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sabato, Ott 24

Cyberpunk 2077 e gli altri, quando i videogame riscrivono le regole della pubblicità



Da Wired.it :

La partnership fra la Porsche e la casa produttrice Cd Projekt Red è solo la punta dell’iceberg di un approccio nuovo e sempre più efficace

Cyberpunk 2077 sta arrivando. E due cose, il videogame più atteso dell’anno, le ha messe in chiaro ben prima della sua uscita, prevista il prossimo 19 novembre.

La prima è che il nuovo titolo dei polacchi Cd Projekt Red ha la sbandierata ambizione di incidere, in maniera indelebile, la storia del settore. La seconda è che il mondo del futuro in cui sarà ambientato, distopia par excellence dichiarata fin dal titolo e dalla sua matrice originaria (il pen & paper Cyberpunk 2020 ideato da Mike Pondsmith e distillato dalla letteratura dei primi William Gibson e Bruce Sterling), dominato dalle corporazioni è, ancora prima di girarci dentro con il joypad in mano, uno specchio della realtà. Uno specchio nemmeno troppo deformante, a dirla tutta, anzi, così vicino al nostro quotidiano da integrarne i marchi guadagnandoci in stile e coerenza.

Prima ancora di giocarci, Cyberpunk 2077 è già la sintesi del settore, altro che “meta narrazione”, è la summa di quello che il gaming, oggi, ha da offrire alla società contemporanea: svago e riflessione profonda, intuizione artistica e marketing aggressivo, critica al sistema e ossequiosa adesione a un’industria con regole codificate e poco scalfibili; sesso, pixel e Keanu Reeves (che in questo caso suona pure il rock’n’roll). In sintesi, mai termine fu più pertinente, Cyberpunk 2077 è più reale della realtà. Se si volesse capire come funzionano il marketing e il mondo dei videogiochi oggi non sarebbe azzardato adottarlo come libro di testo. E questo, bene ribadirlo, senza che il titolo sia uscito.

Il primo teaser del gioco, pubblicato nel 2013 (immagine: Cd Projekt Red)

Lo si era capito già da quel primo teaser pubblicato nel 2013 e poi abbandonato a se stesso, fra i sogni (umidi, anche di lacrime) di milioni di adepti conquistati da un colpo di fulmine. Ricordava un “frammento” à la William Gibson, quello dell’Accademia dei sogni però, sorta di scheggia visiva di un’opera incompleta ma capace di generare culto e bramosia. Al suo primo vagito, il gioco di Cd Projekt Red aveva attivato la contemporanea macchina dell’hype spingendone il tasto più efficace: la mistica del mistero. Quindi, a suon di rivelazioni e dettagli diffusi ad arte, ha costruito la sua liturgia per oltre un lustro, fino a diventare un successo ancor prima di mostrare una sequenza giocata (chiedete conferma a chi ha pagato a peso d’oro le sue action figures, spesso senza nemmeno sapere chi o cosa rappresentassero).

Qualche giorno fa ha aggiunto la ciliegina: ha ribadito, appunto, di stare arrivando e ha fatto sapere a tutti di stare arrivando su una Porsche 911 Turbo guidata da Johnny Silverhand, la declinazione in pixel e rock’n’roll di Reeves.

Nell’intricato, disilluso, sporco (e molto simile al nostro) mondo di gioco entreremo quando Cyberpunk 2077 sarà in vendita. Adesso è sul rombo di quella Porsche che ci sembra più interessante soffermarci, perché la partnership fra la software house polacca e la casa automobilistica tedesca costituisce la punta dell’iceberg di quella sovrapposizione fra realtà e simulacro digitale che oggi il gaming celebra di continuo. In fondo, il passo fra la declinazione in pixel della coupé di Stoccarda e l’esport, per esempio, non è così ampio.

La Porsche di Silverhand ha un ruolo preciso in Cyberpunk, ma non voglio rovinare la sorpresa” spiega a Wired Paweł Czyżewski, senior vehicle concept designer di Cd Projekt Red; “ciò che posso dire è che i giocatori non la confonderanno con altri veicoli. Dopotutto, la classica 911 Turbo è un’icona automobilistica e ci siamo assicurati che il modello in-game mantenga l’estetica dell’originale, sotto forma di silhouette, spoiler sportivo e carrozzeria allargata. Tuttavia, per rendere l’auto credibile nel mondo di Cyberpunk 2077, abbiamo aggiunto alcuni elementi che la renderebbero omologata per muoversi a Night City: un lidar attaccato alla parte anteriore, un set di sensori a supporto del veicolo in modalità autonoma, schermi multipli che sostituiscono gli specchietti e targhe speciali sul tetto. Quest’ultimo ritocco racconta che, nel 2077, le automobili devono essere identificabili dagli ufficiali Ncpd, dai veicoli aerei della polizia”.

