Il percorso che trasforma il plasma in farmaci salvavita è uno dei processi più complessi e meno raccontati della medicina moderna. Una filiera che parte dal gesto generoso dei donatori e arriva a terapie essenziali per migliaia di persone con malattie rare e condizioni croniche, passando per ricerca scientifica, ingegneria industriale, tecnologie digitali e investimenti strategici. È un tema che riguarda la salute pubblica, l’innovazione e la sostenibilità del sistema sanitario nazionale, ed è al centro di un dialogo condotto da Wired e dedicato a esplorare i nodi cruciali tra scienza, industria e società.
Il plasma e la sfida della domanda crescente
L’aumento della domanda globale di plasmaderivati e l’impegno dell’Italia verso l’autosufficienza nazionale rendono la filiera del plasma un elemento strategico per il futuro del sistema salute. Questa risorsa non è ottenibile tramite sintesi e richiede donazioni costanti, ma la sua trasformazione in terapie richiede mesi di processi industriali avanzati, controlli rigorosi e investimenti continui. Negli ultimi anni Takeda ha investito nel rafforzamento della propria capacità produttiva, introducendo automazione, digitalizzazione e processi avanzati che incidono sulla qualità, sulla sicurezza e sulla continuità delle terapie plasmaderivate.
In questo senso Anna Maria Bencini, General Manager Takeda Italia, ha richiamato anche la responsabilità del sistema nel garantire un flusso stabile di terapie: “Se mettiamo a rischio l’approvvigionamento di plasmaderivati, mettiamo a rischio il diritto alla salute di migliaia di persone che non hanno alternative terapeutiche disponibili“. Una prospettiva che restituisce la complessità di una filiera chiamata a evolvere per rispondere a una domanda di cura sempre più elevata. Il quadro normativo resta complesso: meccanismi come il payback influenzano la sostenibilità economica dei farmaci salvavita, mentre Regioni e sistemi interregionali coordinano la gestione pubblica del plasma secondo un modello che punta a mantenere il controllo sulla materia prima. È una filiera che richiede equilibrio tra responsabilità industriale, sostenibilità del sistema sanitario e continuità terapeutica.
Innovazione scientifica, culturale e digitale nelle plasmaterapie
Accanto alla dimensione industriale, c’è un cambiamento culturale e digitale che riguarda la partecipazione dei cittadini e la comprensione del valore del plasma. La consapevolezza pubblica, infatti, è una delle condizioni fondamentali per garantire la disponibilità di questa risorsa limitata. Al talk ha partecipato Chiara Schettino, co-fondatrice e Ceo di Rosso, la startup che sta contribuendo a costruire un’infrastruttura digitale e culturale per il sistema sangue italiano: “La donazione è un gesto profondamente personale, ma diventa cura solo se tutta la filiera riesce a coordinarla, valorizzarla e renderla continua nel tempo”.
La sua esperienza mostra come il digitale possa migliorare la relazione tra donatori, associazioni, centri di raccolta e istituzioni, rendendo la donazione più informata, accessibile e partecipata. La componente culturale è decisiva: comprendere da dove viene un farmaco plasmaderivato e perché richiede così tante donazioni annuali per un singolo paziente significa riconoscere il valore sociale, oltre che clinico, di questa filiera. Il digitale permette di avvicinare cittadini e sistema sanitario, rendendo visibile ciò che normalmente resta dietro le quinte.



