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mercoledì, Mar 18

dal riconoscimento facciale al tracking geolocalizzato


Medici, infermieri, ricercatori, protezione civile, volontari, agenti di pubblica sicurezza che monitorano le strade. Lo sforzo messo in campo per contenere la pandemia di Covid-19 attualmente in corso è enorme e serve l’aiuto di tutte queste professionalità. Gli sforzi umani purtroppo potrebbero non bastare e le tecnologie si rivelano in questo caso particolarmente utili a rendere più efficaci le azioni intraprese, sia per quel che riguarda il monitoraggio dei contagiati sia per lo sviluppo di una terapia o un vaccino. Tecnologie che hanno due nomi precisi, big data e intelligenza artificiale (AI). Vediamo in che modo sono state utilizzate e modulate in relazione alla privacy dei cittadini. Partendo dalla situazione italiana.

Lombardia, il tracking anonimo

Un sistema di monitoraggio degli spostamenti della popolazione è stato approntato anche in Lombardia. Il tracking in realtà è molto blando e riguarda i dati raccolti dalle celle dei ripetitori a cui si collegano gli smartphone dei cittadini, grazie alla collaborazione degli operatori telefonici. I dati sono anonimi, il che li rende più che altro indicativi del numero di spostamenti effettuati durante la giornata ma non è in grado di capire se chi si è mosso era in possesso di un’autorizzazione o meno. Sono in via di sviluppo anche alcune app sul modello coreano, come quella segnalata dal Corriere della Sera, che però mancano ancora dell’autorizzazione ministeriale e saranno utili dopo l’attuale fase di lock down.

Cina sotto controllo

In Cina, dove la situazione sta tornando vivibile e le famose ‘curve’ di progressione del covid-19 hanno iniziato a prendere la giusta china, è stato dispiegato il massimo delle soluzioni tech e il minimo di privacy dei cittadini. La reazione cinese all’epidemia originata a Wuhan è stata tecnologicamente imponente. I cittadini sono stati monitorati in modo capillare e con ogni strumento disponibile. Innanzitutto i software di riconoscimento facciale, adottati dal governo cinese in ogni luogo di grande affluenza – come le stazioni della metro, del treno e gli aeroporti, ma anche grandi magazzini e centri commerciali. I cittadini cinesi non sono solo monitorati e riconosciuti ma sono anche sottoposti a uno screening ‘invisibile’ in grado di stabilirne la temperatura corporea, tecnologia implementata anche in speciali caschi hi-tech in dotazione alle forze dell’ordine. Oggi, muoversi in Cina è possibile solo registrandosi in ogni luogo visitato, sia esso un centro commerciale, un taxi o un qualsiasi altro mezzo di trasporto e financo nei condomini privati. I cittadini devono inoltre permettere a chi effettua i controlli di controllare la cronologia delle attività svolte negli ultimi quindici giorni. Il coinvolgimento degli operatori telefonici e delle piattaforme social cinesi è fondamentale in questa ricostruzione del passato prossimo di ogni cittadino. Per farsi un’idea più precisa di come ci si muove oggi in Cina è illuminante questo servizio video della giornalista cinese Carol Yin.

Health Code

L’immensa quantità di dati generati da questi software vengono poi dati in pasto all’AI perché ne ricavi previsioni su possibili nuovi focolai. Per far questo è stato allestito un sistema chiamato Health Code, in grado di assegnare a ogni cittadino un grado di pericolosità epidemica. Se gli spostamenti e gli incontri non sono avvenuti in situazioni potenzialmente pericolose, viene assegnato un codice verde, giallo per chi ha avuto contatti meno sicuri e rosso per chi è da mettere in quarantena. A ogni codice corrisponde un grado di libertà di azione diverso. Il timore di molti, e soprattutto dei difensori delle libertà civili, è che anche cessato l’allarme della pandemia in corso, simili strumenti rimangano in uso.

