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mercoledì, Ott 02

Da prof dico che la scuola deve parlare di più del problema ambientale agli studenti


Come l’immigrazione e il web è una delle grandi questioni del nostro presente che condizionerà il nostro futuro. Parlarne ai ragazzi è doveroso. E per niente semplice

Lo scorso venerdì 27 settembre si è tenuto il Global Strike for future, lo sciopero a livello internazionale dei giovani per protestare contro il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Diverse polemiche, più o meno serie e più o meno pertinenti, sono emerse, a partire dalle notizie controverse riguardo Greta Thunberg, la paladina del movimento, che sarebbe “manovrata” da poteri capitalistici ai diversi meme sulla questione climatica.
Una di queste polemiche ha riguardato, naturalmente, l’ambiente scolastico. Una nota del Miur (Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca) del 23 settembre ha manifestato aperto appoggio all’iniziativa, scrivendo che “l’onorevole Ministro esprime l’auspicio che le scuole, nella propria autonomia, possano considerare l’assenza degli studenti per la giornata del 27 p.v. motivata dalla partecipazione alla manifestazione, utilizzando le ordinarie modalità di giustificazione delle assenze adottate dalle stesse scuole”.

Di qui, chiaramente, ogni tipo di interpretazione dell’azione del Ministro. Da chi è contento che Fioramonti si sia esposto per avvallare la manifestazione, poiché un tema tanto importante e attuale non deve in alcuna maniera passare inosservato soprattutto per i giovani, a chi sostiene che tale consenso svilisca il senso stesso della protesta, poiché sembrerebbe screditare il regolare svolgimento delle lezioni a favore di un interesse superiore.

Di certo la concessione ministeriale sembra un po’ paradossale. Almeno secondo la mia visione personale, uno sciopero, anche se scolastico, ha senso se crea disagio, se rompe una certa routine, se scardina le file dei banchi per dar voce a qualcosa che diversamente non potrebbe essere ascoltato. Credo che alcuni degli studenti, magari i meno ingenui, avranno polemizzato loro stessi contro questa “giustificazione”; in fondo una protesta dovrebbe essere una protesta, non una passeggiata in piazza a sventolare cartelloni per poi continuare a ignorare il problema dal giorno successivo. E in fondo siamo tutti abbastanza grandi da comprendere che una tale affluenza di massa, come tutte le affluenze di massa, sia stata possibile proprio grazie alla mancanza della deterrenza.
Ma forse la mossa del Ministro, oltre a essere magari dettata dal buon senso e da una spinta positiva (voglio essere ottimista in questo), nasce da una consapevole inadeguatezza degli strumenti educativi a disposizione della scuola riguardo la questione. Insomma, la domanda è: si parla abbastanza del problema climatico a scuola? E se sì, in che termini e quali sono le iniziative che vengono prese all’interno del percorso formativo?

Come al solito la risposta è complessa e spesso, troppo spesso, delegata all’autonomia dell’istituto (un’autonomia a doppio taglio, senza dubbio) o peggio ancora alla storia, alle conoscenze e al temperamento individuali del singolo docente che, come in altri casi (vedi l’aggiornamento sull’attualità oppure la preparazione sul tema scottante di Cittadinanza e Costituzione, ormai materia fondante dell’esame orale), sono spesso inefficaci, carenti, inadatti.
Il tema, dopotutto, è ancora giovane, viviamo trasformazioni globali e di massa talmente rapidi e mutamenti di sistema così radicali che diventa difficile adeguare nel migliore dei modi le strutture istituzionali esistenti. Educare i ragazzi a tematiche così importanti, facendo comprendere loro quale sia davvero la posta in gioco, non è semplice e non è detto che sia realizzabile in tempi stretti. Tuttavia è necessario che ogni figura istituzionale prenda coscienza della questione, che essa sia avvallata o meno dai piani alti, dal Dirigente Scolastico all’ultimo dei collaboratori, affinché, polemiche e opinioni personali a parte, il messaggio genuino del movimento riesca a passare, tra i banchi di scuola oppure in piazza, che si sia giustificati o meno.

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