De Luca interpreta la sequenza come un segnale chiaro: “Zelensky è rimasto molto indebolito da questo scandalo proprio perché, nonostante le minacce di ritorsione contro le procure e gli appelli all’unità nazionale, alla fine ha fatto tutto quello che le autorità anticorruzione, direttamente o indirettamente, gli chiedevano. Questo ci parla di un momento di profondissima fragilità”.
Senza il suo braccio destro, aggiunge, il rischio è che lo stesso Zelensky si ritrovi “più debole e isolato” nel gestire una guerra che va male sul fronte militare e, peggio, su quello economico.
Nel frattempo, il vuoto lasciato da Yermak si vede già sul dossier più sensibile: i negoziati di pace. Secondo varie ricostruzioni, l’ex capo di gabinetto era considerato troppo ingombrante e poco gradito a molte capitali occidentali; la sua uscita, quindi, potrebbe anche essere un tentativo di rendere più “digeribile” a Washington e Bruxelles qualsiasi compromesso futuro. Al posto suo, Zelensky ha nominato Rustem Umerov, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, alla guida della delegazione ucraina nei colloqui con gli inviati di Trump, prima a Ginevra e poi in Florida.
C’è persino il rischio di un golpe interno?
Per Zelensky, ora il problema non è solo trovare un nuovo capo dell’Ufficio presidenziale, ma decidere se scegliersi un altro fedelissimo, oppure provare a riequilibrare i poteri. I nomi che circolano sono molti: la premier Yulia Sviridenko, che però non può cumulare i due incarichi senza aprire una crisi parlamentare; lo stesso Umerov, già sovraccarico; figure dei servizi come Kyrylo Budanov; tecnocrati vicini al mondo digitale e all’esercito.
Ma la domanda più inquietante che emerge, soprattutto leggendo i canali più estremi dei social ucraini, è se la debolezza di Zelensky possa gettare le basi per un vero e proprio di colpo di Stato, guidato da settori dell’esercito e della galassia ultranazionalista.
Secondo l’analista, esperto di difesa, Franz-Stefan Gady, se Zelensky dovesse cedere le città pesantemente fortificate del Donbass settentrionale, come richiesto dal piano di Trump, potrebbe scatenare una rivolta nei militari.
Peter Korotaev, giornalista che cura la newsletter Events in Ukraine, sostiene che un colpo di stato nazionalista in Ucraina è improbabile, soprattutto perché il potere di Zelensky si sta già indebolendo e i nazionalisti godono comunque di una crescente influenza all’interno dello Stato con Andriy Biletsky, fondatore di Azov, da poco promosso a generale di brigata, rendendo inutili al momento prove di forza.
Le discussioni complottiste
Nei seguitissimi account militari su Telegram, utili per monitorare il polso del dibattito interno, i toni si fanno più accesi. Ukrainian Militant, vicino ai servizi, negli ultimi tempi sta criticando sempre più duramente Zelensky. Racconti del IV Impero invoca elezioni democratiche, sostenendo però provocatoriamente che anche Hitler salì al potere tramite elezioni e che “il modello” dovrebbe essere replicato in Ucraina. Secondo lui, l’attuale “dittatura di guerra” favorisce solo “gli Yermak e gli ebrei”. White Sun accusa la gioventù di Azov di essersi normalizzata e integrata nelle strutture ufficiali, beneficiando dell’attuale status quo invece di perseguire un vero cambiamento rivoluzionario.



