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Decreto sicurezza, quali sono i 14 nuovi reati del provvedimento bandiera del governo Meloni

da | Giu 4, 2025 | Tecnologia


Il decreto sicurezza del governo Meloni ha ottenuto il via libera definitivo dal Senato con 109 voti favorevoli, 69 contrari e una astensione, diventando così legge della Repubblica. Il provvedimento-bandiera del centrodestra, già approvato dalla Camera il 29 maggio scorso con la fiducia, doveva essere convertito entro il 10 giugno per non decadere. Durante la votazione finale, tra le proteste dell’opposizione – con senatori seduti a terra davanti ai banchi del governo – la maggioranza ha blindato il testo ricorrendo nuovamente alla fiducia, impedendo l’esame di oltre 900 emendamenti.

Il decreto, voluto fortemente dalla Lega di Salvini e da Fratelli d’Italia, introduce quattordici nuovi reati e diverse aggravanti, rafforzando l’approccio italiano alla sicurezza pubblica nel segno di una linea più dura su ordine pubblico e immigrazione. Il provvedimento ha scatenato dure critiche dalle opposizioni italiane e da organizzazioni come Antigone, Human Rights Watch e un gruppo di esperti Onu per i diritti umani, secondo cui la nuova legge rappresenta “il più grave attacco alla libertà di protesta degli ultimi decenni” e rischia di colpire in modo sproporzionato minoranze razziali, migranti e rifugiati, sollevando timori per possibili discriminazioni e violazioni dei diritti fondamentali.

I nuovi reati: dalle occupazioni ai blocchi stradali

Tra le misure più significative del decreto sicurezza figura innanzitutto il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui, punito con fino a sette anni di reclusione. La norma prevede aggravanti specifiche se l’occupazione avviene contro persone anziane o inferme, oppure su edifici pubblici, consentendo di procedere d’ufficio. Ciò che rende particolarmente innovativa questa disposizione è la possibilità per la polizia giudiziaria di disporre il rilascio immediato dell’immobile anche senza mandato del giudice in caso di occupazioni illegittime, il che rappresenta una significativa deroga alle procedure ordinarie. Sul fronte del contrasto al terrorismo, il decreto introduce il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo, punito con reclusione da 2 a 6 anni, e la diffusione online di istruzioni per atti violenti o sabotaggi.

Strettamente collegata alla repressione delle forme di protesta è poi la criminalizzazione dell’impedimento alla libera circolazione su strada o ferrovia, che trasforma in reato penale quello che prima era solo un illecito amministrativo. Chi blocca la strada con il proprio corpo rischia fino a un mese di reclusione o multa fino a trecento euro, mentre se il blocco è organizzato da più persone riunite la pena sale da sei mesi a due anni. La misura colpirà direttamente le forme di protesta nonviolenta adottate dai movimenti ambientalisti e da altri gruppi di attivisti, nonostante fossero state depenalizzate nel 1999 proprio in virtù del loro rilievo costituzionale, legato alla libertà di manifestazione del pensiero. Sempre in tema di proteste, viene introdotta un’aggravante per il danneggiamento di beni commesso con violenza o minaccia verso persone, che può portare la pena fino a 5 anni di carcere e 15mila euro di multa; e vengono introdotte pene più severe per il deturpamento e imbrattamento di beni pubblici come graffiti e scritte, che vanno dai 6 mesi a un 1 e mezzo di reclusione. In fine, si inaspriscono le sanzioni per resistenza e violenza a pubblico ufficiale quando commesse per impedire la costruzione di opere pubbliche o infrastrutture strategiche, con possibili condanne fino a 20 anni in caso di conseguenze gravi.

A completare il quadro repressivo in materia di ordine pubblico, il decreto introduce il nuovo reato di “rivolta” nei penitenziari e nei centri di trattenimento per migranti. La norma prevede pene da 1 a 5 anni di carcere per chi partecipa con violenza, minaccia o anche solo resistenza all’autorità, includendo espressamente anche la resistenza passiva, che finora non costituiva reato. Se dalla rivolta derivano morte o lesioni gravi, la pena può arrivare fino a 18 anni, con sanzioni più pesanti per chi ne ha avuto un ruolo organizzativo o di comando.

Tutele rafforzate per le forze dell’ordine e controllo del territorio

Parallelamente all’introduzione di nuovi reati, il decreto rafforza significativamente le tutele per le forze dell’ordine, introducendo misure che modificano il rapporto tra agenti e procedimenti giudiziari. Poliziotti, vigili del fuoco e militari indagati per fatti legati al servizio non saranno più sospesi automaticamente. Lo Stato coprirà le loro spese legali fino a diecimila euro per ogni fase del processo, senza possibilità di rivalsa in caso di archiviazione, proscioglimento o non luogo a procedere, salvo gravi negligenze. Di fatto, il provvedimento sposta l’onere della prova sulla magistratura, che dovrà dimostrare l’eventuale irregolarità del comportamento dell’agente prima di negare tutele o sospensioni.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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