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sabato, Dic 05

Dalle Apollo a Hayabusa2 e Chang’e-5: ecco tutte le missioni che ci hanno riportato materiali extraterrestri



Da Wired.it :

Le missioni sample-return, quelle che prelevano e riportano a Terra campioni da altri corpi celesti come stanno facendo Hayabusa2 e Chang’e-5, sono preziose sfide scientifiche e ingegneristiche che hanno molto da insegnarci sulla storia del Sistema solare

Tra il ritorno a casa di Hayabusa2 e la partenza dalla Luna di  Chang’e-5, in questo periodo si continua a parlare di missioni sample-return. Ma rubare dei pezzetti di cielo e portarli a casa è un lusso che non sempre ci siamo potuti permettere: fino a quando non abbiamo superato quella linea che separa la nostra atmosfera dallo Spazio interplanetario ci siamo dovuti accontentare dei frammenti che dal cielo piovevano sulle nostre teste, le meteoriti. Le meteoriti sono degli alleati preziosissimi nello studio e nella comprensione della storia del nostro sistema planetario, dei pianeti, degli asteroidi e, in ultima analisi, nel capire come noi esseri viventi siamo arrivati dove siamo oggi. Però le meteoriti hanno anche alcuni difetti inevitabili. Due su tutti: non siamo mai sicuri fino in fondo quale sia il loro corpo progenitore, e la loro composizione, a contatto con l’umida e attiva atmosfera terrestre, tende a variare rispetto a quella originaria. Pertanto, la possibilità di stringere tra le mani (e di analizzare con strumenti di laboratorio) frammenti di corpi celesti presi direttamente in loco da sonde spaziali e riportate a Terra, è una possibilità piuttosto ghiotta dal punto di vista scientifico, e appena abbiamo iniziato a viaggiare nello Spazio, abbiamo anche iniziato a cercare modi più o meno complessi per poter rubare dei frammenti di corpi celesti e riportarli a Terra.

Alan Shepard, uno degli astronauti di Apollo 14, si prepara per il campionamento della superficie lunare (foto: Nasa)

Apollo e Luna: i campioni della corsa allo Spazio

Quando abbiamo allargato i nostri confini al di fuori dell’atmosfera terrestre, la Luna è naturalmente diventata uno degli obiettivi principali. Perché è vicina, è interessante, è bella, è la Luna che amiamo fin dall’alba dei tempi. E proprio con le prime missioni lunari, le missioni Apollo della Nasa e le Luna sovietiche, abbiamo iniziato a prendere dei souvenir spaziali. Gli astronauti delle missioni Apollo hanno prelevato a mano e riportato a casa oltre 382 chilogrammi di campioni lunari. I primi 22 chilogrammi sono arrivati con la missione Apollo 11 di quel luglio 1969 che ha fatto la storia, che oltre a compiere quel “piccolo passo per un uomo grande passo per l’umanità” è stata la prima missione sample-return della storia. Le Luna sovietiche, negli stessi anni, prelevarono qualche centinaio di grammi di materiale dalla superficie lunare, ottenendo il primato come prime sample-return automatizzate. Le rocce lunari ci hanno insegnato moltissimo sia sul nostro satellite e sulla sua evoluzione, ma anche più in generale sui processi che avvengono nel sistema planetario in cui viviamo.

La missione Genesis ha raccolto campioni del vento solare (illustrazione: Nasa)

Non solo rocce: Genesis e Stardust

A cavallo tra i due millenni, la Nasa ha effettuato con successo due missioni sample-return uniche nel loro genere. L’obiettivo delle due missioni, Genesis e Stardust, non era quello di prelevare rocce da una superficie planetaria, ma di raccogliere materiale nello spazio interplanetario. Genesis ha raccolto particelle di vento solare, quel flusso di materiale carico espulso dalla nostra stella, ingabbiandole all’interno di capsule contenenti diversi materiale per diverse componenti del vento. Ci furono problemi durante il rientro delle capsule, nel 2004, e per poco non si persero tutti i campioni, ma alla fine se ne riuscì a salvare almeno una parte. Appena due anni dopo, nel 2006, rientravano a Terra anche i campioni della missione Stardust. Stardust fu la prima e unica sample-return cometaria: i campioni provenivano dalla chioma della cometa Wild 2, i cui grani di polvere venivano intrappolati da un aerogel nel dispositivo di raccolta.

