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lunedì, Nov 16

Crew-1, la prima missione lunga di SpaceX, è partita verso la Iss



Da Wired.it :

Mentre la prima missione di lunga durata di SpaceX ridefinisce l’intero settore spaziale, negli Usa inizia la trasformazione politica (ed economica) extraterrestre

Una Crew Dragon disegnata mentre decolla dalla rampa 39A del Kennedy Space Center (immagine: SpaceX)

Crew-1, la prima missione di lunga durata operata da SpaceX per la Nasa, galleggia verso la Stazione spaziale internazionale (ed è visibile in diretta qui sotto). Salvo imprevisti, dovrebbe attraccare fra le 4 e le 5 del 17 novembre mattina e lì, sulla Iss, rimanere per i prossimi 180 giorni circa.

Nella notte italiana, all’1:27, e dopo un rinvio di 24 ore causato dall’intensità dei venti al largo che avrebbero potuto ostacolare il recupero del primo stadio, il Falcon 9 con in cima la capsula Crew Dragon Resilience ha acceso i nove propulsori Merlin e si è staccato da Cape Canaveral con il suo equipaggio: il comandate Michael Hopkins, il pilota Victor Glover e i due mission specialist Shannon Walker e Soichi Noguchi. Come ormai consueto dalla fine del 2015, il primo stadio del razzo è poi rientrato in atmosfera andando a posarsi sulla chiatta automatica Just Read the Instructions, circa 9 minuti dopo la partenza.

Per la seconda volta in nove anni, un equipaggio umano ha raggiunto lo spazio partendo dal territorio statunitense. Soprattutto, ed è questo il fatto più importante, per la prima volta una missione lunga in orbita bassa terrestre è operata da un’azienda privata per l’agenzia spaziale statunitense, che ne ha acquistato il servizio.

L’equipaggio della Crew-1 durante un test (foto: SpaceX)

Ai tantissimi che hanno seguito in diretta ogni fase di lancio, non dev’essere sfuggito quanto lo spazio stia cambiando, letteralmente, a vista d’occhio: quasi niente è più come prima.

Riposto al museo l’Astrovan delle missioni Gemini, Mercury, Apollo e Space Shuttle, ieri l’equipaggio della Crew-1 ha raggiunto la rampa 39A del Kennedy Space Center, quella da cui le Apollo saltavano verso la Luna, a bordo di due Tesla Model X, un altro prodotto firmato Elon Musk: è un primo indizio. Che l’equipaggio sembri uscito da un episodio di Star Trek, perfettamente assortito per competenze, generi e colori è la seconda indicazione, Che a bordo, la mascotte “gravitazionale” sia il Child mandaloriano, la terza: oggi lo spazio è anche ambito commerciale nonché veicolo perfetto per una comunicazione di massa. Si fa portatore di istanze e messaggi capaci di arrivare al pubblico di tutto il mondo, come di interessi privati in grado di ridefinirlo in ogni dettaglio (Neil Armstrong faticherebbe a riconoscere la rampa che lo lanciò nella storia, oggi gestita da SpaceX e completamente ridisegnata per adattarla ai nuovi traghetti spaziali della compagnia).

Da sinistra: Shannon Walker, Victor Glover, Mike Hopkins e Soichi Noguchi (foto: Nasa)

La prima missione operativa di un’azienda privata sancisce il successo inaugurale del Commercial Crew Program (o Ccp), quello che, inaugurato da Barack Obama e sostenuto con forza dall’uscente amministrazione Trump, rappresenta un definitivo cambio di paradigma nei programmi statunitensi e in tutta l’economia della nuova era spaziale: d’ora in poi e sempre di più lo spazio sarà affare privato. Anzitutto per quanto riguarda le orbite più prossime alla Terra, applicazioni e servizi compresi, il cosiddetto downstream; poi nel passo successivo, quello verso l’esplorazione profonda e l’utilizzo di risorse lontane dal nostro pianeta, un percorso che nella Luna  e in Marte vede le sue prossime tappe.

