Seleziona una pagina
giovedì, Dic 24

Davvero volete costringervi a vedere Bridgerton?



Da Wired.it :

https://www.youtube.com/watch?v=TCdmQGhS3Jc

Ci sono generi letterari, televisivi e cinematografici più sacri di altri: il period drama è uno di questi. Quello classico britannico – alla Bbc per intenderci – di stampo austeniano, poi, non andrebbe proprio toccato (a meno di clamorose eccezioni, come quella di Seth Grahame-Smith con Orgoglio, pregiudizio e zombie), cosa che gli autori di Bridgerton, dramma in costume al suo debutto il giorno di Natale su Netflix, fanno finta di ignorare. Bridgerton si ispira al primo di un ciclo di romanzi (otto, come i fratelli che danno il nome alla serie) della scrittrice di romanzi rosa Julia Quinn. Ciascun libro è la cronaca degli affanni di un Bridgerton (quattro fratelli e altrettante sorelle) per trovare un marito o una moglie; in particolare Il duca e io – in Italia edito da Mondadori – è quello da cui è trasposta questa prima stagione prodotta dalla Shonda Rhimes di Grey’s Anatomy, qui alla sua prima collaborazione con Netflix.

La prima annata segue la maggiore delle sorelle Bridgerton – l’anonima, caruccia e solo apparentemente gatta morta Daphne – dare la caccia a uno marito bello e ricco. Avvantaggiata dal suo status sociale e da un’inattaccabile reputazione, corteggiatissima già prima del suo primo ballo da debuttante, si ritrova coinvolta in un rapporto anticonformista e amichevole con il partito migliore di tutta Londra, Simon, duca di Hastings. Lei si rivelerà molto più brillante e ardita di quanto sembri, lui più ombroso di come appare, e insieme navigheranno a vista nell’alta società degli inizi del XIX secolo tra le insidie del perbenismo, della doppia morale, dei pettegolezzi e di un’ipocrisia che fa del sesso il peggior nemico di una donna.

Intorno a Daphne e Simon orbita una miriadi di personaggi rubati a un tableau vivant di Orgoglio e pregiudizio: il byroniano fratello maggiore dei Bridgerton Anthony, la ribelle e indipendente Eloise e l’idealista Colin, le sorelle zitelle e vagamente macchiettistiche Featherington (per la Rhimes le ragazze cicciottelle e con i capelli rossi erano da schernire anche nel 1800…), le matriarche pettegole e intriganti disposte a tutto per maritare le figlie, i nobilotti brutti e arroganti che prevaricano i più deboli in virtù della. loro posizione. Di originale, va detto, c’è senz’altro la regina Charlotte, sovrana britannica con la grazia di uno camionista che sembra la sorella sobria della Cookie Lyon di Empire. Non vedrete Julie Andrews (ma ne sentirete l’inconfondibile voce in originale), la quale veste i panni dell’inafferrabile gossip girl dall’identità segreta, la misteriosa Lady Whistledown, che spiattella i segreti dei nobili svergognandoli e mettendone alla berlina la falsa pruderie.

Prima di avventurarci oltre occorrono due premesse: la firma di Shonda è quasi solo sulla carta, i suoi fedeli seguaci poco o nulla troveranno delle tematiche a sue care; se siete tra gli sfegatati appassionati dei romanzi di Quinn, invece, sarete forse perplessi a causa delle scelte di casting (ci torniamo più avanti), ma per chiunque altro – come chi scrive, che ha provato inutilmente a leggere questa maliziosa fanfiction dei romanzi di Jane Austen – non sussistono ostacoli di sorta. Se non fosse che Quinn, Rhimes e la produzione sono americani, Bridgerton risulta lievemente dissacrante agli occhi dei seguaci duri e puri del genere. Motivo di struggimento è proprio la lampante volontà di rifarsi alle opere austeniane, dalle tematiche ai personaggi passando per il periodo storico (quello dell’Inghilterra georgiana, e più precisamente nel decennio della Reggenza, gli anni Dieci,  quelli in cui la Austen scrisse Orgoglio e pregiudizio, Ragione e sentimento, Emma e Persuasione).

Detto questo, la narrazione, libera com’è dalle censure dell’epoca e dalla arguta classe britannica, può mostrare allegramente il lato più licenzioso di una società che obbligava chiunque a adeguarsi al ruolo sociale a lui o lei assegnato: per ogni fanciulla casta che rischia di diventare una paria per un bacetto, ce n’è una che conduce segretamente una vita lussuriosa, mentre ai giovanotti è concesso qualsiasi exploit sessuale che rientri nei ranghi dell’eterosessualità. Bridgerton è una serie sessualmente esplicita – giustamente in linea con le esigenze dei lettori delle fanfiction autoriali di Quinn – il che si rivela un vantaggio per almeno un membro del cast: Regé-Jean Page, statuario interprete di Simon e attore bellissimo quanto scarso, la cui prova attoriale migliore è quando recita di spalle.

A proposito di Page, un pregio di Bridgerton è quello di aver ingaggiato, per ruoli di personaggi caucasici, numerosi attori di etnia diversa. Assieme all’anacronistico estro della costumista che ricorre alle variopinte ed eccentriche stampe francesi di fine Settecento come tessuti per i sobri abiti in stie Impero delle protagoniste, costituisce uno dei pochi, e sovversivi, elementi per cui ci sentiamo di salvare questa produzione innocuamente ridicola.

The post Davvero volete costringervi a vedere Bridgerton? appeared first on Wired.



[Fonte Wired.it]