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martedì, Ott 19

Cowboy Bebop sarà un successo strepitoso o un flop fenomenale



Da Wired.it :

Manca un mese al debutto della serie live action dell’anime di culto prodotta da Netflix e l’hype è sempre più alle stelle. Cogliamo l’occasione per riunire tutte le informazioni che abbiamo e usarle per prevedere cosa realmente ci aspetta, se un altro capolavoro o una tragica delusione.

Manca un mese esatto al debutto della versione live-action di Cowboy Bebop – di cui l’originale, siamo sicuri, si concordi tutti sia una pietra miliareanime di culto del 1998 incentrato su una banda sgangherata di cacciatore di taglie spaziali. La Cowboy Bebop con personaggi in carne e ossa arriverà, infatti, il 19 novembre prodotta da Netflix, la stessa piattaforma digitale che ci ha regalato quell’orrore inqualificabile che è il film di Death Note. Ma facciamo un passo indietro.

Netflix annuncia la realizzazione di una versione live-action di Cowboy Bebop in collaborazione con la Tomorrow Studios di One Piece nel 2018, dieci episodi da un’ora – contro ai 26 (+1) da venti minuti dell’anime – girati sotto l’egida dal regista dell’originale Shinichiro Watanabe nel ruolo di consulente, con Christopher Yost di Il mandaloriano a firmare il primo episodio Javier Grillo-Marxuach di The Middleman in qualità di co-autore. Yoko Kanno, compositrice dell’originale, torna a coprire la stessa posizione. Proprio Grillo-Marxuach rivela che la versione in carne e ossa sarà “un’espansione del canone originale”: non riprenderà paro paro il cartone ma approfondirà i personaggi e le loro storie, dalla relazione di Spike con i suoi datori di lavoro precedenti alla love story con Julia, dai trascorsi di Jet in polizia al traumatico passato di Faye, allargandosi fino a creare dei retroscena per gli antagonisti più amati.

Yost, nel frattempo, pubblica a maggio 2019 un’immagine di Ein. Il 23 agosto scorso Netflix diffonde le prime foto del cast nei panni dei rispettivi personaggi: nel ruolo di Spike c’è John Cho, l’attore cinquantenne (Spiegel ne ha una trentina) già interprete di Sulu nei film reboot di Star Trek, in quelli di Faye Daniella Pineda; Mustafa Shakir (Luke Cage) è Jet Black, Alex Hassell (The Boys) è Vicious, mentre Elena Satine sarà Julia. Di Ed, l’hacker ispirata a Yoko Kanno, non c’è traccia (nell’anime fa il suo debutto nel nono episodio).

Netflix non pubblica un trailer bensì la propria versione della sigla iniziale della serie, remake preciso dell’originale – stesso montaggio e stessa iconografia – sulle note di Tank della Kanno, mostra alcuni antagonisti noti ai seguaci del cult. Nella sigla si intravedono quelli che, senza ombra di dubbio, sono gli analoghi tridimensionali dell’altissimo rapitore di Ein Abdul Akim, del letale Pierrot Le Fou, della tragica coppia formata da Asimov e Katerina e dell’attempata ecoterrorista Maria Murdock, di Julia, di Vicious, dei gemelli. L’anno precedente Netflix aveva già annunciato i nomi di alcuni personaggi secondari: Ann Truong e Hoa Xuande nei panni dei sicari di Vicious, i gemelli Shin and Lin; Tamara Tunie nel ruolo della materna Ann e Mason Alexander Park in quelli di Gren.

Un annuncio, sulla stessa linea di quello del ritorno della Kanno, conferma che l’adattamento giapponese vedrà il ritorno dei doppiatori originali dell’anime nel 1998: Koichi Yamadera (Spike), Taiten Kusunoki (Jet), Megumi Hayashibara (Faye), Norio Wakamoto (Vicious) e Gara Takashima (Julia). Le riprese di Cowboy Bebop erano iniziate nel 2019 ma, a ottobre, un infortunio al ginocchio di John Cho blocca aveva bloccato le riprese per qualche settimana. In più, queste erano state ostacolate, similmente a molte altre produzioni americane, specialmente girate all’estero (quella di Cowboy Bebop è in Nuova Zelanda), dalla pandemia, poi ripristinate a luglio 2020 e concluse a marzo 2021. La serie viene presentata con tutti gli onori a Tudum, l’evento online dello scorso mese nel quale la piattaforma digitale ha presentato le sue prossime uscite.

Cosa possiamo aspettarci da Cowboy Bebop, remake “espanso” occidentale del cult originale nipponico? È evidente che Netflix ha imparato dai propri errori con Death Note – la sceneggiatura pacchiana, la regia mediocre ma soprattutto il whitewashing – e da altri (l’innominabile Ghost in the Shell con Scarlett Johannsson). Si è affidata a una squadra di otaku che hanno consigliato loro le mosse giuste, a partire dalle prove della presunta appassionata fedeltà all’opera originale: l’autrice dell’epica colonna sonora di nuovo in squadra, il regista del cartone in qualità di consulente, qualche nome della Sunrise – lo studio di animazione originale – a supervisionare la produzione. Evitato accuratamente di ripetere l’errore del whitewashing, le sceneggiature affidate a nerd dei fumetti come Yost e Grillo-Marxuach.

Poco importa che John Cho non sia il David Tennant o il Peter Capaldi del caso, ex fanatici di Doctor Who a cui è stato fatto l’onore di poter interpretare il mitico alieno: Cho non sapeva cosa fosse Cowboy Bebop, ma quando ha capito in cosa si era andato a cacciare e quanto il popolo della rete gli sarebbe stato addosso, preso da sacro terrore, si è giocato la carta dell’umiltà. Più furbetta Daniella Pineda (la Faye Valentine in carne e ossa), che l’ha messa sul ridere e ha pubblicato un paio di post sarcastici nei quali scherza sulla sua mancata somiglianza con l’originale – “Hanno ingaggiato me perché non hanno trovato un’attrice di un un metro ottanta, con la quarta di seno e una vita di 40cm” – “Non ho il costume di Faye perché era tanto striminzito che è andato perduto tra le mie chiappe durane le scene d’azione”. Peccato li abbia subito rimossi….

Insomma, sembra davvero che Netflix voglia fare le cose per bene, che Cowboy Bebop e i suoi protagonisti dall’immensa statura tragica possano davvero tornare a (ri)conquistare fan vecchi e nuovi, che Spike possa riportarci con sé in quella chiesa. Ma, ci sono alcuni “ma”. Che i responsabili di casa Netflix non si sentano sicuri è lampante: si sono lisciati il fandom il più possibile, ma in due anni non sono mai ricorsi a vere e proprie anteprime di scene come avrebbero se l’intenzione era quella, naturale, di mantenere alto l’hype e rassicurare il pubblico. Impossibile non essere scettici. Il cast è ben lungi dall’essere azzeccato, quindi il successo del progetto risiede tutto nei bardi del caso, ovvero nella capacità degli autori di raccontare storie ricreando quella, probabilmente impossibile, magia scaturita dalla narrazione originale, una pozione unica fatta di ipercitazionismo, ironia, nostalgia, malinconia, fatalismo, elucubrazioni esistenziali, il tutto immersa nella colonna sonora della vita. Siamo piuttosto sicuri che rivedremo Spike volar giù da quella chiesa sulle note di Green Bird, ma sarà di nuovo in grado di spezzarci il cuore?





[Fonte Wired.it]