Corea del sud, cento metri di distanza

Molta tecnologia anche nella risposta che all’emergenza Covid-19 ha dato la Corea del sud. La differenza è nel modo meno coercitivo con cui è stata dispiegata. Il governo coreano ha reagito prontamente all’epidemia, individuando i contagiati e risalendo ai loro spostamenti e incontri nelle settimane precedenti l’insorgenza di sintomi. Ai coreani è stato poi chiesto di scaricare un’app, battezzata Corona 100m, che indica agli utenti la presenza di possibili focolai nel raggio di cento metri dalla loro posizione. Anche chi non scarica l’app ha la possibilità di conoscere la posizione dei contagiati e i loro movimenti pregressi tramite una mappa chiamata Coronamap

L’Iran si affida a un’app

Diverso l’approccio del governo iraniano, che si trova a dover gestire una delle più preoccupanti diffusioni del Covid-19. Teheran ha sviluppato un’app, battezzata AC19, per seguire i movimenti dei cittadini e aiutarli nella diagnosi dell’infezione. Il sistema di diagnosi è in realtà basato su una serie di domande, le risposte arrivano al Ministero della Salute e da quel momento scatta il tracking via app dei movimenti dell’utente. Ci sono stati però alcuni problemi, legati alla condizione tecnologica di partenza dell’Iran. L’app non funziona bene sui dispositivi che non hanno l’ultima versione di Android, e la stima è che il 40 per cento della popolazione non abbia smartphone sufficientemente evoluti per interagire con AC19. Inoltre il sistema è volontario (è giusto un sms a tutti i cittadini inviato dal Ministero della Salute con l’invito a scaricare l’app). 

Israele e l’antiterrorismo

Tutt’altro scenario a Tel Aviv, dove il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ufficialmente autorizzato l’intelligence israeliana ad adottare per tutti i cittadini le stesse misure finora usate contro i presunti terroristi. Si tratta di estendere un sistema già attivo su tutta la popolazione (previo voto favorevole del Parlamento) ed è comprensibile che non se ne conoscano tutti i dettagli, dato che è usato dai servizi segreti. Quel che si sa è che la maggior parte dei dati saranno raccolti dagli smartphone della popolazione, con particolare attenzione alla geolocalizzazione e alla vita sociale dei cittadini israeliani. Anche sui software di AI dispiegati per analizzare questi big data, non c’è ufficialità, ma quel che è sicuro è che il Shin Bet è da sempre considerato un’eccellenza nell’uso di tecnologie e quindi l’intelligenza artificiale sarà sicuramente utilizzata. 

La ricerca

In tutte le democrazie occidentali big data e AI vengono utilizzate per altri scopi, e segnatamente per conoscere meglio il covid-19 e per trovare migliori strumenti diagnostici e una cura (terapia o vaccino che sia). Big data e collaborazione tra scienziati di tutto il mondo hanno permesso di individuare e conoscere il virus, accelerando notevolmente i tempi rispetto al passato.

Diagnostica e AI

Sul fronte degli strumenti diagnostici lo sforzo più sensibile è stato compiuto da Alibaba, la piattaforma di e-commerce di proprietà della più grande internet company cinese, che grazie all’intelligenza artificiale ha messo a punto una TAC toracica in grado di diagnosticare il coronavirus in pochi secondi e con una percentuale di successo del 96 per cento. L’AI è stata prima addestrata sulla base di cinquemila casi di positività già acclarata e, dopo i buoni risultati conseguiti, viene oggi utilizzata negli ospedali cinesi. Adozione analoga dell’intelligenza artificiale è stata anche promossa all’ospedale Gemelli di Roma, dove il Direttore delle tecnologie sanitarie, Arcuri, ha annunciato sperimentazione su sistemi diagnostici che verranno testati a partire dall’analisi delle tomografie polmonari nella speranza che aiutino i medici ad accelerare  e perfezionare le diagnosi. 

In cerca di un vaccino

Molti considerano un vaccino come l’unica vera soluzione alla pandemia, anche perché non è ancora stata esclusa la possibilità di un eventuale secondo contagio dopo essere guariti dal coronavirus. A questo sta lavorando ad esempio Google, tramite la divisione Google Deep Mind, specializzata in AI e machine learning. A Mountain View hanno messo a punto un software battezzato BenevolentAI e finalizzato proprio alla ricerca di un vaccino o una terapia in grado di sconfiggere Covid-19. Sulle stesse orme si stanno muovendo anche in Cina, dove i big delle tecnologie – tra cui TenCent e Huawei – stanno lavorando con l’AI alla ricerca di un vaccino.


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fonte : skytg24