell’American Thoracic Society. In Italia l’Istituto superiore di sanità sta conducendo un monitoraggio in continuo aggiornamento dei pazienti deceduti con (o per) Covid-19. E oggi è stata pubblicata una nuova ricerca internazionale – cinese e statunitense – che ha analizzato la storia clinica di un campione di 85 persone morte a Wuhan nella prima fase epidemica in Cina.

Deceduti in le patologie preesistenti più comuni

L’Istituto superiore di sanità ha analizzato i dati di 12.550 pazienti italiani risultati deceduti, alla data del 2 aprile 2020 (qui l’infografica), con (o per) Covid-19. Nella maggior parte dei casi (il 97%) c’era almeno una patologia preesistente. L’Iss ha svolto un’indagine di queste malattie in un un sotto-campione di circa 1.100 persone scomparse, di cui è stato possibile analizzare le cartelle cliniche del ricovero. La prima e la condizione più diffusa è l’ipertensione, presente circa nel 75% delle donne e nel 71% degli uomini del campione morti per Covid-19. Il diabete di tipo due è la seconda – e può essere anche compresente con l’ipertensione – ricorrente in circa il 30% dei pazienti. Poi ci sono fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, insufficienza renale cronica, cardiopatia ischemica e altre malattie (il cancro circa nel 16% delle donne e nel 17% degli uomini).

Ci sono anche 35 pazienti con meno di 40 anni, di cui 26 sono uomini e 9 sono donne. Fra questi, disponiamo dati clinici di 21 persone e sappiamo che 18 di loro avevano gravi patologie preesistenti (cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità), mentre 3 non avevano diagnosi di malattie rilevanti.

Deceduti in età e sesso

L’ampia maggioranza dei pazienti deceduti e risultati positivi al nuovo coronavirus ha sopra i 50 anni di età, mentre l’1,2% ha meno di 50 anni – tradotto in cifre non sono comunque basse in assoluto, si parla di 145 casi su un totale di 12.550 morti. L’età media delle persone decedute è 78 anni e due vittime su tre sono uomini, mentre l’età media dei contagiati accertati (ma potrebbero esserci molti casi sfuggiti al rilievo) è 62 anni.

Lo studio in Cina

Anche lo studio in Cina conferma in parte i dati italiani. Gli scienziati, fra cui alcuni affiliati al dipartimento di pneumologia del Second Medical Center & National Clinical Research Center for Geriatric Diseases, hanno analizzato i dati di 85 pazienti ricoverati in due strutture nella provincia di Hubei, deceduti fra il 9 e il 15 febbraio 2020. L’età media delle persone decedute è più bassa di quella italiana – anche se il campione è ridotto rispetto a quello italiano che include 12.550 casi – ed è pari a 65,8 anni. Anche qui, nel 72% dei casi si tratta di uomini.

Le patologie preesistenti più frequenti sono, come in nell’ordine: ipertensione, diabete di tipo 2 e cardiopatia coronarica. Inoltre, al momento del ricovero, circa l’81% dei pazienti aveva livelli bassi nel sangue degli eosinofili, importanti cellule che rientrano nei globuli bianchi, che generalmente nelle infezioni respiratorie gravi risultano ridotti. Questa eosinofilopenia, spiegano gli autori, potrebbe indicare una prognosi peggiore. Gli autori rimarcano che questi dati sono da riferire ai pazienti considerati e alla prima fase epidemica in Cina – l’epidemia in tempi e aree geografiche differenti può avere un impatto e caratteristiche diverse. “Dato che si tratta di una nuova pandemia, che sta continuamente evolvendo”, concludono gli autori, “riteniamo che la comunità medica debba procedere con una certa apertura di mente via via che si ha un numero sempre crescente di studi”.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]