L’auto di Johnny Silverhand, una Porsche 911 Turbo (immagine: Cd Projekt Red)

Il punto è chiaro: non è semplice product placement, ne è l’evoluzione, va da sé, interattiva. La partnership commerciale si declina nel contesto narrativo e produce un oggetto configurabile, o comunque un elemento attivo del racconto. È anche più dei bolidi dalle marche riconoscibilissime guidate, al cinema, da Iron-Man o Batman, perché nel gaming il prodotto o il marchio possono restituire feedback specifici. E lo fanno assecondando le proprie identità: “con l’auto originale, risalente al 1977, non c’era molto materiale su cui basare i nostri design e i concept iniziali” conferma Czyżewski. “Tutto ciò su cui siamo riusciti a mettere le mani è stato integrato da foto e dall’uso di una tecnica speciale basata sulla fotogrammetria. Credo che il risultato finale sia una fedele riproduzione di una macchina senza tempo e un omaggio a un pezzo leggendario della storia automobilistica”.

Emerge un altro aspetto significativo: la trasposizione videoludica dell’oggetto può costituirne una celebrazione museale senza, per questo, trattarlo come un reperto, un oggetto “morto”, da museo appunto, ma rivitalizzandolo nella memoria (e magari fra gli acquisti) del pubblico contemporaneo.

Non solo cyberpunk…

Le potenzialità della brandizzazione interattiva erano state colte, giusto un anno fa, anche dalla moda, ambito commerciale che fa dell’esclusività la propria essenza. Un dato significativo, perché suggerisce come i brand scelgano i videogiochi per fidelizzare un pubblico giovane o giovanissimo e quindi commercialmente appetibile in potenza, vale a dire nel futuro.

È stato Louis Vuitton, nell’ottobre del 2019, a portare il lusso nelle arene di combattimento di League of Legends, con un post via Instagram di Nicolas Ghesquière, il direttore artistico della linea femminile già noto per la sua passione videoludica (nel 2016, quale testimonial della collezione Primavera Estate, aveva scelto Lightning, l’eroina più amata di Final Fantasy).

Qiyana, champion di League of Legends, nella “skin” disegnata da Nicolas Ghesquière, direttore artistico  di Louis Vuitton (immagine: Riot Games)

La partnership fra la maison e Riot Games aveva dovuto affrontare il tradizionale scetticismo dei gamer nei confronti di operazioni posticce, percepite come avulse dalla loro cultura. La chiave di accesso, in quel caso, era stata trovata negli abiti dei True Damage, band hip hop inesistente, proprio come i dominatori delle classifiche K/DA, ma calata con eccezionale pertinenza nella mitologia di LoL.

Da lì era stato un florilegio di giochi come B Bounce, il primo online game di Burberry, come Gucci Arcade ed Endless Runner, quest’ultimo sempre di Louis Vuitton ma ispirato alla collezione Autunno Inverno 2019 di Virgil Abloh.

La collaborazione fra Porsche e Cyberpunk 2077, o quella fra Louis Vuitton e Lol configurano però un’evoluzione più raffinata e concettualmente affine a quella, inaugurata nel 2019, fra Mac Cosmetics e Honour of Kings, per cui il marchio cosmetico realizzò una collezione di rossetti ispirandosi al social buzz tra le giocatrici, che già avevano espresso interesse per il make up delle protagoniste in-game. La collezione, un sold out immediato, era organica all’universo di gioco.

Per questo che Johnny Silverhand/Kaenu Reeves sfrecci su una Porsche 911 per le strade di Night City ha a che fare con l’esport.

Cyberpunk 2077 uscirà il prossimo 19 novembre (immagine: Cd Projekt Red)

… ma anche esport

Alla crescita del gaming competitivo, infatti, oggi contribuiscono sponsor come Amazon, Red Bull, McDonald’s e Coca Cola, Nike, Adidas o Gilette, e appunto buona parte delle case automobilistiche, con Mercedes-Benz e Renault in testa. Se per i marchi già legati all’ambito agonistico l’investimento è logico, il coinvolgimento di aziende che producono moda, cosmetici o vetture suggerisce una rivoluzione epocale nei gusti e nelle abitudini di consumo: detto in breve, oggi l’esport raggiunge il pubblico più giovane – le statistiche parlano di appassionati fra i 15 e 40 anni, in grande prevalenza maschi fra i 15 e i 25 -, un’audience sempre più difficile da intercettare per i media tradizionali. Un’audience che invece di andare allo stadio per la finale scudetto è molto più interessata a seguire ragazzi che da soli (come in StarCraft) o in team (come in Dota 2 o League of Legends) si contendono il dominio di una mappa elettronica con strategie che sommano l’abilità di calcolo alla destrezza sul pc.

A pensarci bene è per lo stesso motivo che, al cinema, i super eroi sfrecciano su bolidi dagli stemmi ben in evidenza. Perché è lì, fra un supereroe e una partita di Fortnite trasmessa in diretta, che si raccoglie buona parte degli acquirenti di domani. Ben oltre la (meta)narrazione e la distopia in salsa Gibson, Cyberpunk 2077 potrebbe non raccontare un mondo parallelo: è più probabile parli proprio del nostro.

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[Fonte Wired.it]