Queste aziende, già operative sul territorio, sarebbero quindi in grado di accumulare rapidamente crediti da usare per compensare i dazi sulle auto esportate dall’Europa. Secondo quanto emerge dalle prime bozze, però, il meccanismo riguarderebbe esclusivamente i veicoli finiti, escludendo componenti e parti di ricambio. Di conseguenza, i fornitori europei di componentistica resterebbero soggetti ai dazi del 25%, creando così una pressione sulle case automobilistiche e sui fornitori a trasferire non solo l’assemblaggio finale, ma anche una parte significativa della produzione di componenti negli Stati Uniti.
Resistenze da Est
Le principali resistenze alla soluzione per evitare dazi alti contro l’Europa arrivano da paesi del bacino orientale come Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, che negli ultimi trent’anni hanno costruito una parte rilevante della loro crescita economica attorno alla componentistica automobilistica. In questi stati membri operano migliaia di fornitori che servono i principali costruttori europei. Il timore è che il nuovo meccanismo possa spingere le case automobilistiche a delocalizzare non solo l’assemblaggio finale, ma anche la produzione di componenti verso gli Stati Uniti, mettendo in discussione la tenuta del comparto industriale regionale. Un timore che trova riscontro nei numeri: il settore della componentistica rappresenta da solo circa il 17% del surplus commerciale complessivo dell’Ue previsto per il 2024, ma resterebbe escluso dal sistema di compensazione e soggetto ai dazi del 25%.
L’impatto della misura non sarebbe uguale per tutti i gruppi. Stellantis, ad esempio, risulterebbe meno colpita, dato che gran parte delle auto vendute sul mercato americano viene già prodotta localmente, grazie agli impianti ereditati da Chrysler. Questo rende il gruppo meno dipendente dalle esportazioni dall’Europa e quindi meno esposto ai dazi. Al contrario, un marchio come Volvo potrebbe trovarsi svantaggiata. La casa svedese ha una quota significativa di esportazioni verso gli Stati Uniti ma una capacità produttiva limitata sul suolo americano. Proprio per questo, il nuovo sistema potrebbe spingerla a rivedere la propria strategia industriale, valutando un rafforzamento della produzione oltreoceano per poter beneficiare dei crediti previsti.