Beninteso, la strada non è breve né di facile costruzione: sebbene gli esperti considerino il raggiungimento dei futuri obbiettivi extraterrestri una questione inevitabile e perlopiù affrancata da avvicendamenti politici, proprio mentre Resilience avvicina la Iss, gli Stati Uniti si agghindano per la prima amministrazione Biden.

In ambito spaziale, la ridefinizione di ruoli, progetti e strategie sembra non essere partita in modo incoraggiante per gli entusiasti di un ritorno rapido sulla Luna o per la Mars generation: pochi giorni prima che Resilience decollasse, il Senate Appropriations Committee ha infatti pubblicato le proprie proposte di budget 2021 per alcune agenzie federali, Nasa compresa. Secondo il comitato, all’agenzia spaziale dovrebbero andare 23,5 miliardi di dollari, un aumento di 866 milioni rispetto all’anno scorso ma una cifra inferiore a quanto chiesto ufficialmente dall’ente (25, 2 miliardi) e comunque insufficiente a garantire che la prima donna e il prossimo uomo calchino il suolo selenico entro il 2024 come previsto da Artemis.

Al programma lunare, fortemente sostenuto da Trump, sarebbero destinati in tutto 2 miliardi e 123 milioni, da dividere fra le ricerche scientifiche sugli astronauti, la stazione Lunar Gateway e lo Human Landing System, che da solo, secondo le richieste iniziali, necessiterebbe di oltre tre miliardi.

Per quanto sia improbabile che la proposta venga approvata – anche alla luce dell’equilibro fra repubblicani e democratici che si prospetta al Senato – la partita rimane aperta.

Elon Musk e l’amministratore della Nasa, Jim Bridenstine, lo scorso 30 maggio (foto: Paul Hennessy/Sopa Images/LightRocket via Getty Images)

Aperta è anche la gara per chi succederà a Jim Bridenstine nell’amministrazione della Nasa. Nemmeno in questo caso le premesse sembrerebbero delle migliori per i sostenitori dell’esplorazione cosmica. Beninteso, premesse ufficiose: infatti, mentre Biden ha già presentato la squadra di transizione per molte attività e agenzie governative, sono solo voci quelle che si rincorrono sul prossimo numero uno dell’agenzia spaziale.

Fra i nomi più chiacchierati, svettano quello di Kendra Horn, presidentessa della sottocommissione della Camera per lo spazio e l’aeronautica, nonché promotrice, lo scorso gennaio, di una proposta di legge che bloccherebbe Artemis, e Lori Garver, numero due della Nasa dal 2009 al 2013 (sotto l’amministrazione Obama) e una delle più attive sostenitrici della cancellazione del programma Constellation (che sulla Luna avrebbe previsto di tornarci nel 2020). Per non dire di un suo recente editoriale, in cui ha proposto di orientare la Nasa al contrasto dei cambiamenti climatici più che all’esplorazione dello spazio.

Khaty Leuders, attualmente a capo della sezione volo umano della Nasa (foto: Kim Shiflett/Nasa)

Agli space enthusiast non resta che sperare prevalga la terza più nominata, Kathy Lueders, ingegnere, figura non politicizzata e oggi a capo della sezione di volo umano della Nasa, la prima donna con questo ruolo. È stata lei, per conto dell’ente spaziale, a firmare il 13 novembre la certificazione ufficiale al volo umano della capsula Dragon, del razzo Falcon 9 e dei sistemi di supporto a terra. Un risultato mai ottenuto da alcuna azienda privata prima; l’ultima volta che la Nasa certificò un sistema per il trasporto manned fu per lo Space Shuttle, 40 anni fa.

Lueders è stata per anni la responsabile del Commercial Crew Program, proprio quello nell’ambito del quale Resilience sta volando per ridefinire le nostre ambizioni extraterrestri.

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[Fonte Wired.it]