La capsula di rientro contenente i campioni di Hayabusa2 (foto: Jaxa)

Hayabusa, Hayabusa2: i successi della Jaxa

Hayabusa e Hayabusa2, i due falchi pellegrini dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa, hanno fatto scuola nel campo delle missioni sample-return. Hayabusa, la prima delle due, si è svolta tra il 2003 e il 2010 e, nonostante sia stata una sonda costellata da moltissimi problemi e malfunzionamenti è riuscita almeno in parte nel suo intento, ossia quello di prelevare campioni dalla superficie dell’asteroide Itokawa. Hayabusa detiene il primato tra le sample-return di asteroidi, anche se il dispositivo di campionamento non ha funzionato a dovere ed è pertanto riuscita a riportare solo qualche microgrammo di polvere. Finora sembra essere andata decisamente meglio alla sua erede, Hayabusa2, che dovrebbe riportare i suoi campioni asteroidali a Terra proprio in questi giorni. Il 5 dicembre, infatti, Hayabusa2 lancia verso casa una capsula contenente i campioni che ha prelevato lo scorso anno dalla superficie dell’asteroide Ryugu. Per eseguire il suo compito, Hayabusa2 ha sparato un piccolo proiettile da 5 grammi di tantalio sull’asteroide, causando un mini-impatto planetario e raccogliendo il materiale schizzato via dalla superficie.

La manovra di campionamento di Osiris-Rex in 82 fotogrammi (gif: Nasa)

Osiris-Rex e l’asteroide Bennu

Molto vicina a Hayabusa2, sia a livello temporale che negli intenti, Osiris-Rex è stata la prima sample-return asteroidale della Nasa. Il suo obiettivo era l’asteroide Bennu, che ha raggiunto a fine 2018 e da cui lo scorso ottobre ha prelevato dei campioni. Per farlo, Osiris-Rex ha effettuato una manovra di touch-and-go, una toccata e fuga di appena qualche secondo: il tempo necessario per espellere dell’azoto sulla regolite di Bennu così da far sollevare il materiale e poi aspirarlo all’interno delle capsule di raccolta. Osiris-Rex ha superato di gran lunga il suo obiettivo minimo di 60 grammi di campioni ed è quindi pronta per il viaggio di ritorno a casa, che dovrebbe terminare nel 2023.

Il lancio della sonda cinese Chang’e-5 lo scorso 23 novembre (foto: Cnsa)

Chang’e-5: la prima volta della Cina

L’agenzia spaziale cinese, la Cnsa, sta procedendo a grandi falcate verso il podio delle potenze spaziali mondiali. E insieme alla Tianwen-1 che arriverà su Marte nella prossima primavera, il programma lunare Chang’e è sicuramente il cavallo di battaglia dell’agenzia. Dopo i successi della Chang’e-3 e della tutt’ora attiva Chang’e-4, la Chang’e-5 proprio in questi giorni si trova nel pieno della sua missione. Una missione piuttosto breve, iniziata con il lancio dello scorso 23 novembre e che – se tutto va come deve – a metà dicembre riporterà a Terra alcuni campioni lunari. Le Apollo e le Luna hanno prelevato campioni molto antichi, datati attorno ai tre miliardi di anni, e la Chang’e-5 ha l’obiettivo scientifico primario di prelevare rocce molto più giovani – attorno al miliardo di anni – dall’Oceanus Procellarum, riempiendo quindi quel vuoto temporale lasciato dalle passate sample-return seleniche.

Il P-sampler della sonda Mmx (foto: Jaxa)

Martian Moons Exploration: la Jaxa non si ferma

Forte dei successi delle Hayabusa, la Jaxa ha in serbo una nuova missione sample-return di particolare interesse. Martian Moons Exploration, o Mmx, partirà nel 2024 e avrà come obiettivo lo studio delle lune marziane, Fobos e Deimos, e il campionamento della più grande delle due (Fobos). Si tratta di un primato non solo nel campo delle sample-return, ma nell’intera storia dell’astronautica, perché mai nessuna sonda – se si escludono i fallimenti delle Phobos sovietiche – ha avuto come obiettivo i satelliti del Pianeta Rosso. Non sapendo in anticipo cosa aspettarsi dalla superficie di Fobos, Mmx sarà dotata di due campionatori, il P-Sampler e il C-Sampler. Il campionatore P sarà qualcosa di simile a quello di Osiris-Rex, sputerà aria sulla superficie e raccoglierà i frammenti fluttuanti che si alzeranno. Il campionatore C sarà invece in grado di trivellare la superficie fino a una decina di centimetri, raccogliendo così i campioni sotterranei.

Il rover Perseverance, in arrivo su Marte la prossima primavera (illustrazione: Nasa)

Perseverance e la missione Mars Sample-Return

Perseverance, il rover della Nasa in arrivo la prossima primavera su Marte è in un certo senso una parte di una missione più ampia di sample-return. Il primo che avverrà su Marte, se la missione Mars Sample Return prenderà effettivamente piede. Il rover raccoglierà infatti campioni sulla superficie di Marte e li incapsulerà, lasciandoli dietro sé sul suo tragitto. L’Esa e la Nasa stanno attualmente lavorando a possibili progetti di missione per il recupero di questi campioni. La raccolta, che potrebbe avvenire già alla fine di questo decennio, probabilmente sarà effettuata da un altro piccolo rover “carrello” che ripercorrerà la strada di Perseverance. Il contenitore dei campioni sarà poi messo in orbita attorno a Marte e un’altra sonda andrà a prenderli per riportarli a Terra.

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[Fonte Wired.it]