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mercoledì, Giu 10

Curon porta le serie tv italiane oltre l’abisso del soprannaturale



Da Wired.it :

La nuova produzione prende un luogo magnetico del nostro paesaggio e lo trasforma nel catalizzatore di una storia che, pur coi soliti difetti, riesce a far fare decisi passi in avanti al genere

C’è un paradosso, non necessariamente sempre negativo, che caratterizza la sovrabbondanza di produzioni seriali portate avanti da piattaforme streaming internazionali come Netflix: da una parte lo sforzo è di diversificare l’offerta commissionando parecchie produzioni locali, dando a ogni mercato nazionale i suoi titoli; dall’altra impone, quasi inconsciamente, uno standard di uniformazione internazionale (molto spesso americanofila). Curon, la nuova serie originale italiana di Netflix che fa il suo debutto il 10 giugno, è un buon compromesso fra queste due tensioni: prende cioè un’ambientazione nostrana in tutte le sue tipicità e la piega a una dramma soprannaturale che guarda in modo palese a modelli esteri.

Se il più recente Luna nera era un tentativo piuttosto pecoreccio di sondare questo genere, Curon, non senza alcuni difetti residui, mostra di aver incamerato con convinzione, con tratti di mimesi pedissequa, la lezione di serie estere come la tedesca Dark o, ancora più precisamente, la francese Les Revenants. I punti in comune con quest’ultima in particolare sono parecchi: ci troviamo anche qui in una cittadina dominata dalla presenza di un enorme specchio d’acqua il quale porta con sé misteri inquietanti; anche qui si parla di ritorni e anche qui ci sono figure verosimilmente umane che compaiono dal nulla mettendo in subbuglio equilibri familiari e di paese; anche qui la fotografia è cupa e dilavata.

La storia è di quelle ordinarie che man mano in un crescendo di tensione svelano profondità straordinarie: fuggita a Milano appena maggiorenne dopo alcuni eventi traumatici, Anna Rainer (Valeria Bilello) torna nel suo paese natale di Curon, portando con sé i figli gemelli adolescenti, Mauro (Federico Russo) e Daria (Margherita Morchio). L’accoglienza del paese, che vede nei Rainer una pericolosa minaccia all’equilibrio, e persino del padre di lei, Thomas (Luca Lionello) sono tutt’altro che gioviali. Mauro e Daria devono anche affrontare i propri coetanei a scuola, anche se troveranno dei rivali/alleati nei due fratelli Micki e Giulio, figli dell’ex fiamma della madre. Quando Anna scompare misteriosamente, saranno proprio i ragazzi a mettersi sulle sue tracce, scoprendo un segreto che riguarda la natura chiaroscurale stessa di Curon.

C’è da dire che molto qui lo fa l’ambientazione, ed è rinfrancante che gli sceneggiatori guidati da Ezio Abbate siano riusciti a sviluppare una narrativa del genere rileggendo un luogo suggestivo ma, se vogliamo, rimosso dal nostro immaginario (lo scrittore Marco Balzano, a dire il vero, vi aveva ambientato il romanzo del 2018 Resto qui): Curon è un paese a cavallo fra Italia e Austria, diviso quindi da queste due anime nazionali, ma anche dal fatto che il paese vecchio è stato completamente sommerso negli anni Cinquanta per permettere la costruzione di una diga. Da lì emerge solo un vecchio campanile senza campane, la cui presenza magnetica sarà un vero e proprio catalizzatore di tutte le vicende soprannaturali della serie.

curon

Non c’è nulla di estremamente originale nel modo in cui Curon costruisce la sua tensione, mescolando luci che sfarfallano, sguardi torvi, colonna sonora ansiogena e così via. Raramente però, almeno in contesto italiano, si era visto un tentativo così convinto di inseguire un genere che non eravamo mai riusciti ad affrontare con grande convinzione (se non vogliamo ricordare certi sceneggiati Rai anni Settanta davvero terrificanti, nel senso buono del termine). Certo rimangono le solite problematicità, a partire da una recitazione a volte esageratamente enfatica (più da parte degli attori veterani che dei più giovani, bisogna dire), qualche dialogo eccessivamente didascalico o qualche volontà di diluire e rendere per forza trasparente la trama che non giova spesso al meccanismo del mistero. Eppure, visti i precedenti, siamo di fronte a un grande passo avanti.

La maturità di una serie di Curon, e per certi versi la sua dirompenza, è anche il tentativo di non forgiare nessun tipo di figura eroica: a tratti quasi tutti i personaggi passano per stolti o insopportabili, ma ognuno cerca di convivere coi propri difetti o quelli che considera tali (la sordità, l’irruenza, un’identità sessuale non ancora chiara, una famiglia da cui fuggire) e di voltarli al meglio. Si parla di alcolismo, di dipendenze, di violenza domestiche, di disagi adolescenziali, e tutti come problemi che, in un modo o nell’altro, albergano in ognuno di noi. Curon è proprio un’inquietante metafora sulla duplicità che ci abita e a volte esonda come una piena inarrestabile. E se c’è un antidoto a tutto ciò forse sta proprio nei rapporti umani, in primis quello simbiotico e amorevole fra Mauro e Daria, che si proteggono sempre e comunque: anche questa una rappresentazione televisiva per certi versi inedita.

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[Fonte Wired.it]